scritto e diretto da Virginio Liberti
con Tommaso Taddei
tecnico Antonella Colella
produzione Gogmagog
Genova, Teatro della Tosse dal 20 al 22 febbraio 2014
Sul palcoscenico solo una sedia e un tavolino che regge un calice dal contenuto rossastro. La scena e la platea sono in piena luce. Sulle note dell'inno nazionale entra in scena Tommaso Taddei in abito elegante e capelli biondi raccolti in una piccola coda. Dalle prime parole capiamo che abbiamo davanti un politico appena eletto che arringa i propri sostenitori (purtroppo stasera ridotti all'osso: una decina di persone sparpagliate in una sala che diventa subito troppo grande).
Cala il buio e il personaggio inizia a raccontarci la sua storia, partendo da un'infanzia solitaria, passata a cucinare, seguendo l'esempio e le ricette materne, cuccioli di gatto prima accuditi con amore e poi trucidati e buttati in pentola. La morte prematura della madre e il suicidio del padre completano l'anamnesi di un uomo schizofrenico che è un politico rispettabile e integerrimo ma anche un serial killer che stupra e uccide le proprie vittime.
L'interpretazione di Taddei è in crescendo e si sdoppia vocalmente per far uscire in alternanza il politico e l'assassino. La luce a doccia che lo sovrasta crea delle ombre demoniache sul suo volto. Il racconto si fa sempre più efferato e concitato fino all'estremo urlo di aiuto di lui bambino, "vieni mamma, ho paura del buio!", che ricorda l'ultima sequenza di Marnie.
Luci bianche sparate a intermittenza contro il pubblico e le note dell'inno nazionale distorte in una versione disco preannunciano l'ingresso del secondo personaggio interpretato da Taddei, che si presenta a petto nudo, con giacca pitonata, capelli sciolti e mutande con teschio.
Ad accomunare i due personaggi è il bisogno di uccidere ma, al contrario del politico, il discotecaro è flemmatico, ha l'occhio bovino e un grugno che fa quasi tenerezza. Senza fretta e senza enfasi racconta al pubblico le mattanze di cui è responsabile. Lo scollamento tra l'efferatezza delle sue azioni e la compostezza e la naturalezza con cui le narra produce un effetto comico a volte esilarante.
Lasciando da parte l'interpretazione convincente di Taddei, viene da chiedersi quali siano state le motivazioni di Virginio Liberti che della pièce è autore e regista. La deriva omicida di uomini disturbati da traumi infantili o di altra natura fatica a suscitare l'empatia del pubblico che per lo più resta divertito da un intrattenimento splatter bene eseguito. E quando in conclusione si apre finalmente un interrogativo (cosa deve fare un omicida seriale quando gli viene chiesto da un vecchio zio a cui è affezionato di procurargli la morte?) lo spettacolo finisce bruscamente: "che vi importa sapere come va a finire, tanto questo è solo uno spettacolo".
Marianna Norese