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ONESTI DELLA BANDA (GLI) - regia Giuseppe Miale Di Mauro

"Gli onesti della banda", regia Giuseppe Miale Di Mauro. Foto Carmine Luino "Gli onesti della banda", regia Giuseppe Miale Di Mauro. Foto Carmine Luino

Tratto dalla sceneggiatura della Banda degli Onesti di Age e Scarpelli
riscrittura di Diego De Silva e Giuseppe Miale Di Mauro

con Ivan Castiglione, Francesco Di Leva, Giuseppe Gaudino,
Irene Grasso, Adriano Pantaleo, Luana Pantaleo

con la partecipazione di Ernesto Mahieux
scene Luigi Ferrigno
costumi Giovanna Napolitano
luci Luigi Biondi e Giuseppe Di Lorenzo
musiche originali Mariano Bellopede
regia Giuseppe Miale Di Mauro

Napoli, Teatro Nest dal 23 al 26 novembre 2017

www.Sipario.it, 28 novembre 2017

Quando libertà vuol dire coscienza

Al Teatro Nest di Napoli è andato in scena "Gli onesti della banda" un adattamento teatrale de "La banda degli onesti", film del 1956 diretto da Camillo Mastrocinque, con protagonisti il grande Totò, Peppino De Filippo e Giacomo Furia. In questa versione la sceneggiatura di Age e Scarpelli è stata rivisitata conferendo all'opera un aspetto più riflessivo e meno comico di quella cinematografica che ancora oggi regala ghiotte risate. La trama ruota ancora intorno all'onestà che si contrappone alla disonestà ma i personaggi sono diversi pur mantenendo in alcuni casi l'originale collocazione: il portiere Antonio è un giovane filosofo con la passione per la scrittura introspettiva e psicologica che tutti confondono col genere giallo. Il ragioniere Casoria è un "intrallazzista" senza scrupoli, il tipografo Giuseppe un giovane imbranato con tanti sogni e debiti, in questa versione non c'è il gioco di parole Lo Turco, lo Struzzo e tante combinazioni con cui Totò si imbatte ogni volta che lo pronuncia non indovinando mai la forma corretta. Michele non è il figlio del portiere bensì il fratello che a sua volta è fidanzato con la sorella del tipografo e fa la corte, quasi ricambiata, a sua cognata. Un po' Fonzie di Happy Days, un po' John Travolta de "La febbre del Sabato sera" il finanziere, che si è fatto trasferire a Napoli arresterà fratello e cognato che si sono macchiati di un grave reato. Il tutto parte da quando il ragionier Casoria avverte il portiere che il condominio vuole vendere il suo appartamento per pagare le spese di rifacimento dei balconi, l'unico modo per non perdere casa e lavoro è rappresentato dall'acquisto della casa. Ma come fare se i soldi non ci sono? Il ragioniere propone di fabbricarli falsi essendo in possesso di una carta filigranata per stampare banconote di 10 euro. E visto che il tipografo Giuseppe versa nelle stesse condizioni disperate tra passivi e pizzo che deve al guappo del quartiere Mimmo, interpretato da un convincente Ernesto Mahieux, il gioco è fatto: mettono su una banda di falsari. Tutto procede finché il rimorso e la voce della coscienza dei due amici non comincia a gridare e quindi capiscono che due persone oneste non possono diventare schiave del malaffare e di chi lo rappresenta. Ma la libertà, in un ossimoro necessario, è rappresentata dalla prigione: solo pagando la propria pena con la giustizia, infatti, i due protagonisti potranno assaporarla nuovamente.
La scenografia è essenziale, tendente al minimale, abolite sia la quarta che la quinta parete: gli attori sono sempre in scena anche quando termina il loro intervento. C'è una zona d'ombra sullo sfondo in cui siedono immobili in attesa che ritorni il loro turno. Un teatro sperimentale che affonda nella tradizione, e se l'intento degli autori e del regista era quello di non essere confusi con l'originale hanno raggiunto l'obiettivo!

Simona Buonaura

Ultima modifica il Domenica, 03 Dicembre 2017 13:24

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