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MORTE DI DANTON - regia Mario Martone

"Morte di Danton", regia Mario Martone. Foto Mario Spada "Morte di Danton", regia Mario Martone. Foto Mario Spada

di Georg Büchner
traduzione: Anita Raja
regia e scene: Mario Martone
con (in ordine alfabetico)
Giuseppe Battiston, Fausto Cabra, Giovanni Calcagno, Michelangelo Dalisi, Roberto De Francesco, Francesco Di Leva, Pietro Faiella, Denis Fasolo, Gianluigi Fogacci, Iaia Forte, Paolo Graziosi, Ernesto Mahieux, Carmine Paternoster, Irene Petris, Paolo Pierobon, Mario Pirrello, Alfonso Santagata, Massimiliano Speziani, Luciana Zazzera, Roberto Zibetti
e con Matteo Baiardi, Vittorio Camarota, Christian Di Filippo, Claudia Gambino, Giusy Emanuela Iannone, Camilla Nigro, Gloria Restuccia, Marcello Spinetta, Beatrice Vecchione
costumi: Ursula Patzak
luci: Pasquale Mari
suono: Hubert Westkemper
registi collaboratori: Alfonso Santagata e Paola Rota
scenografo collaboratore: Gianni Murru
produzione: Teatro Stabile di Torino – Teatro Nazionale
Milano, Piccolo Teatro Strehler dal 1° al 13 marzo 2016

www.Sipario.it, 14 marzo 2016

Scritta in cinque settimane nel 1835 dalla prolifica penna del giovane Georg Büchner (Goddelau/Assia 1813 – Zurigo 1837) - scrittore e drammaturgo tedesco che ha lottato per le proprie idee giacobine - Morte di Danton (Dantons tod) è rappresentata per la prima volta al teatro Belle-Alliance di Berlino nel 1902 in quanto precedentemente considerata difficile da presentare e comunque non ha avuto molte messe in scena.

Mario Martone, affascinato dal testo che, descrivendo gli ultimi giorni del Terrore e la caduta di Georges Jacques Danton nel 1794 dopo lo scontro con Maximilien Robespierre, tratteggia un'icastica raffigurazione del fanatismo di alcuni uomini della Rivoluzione francese pronti a usare la ghigliottina per eliminare avversari e opposizioni, ha costruito un lavoro ciclopico - considerata anche l'attuale temperie economica - con un cast d'eccezione costituito da 30 (dei 60 previsti) eccezionali attori con un delizioso bimbetto di 15 mesi, figlio dell'attrice Irene Petris (ottima interprete di Lucille Duplessis sposata a Camille Desmoulins, suo precettore: il loro figlio Horace ha avuto come padrino di battesimo Robespierre, amico d'infanzia di Camille...) supportati da 20 tecnici.

Non può non venire in mente la delusione che gli eccessi della Rivoluzione - che risultano di un'attualità sconcertante - hanno determinato in personaggi che avevano riposto in essa speranze poi deluse come in Vittorio Alfieri che al ritorno da un viaggio anelato in Francia ha scritto il Misogallo che stigmatizza le degenerazioni violente della corsa della borghesia al riconoscimento sociale.

Figura centrale Danton (un ottimo Giuseppe Battiston) non bello ma possente e oggetto di giudizi controversi per la sua preparazione culturale e per le qualità politiche comunque supportate da una grande eloquenza e da un carisma che lo rendono affascinante a chi lo ascolta e anche al gentil sesso visto il suo edonismo tendente al vizio: curioso il fatto che Büchner gli attribuisca una sola moglie e per di più suicida, mentre Danton rimasto vedovo ha sposato una giovane che gli sopravvive, un'invenzione letteraria dell'autore. Suo contraltare il puro, intransigente e manicheo Robespierre dalla virtù integralista con i suoi giacobini: due compagni d'avventura le cui strade si sono divaricate divenendo avversari.

Splendida la rappresentazione corale del popolo ignorante e incapace di comprendere cosa ci vuole per migliorare la propria posizione e come tale completamente acritico, quindi pronto a voltare gabbana facendosi influenzare da ogni nuovo tribuno: strumento volubile nelle mani di un potere altalenante.

Una pièce dinamica e vivace grazie anche ai cinque sipari che permettono di cambiare continuamente ambiente: salotto, piazza, tribunale, prigione... dove avviene una dissertazione filosofica tenuta con abilità sopraffina da Thomas Payne (l'eccezionale Paolo Graziosi), costituzionalista, filosofo e rivoluzionario inglese. In ogni scena sontuosi tessuti rossi con pochi eleganti pezzi d'arredo mentre risuona sinistro il rumore della mannaia di una ghigliottina: una scenografia quasi cinematografica.

Molti le riflessioni e gli interrogativi indotti dallo spettacolo cui ciascuno può dare autonomamente risposte discutendo con se stesso e con gli altri.

Wanda Castelnuovo

Ultima modifica il Martedì, 15 Marzo 2016 13:05

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