Proclami alla nazione, lavoro originale e collettivo, racconta della fantasiosa indagine di tre cellule del linguaggio (Mariottini, Sorrentino, Granara, in divisa casual, maglietta e pantaloni), preoccupate dello scarso funzionamento dell'uomo per cui stanno lavorando (un bravo Strazza con cappotto e cappello da gerarca militare), depresso e incapace di elaborare dei discorsi originali. Le tre cellule, spacciandosi per la sua coscienza, scoprono che l'uomo non ha nulla che lo interessi del mondo circostante, fatta eccezione per i cani. Ed è sul rapporto con i cani, che il protagonista, finalmente, sceglierà di impostare l'ultimo suo "proclama alla nazione". La giovane Compagnia SNC rinuncia a scenografia e disegno luci tradizionali e costruisce invece il proprio lavoro su un testo brillante e sulla scelta degli attori di un'interpretazione bidimensionale, da cartone animato, che si limiti ad abbozzare i personaggi per privilegiare lo sviluppo dell'idea di partenza. L'illuminazione si affida unicamente a torce, led e lampade che ognuno degli attori aziona autonomamente. Minimale sarà anche la scelta musicale, per lo più elettronica strumentale (The Notwist). L'oggetto della ricerca, una riflessione sull'urgenza del dire contrapposta a quella dell'essere è ambiziosa e si muove su un territorio scivoloso, tra filosofia e psicologia. Col passare dei minuti, la direzione dello spettacolo abbandona la comicità corrosiva e frammentaria dell'inizio e sceglie di sviluppare una drammaturgia più strutturata, a scapito tuttavia dell'organicità e di una certa freschezza anarchica ed esplosiva. Nonostante la complicità di un pubblico che si diverte molto, la sensazione complessiva è quella di un lavoro ancora acerbo, la cui montagna di evidenti pregi rischia di partorire un topolino.
Massimo Milella