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LEHMAN TRILOGY - regia Luca Ronconi

Fabrizio Gifuni e Massimo Popolizio in "Lehman Trilogy", regia Luca Ronconi. Foto Marasco Fabrizio Gifuni e Massimo Popolizio in "Lehman Trilogy", regia Luca Ronconi. Foto Marasco

Prima parte e Seconda parte
di Stefano Massini
regia Luca Ronconi
scene Marco Rossi
costumi Gianluca Sbicca
luci A.J.Weissbard
suono Hubert Westkemper
trucco e acconciature Aldo Signoretti
con (in ordine di apparizione):
Henry Lehman Massimo De Francovich
Emanuel Lehman Fabrizio Gifuni,
Mayer Lehman Massimo Popolizio,
Testatonda Deggoo Martin Ilunga Chishimba
Philip Lehman Paolo Pierobon
Solomon Paprinskij Fabrizio Falco,
Davidson, Pete Peterson Raffaele Esposito
Archibald, Lewis Glucksman Denis Fasolo
Herbert Lehman Roberto Zibetti
Robert Lehman Fausto Cabra
Carrie Lauer, Ruth Lamar, Ruth Owen, Lee Anz Lynn Francesca Ciocchetti
Signora Goldman Laila Maria Fernandez
Produzione Piccolo Teatro di Milano - Teatro d'Europa
Milano, Piccolo Teatro Grassi dal 29 gennaio al 15 marzo 2015

www.Sipario.it, 3 febbraio 2015

Straordinario debutto di Lehman Trilogy, con magistrali interpreti

Uno straordinario debutto nazionale per Lehman Trilogy: non sentire quattro ore e mezza (più intervallo) nonostante che l'argomento sia economico (non di micro, ma di macroeconomia) trattando l'epica storia che ha portato dopo 160 anni al fallimento il 15 settembre 2008 della Lehman Brothers, una delle banche più importanti del mondo, rappresenta un successo eccezionale.
Tale crollo ha segnato l'incipit dell'attuale recessione mondiale, la più grave di quelle che ciclicamente hanno colpito il nostro sistema, i cui esiti serpeggiano ancora crudelmente, ma che, come ha detto Ronconi in conferenza, probabilmente sono stati rimossi e in parte risolti negli Usa dove è scoppiata la bolla.

Eventi, poco conosciuti ieri e oggi nella nostra splendidamente contraddittoria penisola, che hanno indotto il regista Ronconi a scegliere - lui che confessa di avere una certa idiosincrasia per le banche anche relativamente alla gestione del proprio conto - Lehman Trilogy, testo (edito da Einaudi) scritto per essere letto e non recitato dal trentanovenne Stefano Massini, autore fiorentino trendy, che trasporta le vicende storiche su un piano simbolico.

Si rivela dunque efficace per spettatori di ogni età - avviati alla conoscenza di avvenimenti che incuriosiscono e inducono all'approfondimento - l'intuitiva scelta di Ronconi che ha adattato con Massini il testo originario trasformando i tre capitoli in due parti (che si consiglia, se possibile, di 'delibare' in un'unica soluzione senza frazionarle in due giorni) di un poema epico in cui si scava alla ricerca di valori poetici e sociali nascosti.

Gli 'eroi' interpretati magistralmente da attori carismatici danno vita a una rappresentazione a tratti verista, coinvolgente e trascinante proprio per la sua sobrietà austera: le singole vite si dipanano come gomitoli ordinati dalla memoria al ritmo di una continua ed elegante ironia, fil rouge che ciascuno mette in atto verso sé e gli altri, riferimento a quella fine capacità di umorismo con cui l'ebreo intelligente e perspicace analizza se stesso.

Si tratta, infatti, di una famiglia ebrea - erede in quanto tale di una antica tradizione di familiarità con il denaro - askenazita, quindi ortodossa, con tre fratelli emigranti il primo dei quali, Heyum Lehmann, giunge a New York l'11 settembre 1844 da Rimpar, piccolo villaggio della Baviera e, registrato da un ufficiale portuale come Henry Lehman, apre un emporio di tessuti a Montgomery in Alabama dando così inizio alla saga dei Lehman.
Con l'arrivo di Emanuel (Mendel) e poi di Mayer inizia quell'arrampicata economica - attraverso un sistema che si evolve da un rapporto concreto con la merce a una banca prima custode del risparmio, poi centro di investimenti e infine protagonista di un trading temerario che aliena dalla realtà con conseguente perdita di concretezza - di cui l'America è prodiga con chi è attivo anche se può rivelarsi crudele matrigna capace in un attimo di rovesciare i destini.

Tutto avviene nel rigoroso rispetto della tradizione ebraica in tutti gli eventi esistenziali, anche in quelli più dolorosi, consuetudini che se dimenticate nella vita reale mostrano tanta forza da ricomparire a livello di subconscio nei sogni o incubi di chi non è più supportato dalla certezza della tradizione.

In una scenografia tra bianco, grigio e nero senza oggetti se non qualche sedia, un tavolo e un grande orologio (inizialmente quello sulla torre del porto di New York) che ricorda che la memoria si è costruita attraverso il dipanarsi del tempo, gli eccellenti attori vestiti di elegantissime tute - emblemi dell'iter esistenziale per tutti imperniato sul lavoro - assolutamente uguali per l'intera storia diventano protagonisti dello spettacolo della memoria, spazio unico che cancellando il divenire rende tutto presente in una visione che annulla il reale.
I figli si raccontano e sono narrati dai padri che scomparsi ricompaiono come narratori coscienti di avere evitato più volte il rischio di cadere e ora bevono, impotenti narratori, il calice dell'altrui fallimento, effetto di un piano inclinato nel tempo e nello spazio in cui il regista Ronconi si rivela eccezionale Maestro nello stabilire il giusto equilibrio.

Per comprendere i titoli delle scene scritti sulla parete di destra da una luce, quasi espressione dell'energia di ciascun personaggio, è utile una rapida preconsultazione del libretto di sala (distribuito gratuitamente) alle pp. 28 e 29 dove 32 parole vengono tradotte e decodificate rendendo più chiara la comprensione del testo e dei suoi significati reconditi.

Wanda Castelnuovo

Ultima modifica il Lunedì, 23 Febbraio 2015 09:55

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