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NIQUER LA FATALITÉ (Fottere la fatalità) - regia, suono e direzione tecnica Thibaut Lescure in alternanza con Guillaume Duguet

Estelle Meyer in "Niquer la fatalité", regia, suono e direzione tecnica Thibaut Lescure in alternanza con Guillaume Duguet. Foto Emmanuelle Jacobson Roques Estelle Meyer in "Niquer la fatalité", regia, suono e direzione tecnica Thibaut Lescure in alternanza con Guillaume Duguet. Foto Emmanuelle Jacobson Roques

Concetto, testo, recitazione e canto Estelle Meyer
Composizione musicale Estelle Meyer, Grégoire Letouvet e Pierre Demange
Arrangiamenti musicali Grégoire Letouvet et Pierre Demange
Drammaturgia e collaborazione artistica Margaux Eskenazi
Scenografia James Brandilly
Pianoforte Grégoire Letouvet in alternanza con Thibault Gomez
Batteria, percussioni Pierre Demange in alternanza con Maxime Mary
Regia, suono e direzione tecnica Thibaut Lescure in alternanza con Guillaume Duguet
Creazione e regie luci Pauline in alternanza con  Guyonnet  Fanny Jarlot
Creazione costumi Colombe Lauriot Prévost
Collaborazione, accompagnamento et sviluppo Carole Chichin

www.Sipario.it, 30 marzo 2023

“Come diventare liberi dal proprio destino e sfuggire a ogni predestinazione? Come si fotte realmente la fatalità? Come ridere della catastrofe?”
Queste alcune delle domande che Estelle Meyer si pone e ci pone in questo spettacolo performance che inizia e termina con un rituale. La quarta parete è presto dimenticata: Estelle ci dà il benvenuto e ci esorta subito ad abbattere le “distanze” mentali che ci separano dai nostri vicini e di salutarli, toccarli, ricordarci che quei crani che ci stanno davanti sono usciti dal ventre di una donna che come nostra madre ha sofferto e gioito nel metterli al mondo.
La donna al centro. Estelle si sdoppia e ci presenta se stessa e il suo alterego “potente”: Gisèle Halimi, avvocato franco-tunisino, attivista femminista e politico scomparsa nel 2020, grande fonte ispirazione e punto di riferimento della nostra. Estelle si racconta, dalla prima mestruazione alla prima volta. Il rapporto con gli altri, con il suo corpo che cambia e con i suoi genitori. Fino ad arrivare a confidare la violenza sessuale subita dallo stesso ragazzo con cui aveva scoperto l’amore e perso la sua verginità. Estelle usa la parola, il canto e la danza accompagnati dal vivo da due musicisti straordinari. Ci permette di entrare in un’ intima riflessione rispetto al “femminile”. E attraverso i testi delle canzoni scritti da lei che diventano come un mantra, ci dona la possibilità di penetrare in fondo a quella che non è più una storia personale ma un esempio in cui tutti e tutte possiamo riconoscerci. 
Gisèle Halimi si riappropria del corpo di Estelle e tiene una meravigliosa arringa in cui ci ricorda quali dovrebbero essere il ruolo, i diritti della donna e a quali compromessi siamo scese senza protestare, a quali invece pur dicendo di “No” non abbiamo ancora trovato uscita. Perché il nostro “No” vuol dire “No” ma troppo spesso non viene ascoltato. 
“Tutto il lavoro di Giselle parte da una causa intima per portare avanti il tutto. La lotta, la difesa di una donna diventa quella di tutte le donne e fa avanzare l'intera società. Le si deve il processo alla tortura. La legislazione per punire e riconoscere finalmente lo stupro. Il diritto di abortire. Cambiamenti fondamentali della società, da riconquistare e affermare sempre più potentemente. Che le vittime siano ascoltate, difese e protette. Prima di tutto in noi stesse. » afferma Estelle. 
E l’unico modo per guarire è dare nome a ciò che ci ha ferito. Smettere di proteggere chi ci ha mancato di rispetto, ci ha insultate, violate, fatto dubitare di noi stesse. Dare voce a quel dolore perché non rimanga dentro a farci marcire. Così questo spettacolo diventa occasione per Estelle di trasformare con ogni fibra del suo corpo in movimento, con ogni sfumatura della sua incredibile voce, con ogni parola pronunciata o cantata, il veleno in medicina. E ancora una volta ci coinvolge: ci fa alzare, gridare, tagliare “metaforicamente” i fili della paura, della rabbia repressa, dell’attaccamento alla sofferenza per estirpare dal ventre questi legami malsani e tornare ad essere generatrici di vita libere e potenti. 
Estelle ci offre uno spettacolo ricco, intelligente, completo, uno spunto importante di discussione e restituisce al teatro la sua funzione di rito, di catarsi e di possibile guarigione “fottendo la fatalità”. 
Se solo potesse essere sempre così…

D.G.

Ultima modifica il Venerdì, 31 Marzo 2023 08:19

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