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M COME MÉLIÈS - regia Élise Vigier e Marcial Di Fonzo Bo

"M come Méliès", regia Élise Vigier e Marcial Di Fonzo Bo "M come Méliès", regia Élise Vigier e Marcial Di Fonzo Bo

di Élise Vigier e Marcial Di Fonzo Bo
dai film e dagli scritti di Georges Méliès
produzione Teatro Stabile di Genova, Comèdie de caen-CDN de Normandie
regia Élise Vigier e Marcial Di Fonzo Bo
interpreti Arthur Amard, Lou Chrétien-Février, Alicia Devidal, Simon Terrenoire e Elsa Verdon
scene Élise Vigier, Marcial Di Fonzo Bo, Patrick Demière, Alexis Claire e Catherine Rankl
costumi Pierre Canitrot
musica originale Étienne Bonhomme
In scena al Teatro Gustavo Modena dal 15 al 18 febbraio 2018

www.Sipario.it, 18 febbraio 2018

Dopo Demoni e La fine dell'Europa, prosegue la collaborazione tra il Teatro Stabile di Genova e la Comèdie de Caen con un terzo titolo, questa volta squisitamente francese: M come Méliès, omaggio di Élise Vigier e Marcial Di Fonzo Bo ad uno degli inventori dell'arte cinematografica, forse il più visionario, che portò la magia e i trucchi teatrali dentro alle brevi e rudimentali pellicole fin de siècle.

Nella prima parte dello spettacolo prevale l'intento didascalico e storiografico: il racconto delle fantasie di Méliès bambino, che sogna di lanciare un missile sulla Luna, si raffredda in una voce registrata che snocciola dati astrofisici e cifre a sei zeri. I numeri di magia e illusionismo che Georges apprende da ragazzo nel Teatro Robert-Houdin di Parigi sono riproposti con la lentezza e l'ingenua comicità dei tempi. Finora lo spettacolo non cattura, perdendosi in un gusto filologico sicuramente accurato e pertinente.

Dal racconto delle riprese del primo "documentario", che ritrae il paesaggio della Normandia, la pièce ingrana e finalmente decolla. Ed ecco che il teatro torna ad essere quella scatola magica che Méliès adoperava per le sue trovate illusionistiche, in grado di produrre meraviglia e stupore. Rimaniamo affascinati dai giochi di luci, dagli effetti sonori e visivi prodotti con gli strumenti della quotidianità: specchi, tende, imbuti, bacinelle piene d'acqua, cannucce, polveri.

Gli attori mostrano e svelano l'artigianalità del lavoro nel teatro di posa, così faticosa e soggetta a continui rischi e imprevisti. Come accade nella storia dell'evoluzione umana, anche nel cinema l'errore a volte portava alla scoperta di qualcosa di nuovo: è il 1896 quando Méliès scopre accidentalmente il trucco della sostituzione, da cui nascerà la tecnica del montaggio.

L'energia e l'affiatamento degli interpreti, che si muovono in un impianto scenico complesso pieno di oggetti, botole, quinte, con continui cambi di costume, trasmettono l'entusiasmo di quel momento storico, in cui era ancora tutto da scoprire e inventare. Come cita la voce narrante, l'invenzione della fotografia aveva reso immortali. L'invenzione del cinematografo portava il desiderio di immortalità un passo più avanti, riproducendo la vita stessa.

Il culmine del mito dell'Excelsior arriva con l'elettricità. La società si illumina e si scalda alla luce del progresso e dell'ingegno umano. L'Esposizione Internazionale di Parigi del 1900 ne è la mastodontica rappresentazione. Arriverà la Grande Guerra ad uccidere lo spirito che animava la fede nella scienza e nelle luminose sorti dell'umanità. Ma noi torniamo indietro. È il 1902 e Méliès finalmente realizza il sogno di bambino con il primo "film di fantascienza" della storia del cinema Le Voyage dans la Lune. Un piccolo missile va a conficcarsi nell'occhio di Georges. È lui la Luna, l'astro irraggiungibile, il factotum che manovra ogni aspetto della creazione.

Applausi calorosi per uno spettacolo che dopo lo stallo iniziale riesce, nonostante la barriera della lingua e la dispersione dei sovratitoli, non solo a raccontarci la vita e il genio di Méliès ma a farci sorridere, come lui stesso si proponeva di fare quando scriveva sul giornale satirico "La Griffe" sotto lo pseudonimo di Geo Smile.

Marianna Norese

Ultima modifica il Domenica, 18 Febbraio 2018 14:39

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