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PAZZA DI CHAILLOT (LA) - regia Franco Però

"La pazza di Chaillot", regia Franco Però. Foto Simone Di Luca "La pazza di Chaillot", regia Franco Però. Foto Simone Di Luca

di Jean Giraudoux
Adattamento Letizia Russo
Regia Franco Però
Interpreti: Davide Rossi, Zoe Pernici, Francesco Migliaccio, Mauro Malinverno, Riccardo Maranzana, Miriam Podgornik,
Giovanni Crippa, Jacopo Morra, Giulio Cancelli, Manuela Mandracchia, Emanuele Fortunati, Evelyn Famà, Ester Galazzi
Scene Domenico Franchi. Costumi Andrea Viotti
Musiche: Antonio Di Pof
Produzione: Teatro Stabile del Friuli Venezia Giulia / Teatro Stabile di Napoli - Teatro Nazionale
Teatro Verga di Catania dall’1 al 6 marzo 2022

www.Sipario.it, 5 marzo 2022

L’elegante quartiere di Chaillot si trova nel XVI arrondissement di Parigi lì dove è situato un palazzone in stile neoclassico composto da due padiglioni dal cui spiazzo è ben visibile la Torre Eiffel e non solo. Qui Jean Giraudoux ha ambientato la sua non tanto surreale La pazza di Chaillot quando nel 1943 la Francia era ancora occupata dai nazisti di Hitler e la pièce sarebbe stata rappresentata postuma da Louis Jouvet nel dicembre del 1945 di fronte al generale De Gaulle. Negli anni il personaggio di Aurelia, la “cosiddetta” pazza che pazza non è, piuttosto stravagante, un po’ bislacca e fuori dal mondo, forse pure contessa voluta bene da tutte le persone del quartiere, è stata vestita da Sarah Ferrati con Strehler, Annamaria Guarnieri con Ronconi, Piera degli Esposti con Cobelli e al cinema da Katharine Hepburn diretta da Bryan Forbes e John Huston. Adesso il lavoro, quasi una favola ecologica, pure poetica con risvolti socio-politici, senza un lieto fine, adattato da Letizia Russo e messo in scena in modo minimale al Teatro Verga di Catania da Franco Però ha come protagonista un’attrice di razza come Manuela Mandracchia agghindata come un clochard dagli ampi abiti colorati, borsa a quadri, ombrellino rosso e cuffia di lana grigia in testa, tutta intenta ad interpretare il personaggio con un fare tra il trasognato e il realistico, disperandosi all’inizio perché lasciata dal suo uomo e per un boa di struzzo rosso perso chissà dove. I personaggi, nella scena di Domenico Franchi, si muovono su un lindo prato verde ricoperto poi da un tappeto persiano, lì dove sono collocati tavolini e sedie da bar, con i due camerieri Irma e Martial (Zoe Pernici e Davide Rossi) che s’affacciano quando giungono i clienti. Il luogo è frequentato da umili figure che tirano a campare, come la fioraia di Miriam Podgornik, il sordo muto di Jacopo Morra,, il cenciaiolo di Giovanni Crippa e pure da lestofanti e maneggion raffigurati da Francesco Migliaccio, Mauro Malinverno e Riccardo Maranzana, cui si aggiunge il prospettore di Giulio Cancelli che fa balenare al trio come fare soldi facili solo trivellando un pezzo di terreno che ricade proprio in quel quartiere di Chaillot per estrarre il petrolio e arricchirsi ancor di più. Il lavoro tra il grottesco e il surreale, con i poveri buoni da un lato e i ricchi cattivi dall’altro, anche se il cenciaiolo di Crippa prende quasi sul serio la possibilità di vestire i panni del ricco quando salendo in cattedra si fa ascoltare da una piccola platea dei personaggi in scena, comprende pure l’ingenuo Pierre di Emanuele Fortunati e Irma che crede in un amore salvifico che redime ogni cosa. Nel momento in cui Aurelia capisce che quei cinici personaggi e uomini di potere vogliono distruggere il quartiere alla ricerca dell’oro nero, convoca le sue due agguerrite amiche, folli come lei, (la Gabrielle di Ester Galazzi e la Constance di Evelyn Famà, in grado di attirare l’attenzione degli spettatori in sala e farsi seguire nei loro deliranti quanto realistici ragionamenti) decidendo insieme che quei presidenti e consiglieri di amministrazione, oligarchi e autocrati, finanzieri e industriali facciano la fine dei topi, dopo essere scesi nelle fogne attraverso un tombino per non risalire mai più e rivedere la luce del sole. “Una commedia – scrive Però - che vuol far riflettere su come oggi, soprattutto per i giovani, l’impegno politico e civile si sia allontanato dai modelli tradizionali per legarsi invece proprio ai temi e alle idealità evocati dallo spettacolo: le fragilità del pianeta, le speculazioni che minano il futuro. Questioni che esigono una risposta immediata».

Gigi Giacobbe

Ultima modifica il Martedì, 08 Marzo 2022 11:36

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