di e con Luciana Maniaci e Francesco d'Amore
regia Filippo Renda
scene e costumi Eleonora Rossi
produzione Festival delle Colline Torinesi
coproduzione con Festival Castel dei Mondi di Andria
col sostegno di Interno5 e Ludwig
management Nidodiragno
Premio Scenari Pagani 2014
presentato in collaborazione con Teatro a Corte
prima nazionale al Teatro Gobetti di Torino per il
Festival delle Colline Torinesi XIX edizione 2014
Quanto dolore in questa operina ridente che rivolta il quotidiano, in bilico tra sogno e pragmatismo, con due personaggi che sono, e non sono, portatori di storie compiute. C'è continuo stupore e scoperta in questo dialogo folle ed eccentrico, nutrito di energia nonostante la fragilità fisica degli stessi minuti protagonisti. Ma niente è lasciato al caso in questo dipinto scenico, preciso e cesellato con minuzia certosina e masochistica, nelle parole, nei gesti, nelle azioni e nelle scenografie. Un uomo e una donna, una paziente ed uno psicologo, un amante, un ladro ed una promessa sposa, e una grande casa e dei gioielli che tornano nelle confessioni di lei al lui terapeuta. Se parlano dolce, se sorridono o si guardano con affettuosa complicità, siedono su scranni che sono una sedia elettrica ed una ghigliottina, imbrattati di sangue. E' la tortura giornaliera dei desideri soffocati, dell'accontentarsi, del darsi per vinti, del rinunciare, del diffidare di sé e degli altri. E' la mestizia del mondo incastonata però in quadri grotteschi e spassosi, che riecheggiano alcuni momenti storici della pratica teatrale, quelli che tra il XIX ed il XX secolo rivoluzionarono il palcoscenico con molteplici frange avanguardistiche, dal naturalismo in poi. Alla base delle creazioni iconoclaste di Maniaci d'Amore c'è certamente cultura ed anche un'attenzione spasmodica al linguaggio, che è fonte di celia e di gioco e che nutre i tanti paradossi su cui si snoda la trama. La brama di un posto al sole induce ancora una donna a farsi sposa senza passione? E questo delinquente mascherato, è una via di fuga o è un incubo ulteriore? Si ride, tanto, e si piange almeno un po', soprattutto quando, smessi i personaggi, gli autori ed interpreti avanzano in proscenio addentando, ciascuno, una cipolla vera. E' il nuovo teatro che va. Bene così.
Maura Sesia