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MANDRAGOLA (LA) - di Jurij Ferrini

"La Mandragola", regia Jurij Ferrini "La Mandragola", regia Jurij Ferrini

di Niccolò Machiavelli
regia: Jurij Ferrini
con Gianluca Guastella (Siro), Jurij Ferrini (Messer Nicio), Matteo Alì (Callimaco), Michele Schiano di Cola (Ligurio), Alessandra Frabetti (Sostrata), Angelo Maria Tronca (Fra' Timoteo), Rebecca Rossetti (Lucrezia)
scenografia: Jurij Ferrini
pittura scenica: Cris Spadavecchia
luci: Lamberto Pirrone
costumi: Nuvia Valestri
produzione: Progetto U.R.T.
Milano, Teatro Carcano dal 30 marzo al 10 aprile 2016

www.Sipario.it, 3 aprile 2016

Può una pianta come la mandragora, nota con l'antica dizione di mandragola, della famiglia delle Solanacee - la cui radice dalla forma di un corpo umano utilizzata per secoli come anestetico, afrodisiaco... ha fatto nascere infinite leggende come quella che urlasse se strappata dalla terra, usata ab antiquo per pozioni medicinali e magico-alchemiche e in verità ricca di principi attivi da usarsi al limite della tossicità in dosi rigorosamente farmacologiche - risolvere i problemi di sterilità di una coppia del XVI secolo in una Firenze coinvolta in interminabili lotte politiche?

Solo l'ignoranza dell'epoca e soprattutto la dabbenaggine umana possono persuadere un marito non più giovanissimo e sicuro della propria fertilità come Messer Nicia - dottore in legge più che benestante ancorché attento nello spendere e non così sveglio - a divenire vittima delle astruse macchinazioni di un gruppetto di furbastri che aumentano ad hoc i poteri e i pericoli della radice. Tra costoro Calimaco (alla lettera 'colui che combatte per la bellezza': tutti i nomi sono di origine greca salvo Lucrezia con chiaro riferimento alla celebre matrona romana), focoso giovane incapricciatosi della straordinaria bellezza della giovane e seria Lucrezia (moglie del tonto leguleio), il giovane servo e soprattutto l'astuto Ligurio, faccendiere scaltro e intelligente oltre a un ecclesiastico che mutatis mutandis ricorda alcuni prelati odierni avidi di beni, ricchezze, maxiappartamenti...

Questo l'estratto, per rimanere in chiave erboristica, de La Mandragola, splendida commedia (con un prologo, cinque atti e cinque canzoni) uscita nel 1518 dalla vivace intelligenza di Niccolò Machavelli (Firenze 1469 – 1527), intellettuale di tempra del nostro Rinascimento: sua principale opera letteraria e inconsapevole consolazione per i molti studenti costretti a sgobbare sui suoi lavori più impegnativi come Il Principe, anche se a un'attenta analisi si possono trovare punti di contatto tra le due opere.

La Mandragola - che fonde la tradizione del teatro comico latino con quella delle novelle di Boccaccio connotate da raggiri e beffe verso mariti sciocchi - è rappresentata all'epoca con notevole successo e costituisce oggi l'unico lavoro, anzi capolavoro del '500 ancora amato dalla drammaturgia contemporanea.

Non a caso ha suscitato l'interesse di Jurij Ferrini (Ovada 1970), attore e regista di grande talento, che dopo la maturità scientifica frequenta la Scuola di Recitazione del Teatro Stabile di Genova diplomandosi nel 1994 e nel 1997 crea lavorandovi come attore e regista e conseguendo successi e prestigio il Progetto U.R.T. - Compagnia Teatrale Indipendente che ottiene nel 1999 il riconoscimento del Ministero per i Beni e le Attività Culturali.

Ferrini è tanto amante dei testi classici da riuscire a presentarli svecchiati, rinfrescati, rigenerati e con una durata a prova degli odierni ritmi, pur conservandone cuore e poetica.
Trascorsi cinque secoli, La Mandragola risulta ancora di un'attualità sconcertante e la condanna divertente e divertita sebbene amara di un mondo corrotto e privo di valori in cui tutti sono corruttori e corrotti è la metafora dell'eterno gioco dei potenti verso i più deboli e più ignoranti - e oggi il grado di inconsapevole ignoranza è altissimo - sia nella vita pubblica, sia in quella privata con grande soddisfazione di chi è gabellato...

Il risultato è una commedia fresca e scattante dal tratto lieve e raffinato nella fluente e armonica lingua musicale toscana che ricalca alla lettera il testo, nella scenografia lineare che dà l'idea di una Firenze immutata e immutabile, nell'uso delle luci e della musica, nella pulita modernità dei costumi e negli splendidi e ironici dettagli dell'oggi che esaltano la 'rapacità' di certo clero: perfetta operazione di restyling che ha cambiato senza cambiare... e un cast ben coeso con Ferrini che recitando dialoga con gli spettatori giocando a sdegnarsi perché osano ridere divertiti e corregge il paragone tra l'Arno e il mare portandolo dal doppio a sette volte... esattamente come recita Machiavelli! Così sono assolutamente vietati abbiocchi e pennichelle... e non si può che raccomandare di non perdere questo elegante e straordinario connubio tra beffa e amore nell'eterna dialettica tra male e bene!

Wanda Castelnuovo

Ultima modifica il Lunedì, 04 Aprile 2016 05:58

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