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MARE COLORE DEL VINO (IL) - regia Ninni Bruschetta

"Il mare colore del vino", regia Ninni Bruschetta. Foto Antonio Parrinello "Il mare colore del vino", regia Ninni Bruschetta. Foto Antonio Parrinello

di Leonardo Sciascia
Regia: Ninni Bruschetta
Interpreti: Antonio Alveario, Ninni Bruschetta, Alessandra Fazzino, Lydia Giordano, Luca Iacono, Alessandro Romano
Costumi: Riccardo Cappello
Luci: Gaetano La Mela
Produzione Teatro Stabile di Catania
Sala Futura del Teatro Verga dal 30 marzo al 2 aprile 2023

www.Sipario.it, 31 marzo 2023

Dei tredici racconti, zampillanti di sicilitudine, scritti da Leonardo Sciascia tra il 1959 e il 1972 pubblicati nel volumetto Il mare colore del vino, Ninni Bruschetta ha realizzato un intelligente spettacolo con lo stesso titolo, nella Sala Futura del Verga di Catania, utilizzando pari-pari ciò che è già una sceneggiatura bell’e pronta, buona per un film o per una messinscena tout court, con gli stessi accorgimenti registici, dagli effetti stranianti e/o meta-teatrali, messi in atto da Luca Ronconi al Teatro Argentina di Roma nel febbraio del 1996 in occasione di Quer pasticciaccio brutto de Via Merulana di Carlo Emilio Gadda, con gli attori che recitavano parole e didascalie, comprese battute e dialoghi del romanzo. Accanto allo stesso Bruschetta, pure nei panni del 38enne ingegnere Bianchi di Vicenza, colto all’interno d’uno scompartimento ferroviario che da Roma dovrà portarlo per lavoro alle raffinerie petrolifere di Gela, vi compaiono cinque personaggi che devono rientrare al loro paese di Nisima, in provincia di Agrigento: il professore Miccichè e moglie (Antonio Alveario e Alessandra Fazzino), entrambi insegnanti alle elementari, con i loro due pestiferi figli, il più piccolo Nenè (Luca Iacono), il più grande Lulù (Alessandro Romano), invero non così piccoli come nel racconto di Sciascia, ai quali è aggregata una ragazza ventenne (Lydia Giordano) “a prima vista scialba e vestita di un monacale nero  profilato di bianco”, pure lei insegnante non ancora titolare. Ciò che colpisce dello spettacolo che vola via in poco meno d’un’ora, a parte la bravura dei grotteschi personaggi, accompagnati non da musiche tipo ciuri ciuri ma da motivi pop come Liberatiion di Harold van Lennep, Sweet Dreams dei Sound of Legend, Black Swan di Thom Yorke, è la scrittura vivace, briosa, netta, precisa, fotografica, divertita e divertente dei racconti di Sciascia che ha già scritto opere dove è presente la mafia, come Il giorno della civetta, Il consiglio d’Egitto, A ciascuno il suo, Il contesto, prima di Todo modo etc... etc..in cui “contraddì e si contraddisse”, esprimendo un profondo pessimismo d’una terra come la Sicilia sempre delusa per una giustizia-non-giusta, senza rinunciare tuttavia all’uso della ragione umana di matrice illuminista. Tornando allo spettacolo in questione, si ha l’impressione di assistere ad una piccola Odissea, ad un asfissiante viaggio in treno di 15 ore, come se vedessimo i sei personaggi attraverso lo spiraglio d’una porta o il buco d’una serratura. I due ragazzini fanno cose da pazzi, giocano, bisticciano, saltano sui sedili, danno fastidio in ogni momento, in particolare all’ingegnere che cerca di minimizzare i loro eccessi e a poco servono le scuse continue dei due genitori che non riescono a tenere a bada i due maleducati marmocchi. La sosta a Napoli permette a tutti di assaggiare le sfogliatelle, anche se Nenè chiede un cannolo che non potrà avere, insultando per giunta un maresciallo che non si vede e sbottando pure nei confronti del Papa. Arriva la notte e un po’ tutti dormono, tranne l’ingegnere e Gerlanda, questo il nome della ragazza, che si trovano bene a parlare della loro vita, piantando forse dei germogli per potere in futuro stare insieme.  Giunti a Villa San Giovanni hanno davanti lo Stretto e la città di Messina appare “sfolgorante del primo sole” e andare a prendere un caffè diventa un rito irrinunciabile, in particolare per il professore che controlla da vicino la giovane coppia. Giunti a Taormina a Nenè gli sembra che il mare abbia il colore del vino, un paesaggio surreale o una forma di daltonismo che fa pensare piuttosto al sangue delle migliaia di migranti che da tempo arrossano le acque del Mediterraneo.  Eccoli adesso a Catania, dove quei due Luciferi non si smentiscono chiedendo granite e briosce, poi ancora in treno con Canicattì finalmente davanti ai loro occhi, con la famiglia e la ragazza che copriranno di affettuosi saluti l’ingegnere, avviandosi gli uni verso Nisima e l’altro verso l’automotrice per Campobello-Licata-Gela, col pensiero di recarsi quanto prima a Nisima.

Gigi Giacobbe

Ultima modifica il Domenica, 02 Aprile 2023 23:58

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