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PIACERE DELL'ONESTÀ (IL) - regia Antonio Calenda

"Il piacere dell'onestà", regia Antonio Calenda. Foto Antonio Parrinello "Il piacere dell'onestà", regia Antonio Calenda. Foto Antonio Parrinello

di Luigi Pirandello
regia Antonio Calenda
scene e costumi Domenico Franchi

musiche Germano Mazzocchetti, 
luci di Salvo Orlando

con Pippo Pattavina
Debora Bernardi, Valentina Capone, Fulvio D'Angelo, Francesco Benedetto,
Marco Grossi, Santo Pennisi, Giulia Modica

produzione Teatro Stabile di Catania, Teatro Stabile di Napoli

al Verga di Catania dal 22 novembre al 4 dicembre 2016

www.Sipario.it, 1 dicembre 2016
Due panche imbottite di soffice tessuto bianco ai lati del proscenio, tre porte bianche, una frontale due laterali, fondali e quinte rigorosamente nere d'una stoffa tipo velatino, che quando s'illuminano in controluce significa che qualcuno entra in scena, sono gli elementi scenografici ad opera di Domenico Franchi (suoi pure i costumi) che gli spettatori hanno davanti nelle due ore de Il piacere dell'onestà di Pirandello al Verga di Catania, lontano invero da quella scena di alcuni d'anni fa ad opera di Luigi Perego, (con Leo Gullotta, regia di Fabio Grossi) composta da una casetta in plexiglass in mezzo a un bosco di betulle, paradigma del candore, della trasparenza, dell'onestà del protagonista. Un lavoro che adesso un non ispirato Antonio Calenda ha ridotto in due tempi, certamente alle prese con un testo arduo, restituitoci con intatte aure degli anni '20 del secolo scorso, puntando su un attore di grande esperienza come Pippo Pattavina che veste il personaggio di Angelo Baldovino con tutta la sua navigata grinta attoriale come quando una squadra di calcio di media classifica incontra il Real Madrid. Il suo è un uomo senza qualità, un personaggino in bombetta sbucato fuori da un metafisico dipinto di Magritte, un fallito nella vita, vissuto tra gioco e sregolatezze, colto e infarcito di filosofia cartesiana, che coglie al volo l'occasione presentatagli dal compagno di collegio Maurizio Setti (qui l'elegante e ipocrita Francesco Benedetto): ovvero quella di dare una svolta alla sua vita, d'avere il piacere di assaporare il piacere dell'onestà. Come? Accettando una congrua somma in denaro per sposare Agata Renni (una superba Debora Bernardi in un bell'abito liberty color bordeaux) giovane donna ingravidata dal marchese Fabio Colli (Fulvio D'Angelo lo veste nervosamente con un pigli e scatti contemporanei) che vive separato dalla moglie, riconoscere il bambino che nascerà e poi, zitto e mosca, fare ritorno al suo ovile. Ma quei nobilastri non hanno fatto i conti con l'oste. L'omino dal fine cervello infatti darà scacco matto a quel gruppo di aristocratici, eviterà di passare per ladro e impalmerà infine, con il plauso del pubblico, quella neo-mamma, anche lei desiderosa d'una vita onesta e cristallina. E se in quest'opera, come anche in Pensaci Giacomino e Ma non è una cosa seria, Pirandello utilizza l'escamotage del falso matrimonio per smascherare coloro che ingannano il prossimo e se stessi, il pensiero di Calenda e pure quella del pubblico vola ai nostri attuali drammi, intrisi di corruzione, d'imbrogli e di ruberie. Oltre ai già citati interpreti si notano le presenze della madre di Agata, Maddalena (Valentina Capone) del grottesco parroco di Santa Marta (Santo Pernnisi) del portaborse Marchetto Fongi (Marco Grossi) e della fugace cameriera ( Giulia Modica).

Gigi Giacobbe

Ultima modifica il Giovedì, 01 Dicembre 2016 10:39

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