di Carlo Bertolazzi Drammaturgia: Federica Di Rosa
Regia: Andrée Ruth Shammah
Scene: Elena Martucci, Costumi: Barbara Petrecca, Video: Luca Scarzella
Interpreti: Marco Balbi, Chicca Minini, Sabrina Colle, Marco Vergani, Pietro Micci, Eugenio de' Giorgi
Produzione: Teatro franco parenti in collaborazione con Rai
Milano, Teatro Franco Parenti dal 21 al 31 gennaio 2010
Verificare come i nuovi linguaggi, e in particolare quello della televisione, possano immettere nuova linfa in un autore certo datato come Bertolazzi, poteva essere un'idea originale, ancorché un po' peregrina. Inoltre il progetto di uno stage preparatorio, destinato a giovani attori usciti dal varie università lombarde, tenutosi alla Rai, per sperimentare l'utilizzo di tali nuovi linguaggi, poteva avere una interessante valenza di ricerca, oltre a fornire ad alcuni di essi, come peraltro è successo, opportunità di lavoro.
Peccato che ben poco dei risultati di questa ricerca sia emerso nello spettacolo, salvo un manipolo di macchinisti, cameraman, una segretaria d'edizione, le cui presenze impicciavano l'azione. Quanto all'invenzione drammaturgica di una figura che, nel doppio ruolo di personaggio della vicenda (Riccardo de Farnesi) e di occhio esterno, alla ricerca della vera identità di Lulù, più che identificare un'anticipazione pirandelliana in Bertolazzi, si risolveva in una sovrapposizione posticcia di metateatro, su un testo che non sembra affatto giustificarla. L'utilizzo, poi, di scenografie costruite con proiezioni, e gli spezzoni di filmato che riprendevano i personaggi dopo che erano scomparsi fra le quinte, era un simpatico espediente tecnico, ma non certo originale.
Più interessante poteva essere un raffronto con le varie Lulu: di Wedekind, di Pabst, di Berg; ma il tutto si riduce ad una parrucca corvina, alla Louise Brooks (interprete classica di Lulu), indossata e poi tolta svogliatamente dalla nostra, intenta a scegliere abiti e acconciature nel suo boudoir.
Tali soluzioni registiche e drammaturgiche, ancorché opinabili, attengono comunque alla sacrosanta libertà di ricerca. Ma dove lo spettacolo frana senza remissione è nella scelta della protagonista, Sabrina Colle, indiscutibilmente avvenente (ma è poi necessario che l'interprete di Lulù sia una bella donna?), che sembra tuttavia mancare di una strumentazione attorale che le consenta di interpretare il personaggio, specie all'interno di una cifra espressiva sostanzialmente improntata al naturalismo, perseguita con ben diversa professionalità dalla maggior parte degli altri attori: fra tutti, da citare almeno Marco Balbi e Chicca Minini.
Claudio Facchinelli
Lulù di Carlo Bertolazzi fa la ballerina e vive facendosi mantenere dall' amante di turno, finché un giovane si innamora di lei. La sua vita è fatta di bugie e sarà fingersi in attesa di un bambino per farsi sposare, a trasformare la commedia in dramma. Nell' intelligente regia di Andrée Ruth Shammah, in uno spazio neutro che si colora di immagini proiettate e in movimento, il personaggio del Regista, un pirandelliano dott. Hikfuss, denuncia qual è il suo compito: capire, entrare nell' animo di Lulù, neutro e sballottato da un essere quello che si è senza capire veramente chi si è. Shammah indaga le zone d' ombra della psiche e dei sentimenti e ben sceglie come linea portante della sua regia la crisi di identità che colpisce l' uomo all' inizio del Novecento e, quindi, il personaggio. Come metodo introspettivo fa ricorso a un «distanziamento epico» in una regia colta che crea, col miscelare virtuale e reale, giusti momenti di rottura e impedisce straripamenti veristi: un operatore-attore sempre in movimento sul palco è un costante e spietato occhio sulla protagonista. Lulù è Sabrina Colle, un essere affascinante, un vaso vuoto, una biglia che corre sul tappeto della vita sospinta da non si sa cosa, bravi Pietro Micci, Marco Vergani, Chicca Minini, Marco Balbi in uno spettacolo che è una sfida vinta.
Magda Poli