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NOTTE POCO PRIMA DELLA FORESTA (LA) - regia Juan Diego Puerta Lopez

La notte poco prima della foresta La notte poco prima della foresta Regia Juan Diego Puerta Lopez

di Bernard-marie Koltès
traduzione: Luca Scarlini, musiche originali: Giuliano Sangiorgi, sassofono: Raffaele Casarano
scene: Carmine Guarino, opera istallativa: Loredana Longo
costumi: Caterina Nardi istallazione sonora: Giuliano Lombardo, assistente alla regia: Daniela Perticarà
regia: Juan Diego Puerta Lopez
con Claudio Santamaria
Roma, Piccolo Eliseo, dal 9 al 28 marzo 2010

Corriere della Sera, 28 marzo 2010
Il Profeta fuori dal carcere

Il Profeta di Jacques Audiard è un romanzo di formazione o un film carcerario? Forse né l' uno né l' altro. Forse la prigione non era che un' allegoria e la cosiddetta bildung (la maturazione) del protagonista non aveva che uno sbocco: la continuazione della lotta. Il Profeta come una delle tante storie di conflitto razziale: francesi, corsi, arabi. Come convivere essendo così diversi? Una risposta, tra le più commoventi, l' aveva data Bernard-Marie Koltès nel suo La notte poco prima della foresta (1977), ora in scena con Claudio Santamaria. Il protagonista era proprio il Profeta, qualche anno prima, ovvero qualche anno dopo la sua uscita di prigione, alla fine del film. Egli non abbraccia nessuna causa, né quella dei corsi, con i quali aveva costruito la propria libertà, né quella degli arabi, che aveva riconosciuto come suoi fratelli, né quella dei francesi, che avrebbero dovuto accoglierlo come cittadino, uguale tra tutti. In realtà egli da quel momento fatale, la conquista dell' indipendenza, non ha fatto che esplorare la città, «senza soldi, coi vestiti e coi capelli bagnati», sotto una pioggia incessante, alla ricerca di una stanza per passarvi la notte. «Ma se credi (egli dice) che quel che cerco è solo una stanza, no, non ho sonno, e non c' è nulla di più facile da trovare di una stanza per la notte, i marciapiedi sono pieni di gente che cerca e gente che offre camere». Egli, il Profeta o, come ora si dà il caso - in presenza di Claudio Santamaria - il derelitto eroe di Koltès non è come «tutti quegli stronzi», i francesi. «Più che parlare sono il tipo che va dietro a una bella ragazza per guardarla, solo per guardarla, perché mai si dovrebbe fare qualcos' altro oltre a guardare una bella ragazza, e sono anche il tipo, io, che invece di guardare una ragazza preferisce camminare, e mi basta questo, non vorrei fare altro per tutta la vita, a volte mettermi a correre, fermarmi su una panchina, camminare più o meno in fretta, senza mai parlare». È una vera maturità, quella conquistata dall' ex Profeta? Forse no, se per tutta la vita occorre cercarsi una stanza, ed essere fradici di pioggia, e avere il solo desiderio di camminare e di uscire dalla città e rifugiarsi nel fondo della foresta, là dove i generali, con le loro raffiche di mitragliatrice, non ti potranno mai raggiungere. C' è, nell' eroe di Koltès, un residuo sacro di disperazione, ovvero di adolescenza. Egli crede di parlare a qualcuno, ma parla sempre da solo. Parla, farnetica, salta di palo in frasca. Mai monologo di strada fu più sbrindellato e quindi più lancinante. Non è egli un nipote di quel Rimbaud che a diciotto anni era fuggito di casa, credendo di saper distinguere i forti dai deboli? C' è una specie di linea ideale nella cultura libertaria francese che congiunge il poeta Rimbaud, il drammaturgo Koltès e il regista Audiard, questi militanti delle disintegrazioni etniche e della vita. Mi ricordo di quando, nel 2004, del loro eroe fu interprete eccezionalmente verisimile Pierfrancesco Favino. Lo è anche Santamaria, finché non si toglie di dosso il cappotto e resta a torso nudo, troppo bello per non sembrare di colpo il divo che è. Lo preferivamo quando era rannicchiato, in ginocchio, con la faccia per terra. Tutte quelle rovine che gli aveva messo intorno il regista Diego Puerta Lopez non ci convincevano affatto, che c' entravano? Ma lui ci piaceva: tenebroso e fatale; così piegato in due e così logorato dalla città che quando era uscito di prigione avrebbe dovuto accoglierlo tra le sue braccia.

Franco Cordelli

Ultima modifica il Domenica, 06 Ottobre 2013 12:34

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