di Eduardo Scarpetta
Produzione Teatro Stabile di Calabria e Teatro Quirino
Genova, Teatro della Corte, martedì 23 ottobre 2012
Regia di Geppy Gleijeses
Interpreti: Geppy Gleijeses, Marianella Bargilli, Lello Arena, Gigi De Luca, Antonio Ferrante, Gina Perna, Gino De Luca, Antonietta D'Angelo, Loredana Piedimonte, Vincenzo Leto, Francesco De Rosa, Jacopo Costantini, Silvia Zora
Teatro della Corte di Genova, dal 23 al 28 ottobre 2012
Nessuna quinta divide il palcoscenico, che si offre nudo allo sguardo del pubblico. Al centro un tavolo e un paio di sedie sono gli unici elementi scenici. Gli attori attendono il loro momento seduti a bordo palco. La scelta di Gleijeses, per il primo atto di questa nuova messinscena del classico napoletano Miseria e nobiltà, conferma la tendenza del teatro di tradizione di mutuare i codici scenici del teatro contemporaneo, puntando sullo spazio vuoto.
Il rimando al film di Mario Mattoli, che nel 1954 rese immortale la pièce di Eduardo Scarpetta, è inevitabile. Il pubblico genovese, in più di un'occasione, anticipa le battute degli attori: il rischio e il privilegio di portare in scena un pezzo di cultura popolare italiana. La sensazione è che, come succede con le opere liriche celebri e i musical di successo, lo spettatore sia in attesa delle scene clou che conosce e che ama, piuttosto che interessato a godere e farsi parte dello spettacolo nel suo insieme.
Nel primo atto il ritmo è lento. Gleijeses è un Felice Sciosciamocca sottotono, tanto che i ruoli appaiono capovolti: Felice diventa la spalla di Pasquale. La mancanza di napoletanità di Marianella Bargilli, nella parte di Luisella, non può che stonare con l'anima della commedia: l'ira e i toni profondi male si combinano con un testo impastato di una comicità leggera, in cui ogni bizza, ogni insulto sfocia in farsa, in battuta.
Lello Arena, nel ruolo di Pasquale, veste con prevedibile naturalezza i panni del paesano napoletano, dando credibilità e forza al continuo scambio di battute col protagonista, su cui si regge la drammaturgia. Brave anche Gina Perna e Antonietta D'Angelo nei panni, rispettivamente, della moglie e della figlia di Pasquale: entrambe riescono, con istinto e delicatezza, nell'impresa di realizzare quel binomio complesso di disperazione e voglia di vivere, miseria ed effervescenza partenopea.
Nel secondo atto la verve ed il ritmo crescono, anche in conseguenza della concitazione che porta il dramma alla risoluzione finale. La scenografia, che descrive l'interno della villa di Gaetano, il cuoco arricchito, rientra nei binari della tradizione: quinte dipinte con quadri di nature morte che rimandano alle origini plebee del padrone di casa; divani rosso-oro, ampie vetrate che si aprono sul giardino.
Gleijeses pare più a suo agio nei panni del principe di Casador, elegante e sarcastico.
Convincente Gino De Luca, sia nei panni dell'uomo di cuore, il servo gentiluomo Vincenzo, sia nel ruolo dell'eccentrico e viziato signorino Luigino. Anche l'energia di Bargilli riesce meglio quando incanalata nell'iperbole della parodia, dello scimmiottamento dei modi altolocati. Tuttavia, nell'intensità del momento in cui Luisella svela al padre di Gemma la "sceneggiata", ecco che il dialetto si perde nuovamente. La dizione prende il sopravvento, negando l'identità stessa della commedia di Scarpetta, scritta e pensata con la musicalità e il temperamento napoletano nei gesti e nelle orecchie.
Marianna Norese