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NELLA SOLITUDINE DEI CAMPI DI COTONE - regia Andrea De Rosa

Lino Musella e Federica Rosellini in “Nella solitudine dei campi di cotone”, regia Andrea De Rosa Lino Musella e Federica Rosellini in “Nella solitudine dei campi di cotone”, regia Andrea De Rosa

di Bernard-Marie Koltès
traduzione di Anna Barbera
con Lino Musella e Federica Rosellini
regia di Andrea De Rosa
progetto sonoro G.U.P. Alcaro
disegno luci Pasquale Mari
assistente luci Andrea Tocchio
assistente alla regia Thea Dellavalle
assistenza ai costumi Bastè
organizzazione Paolo Broglio Montani
assistenza ai costumi Bastè
Produzione Compagnia Umberto Orsini
Teatro Astra, Torino, 8 maggio 2022

www.Sipario.it, 10 maggio 2022

Indiscutibile manifesto dell’allegoria a teatro Nella solitudine dei campi di cotone di Bernard-Marie Koltès è testo capace di segnare profondamente ogni volta che ci si imbatte: spiazzante partitura con l’uno di fronte all’altro due personaggi, un dealer ed un cliente, attori in una misteriosa trattativa in grado di assumere toni ora grotteschi ora deliranti, ora ai limiti della violenza fisica. E di attori si parla, non a caso, per la versione diretta da Andrea De Rosa ed immaginata in un teatro spoglio, con tanto di rosso sipario e due proiettori a centro scena, dove il dealer è la Federica Rosellini dal settecentesco abito di scena ed il cliente dal look casual ed anonimo è il Lino Musella in arrivo dalla platea.
Se l’oggetto del contendere è del tutto sconosciuto, e tale resta per novanta minuti filati, quel che da subito è invece manifesto è come nella spaziosa scena-ring prendano forma i round di un incontro combattuto senza esclusione di colpi: i ganci ed i montanti dei due boxeur sono sin dall’inizio parole pungenti come lame, monologhi più o meno brevi con cui venditore ed acquirente si sfidano e si provocano, attaccano e si difendono, in una guerra verbale che diventa metafora dell’intera esistenza.
Sulla scelta del regista napoletano di trasporre il testo in un teatro, elevandolo a strumento di riflessione sullo status del mondo dell’arte nel difficile contesto pandemico e post pandemico, lasciamo al singolo spettatore la facoltà di giudizio: quel che ci piace rimarcare è l’assoluta coerenza di una coraggiosa lettura con i due personaggi lenti di ingrandimento di un focus sulla vita. Se la dealer/Rosellini, immobile sul fondo della scena, accoglie gli spettatori che entrano in sala come inattese presenze nell’ingranaggio della creazione artistica, il mondo di dentro, il cliente/Musella irrompendo dalla platea, il mondo di fuori, è l’elemento di rottura destinato a contaminare il contesto della creazione artistica con le inquietudini del presente: da un lato l’utopia dell’arte e la potenza della parola, dall’altro le nevrosi e le violenze del presente.
Tutto ciò scorre via con grande fluidità e scorrevolezza, reso possibile dalla struttura di un testo che si fa ventre caldo in grado di accogliere le schermaglie di due ottimi interpreti pronti, sulle note delle Variazioni Goldberg di Johann Sebastian Bach, ora ad attaccarsi ora ad avvicinarsi, salvo poi ritrovarsi alla fine, l’una a fianco all’altro di fronte al rosso sipario, intenti ad abbozzare inchini e balletti come marionette mosse dagli invisibili fili che determinano il fluire della vita.

Roberto Canavesi

Ultima modifica il Giovedì, 12 Maggio 2022 12:49

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