Di Enzo Decaro
Con Nunzia Schiano
e con Luigi Bignone, Carlo Di Maio, Roberto Fiorentino, Massimo Pagano, Fabiana Russo, Ingrid Sansone
Regia Enzo Decaro
Musiche Nino Rota (da Le Molière Immaginarie)
Villanelle e canzoni popolari del ‘600 napoletano
Scene Luigi Ferrigno
Costumi Ilaria Carannante
Disegno luci Luigi Della Monica
Assistente alla regia Roberto Fiorentino
Produzione I Due Della Città Del Sole
Al Teatro Sannazaro di Napoli, dal 17 al 26 gennaio 2025
Chiunque sia anche in minima parte conoscitore del teatro o chiunque abbia almeno un minimo studiato letteratura ai tempi della scuola, sa che il Seicento è stato un secolo difficile, duro, pieno di malattie, epidemie e ristrettezze economiche per molti popoli, tra dominazioni e privazioni, ma sicuramente anche ricco di creatività e di grandi produzioni dalla profonda ispirazione che ha portato al teatro grandi capolavori poi rimasti nel repertorio tradizionale italiano e non solo, anticipando anche i successi dei secoli a venire. E Napoli e la Campania in generale, terra di artisti e teatro a cielo aperto, non potevano certo essere da meno con l’arte della commedia e della risata, con la scrittura e riscrittura di testi di grande valore. Come De Filippo padre e figlio, Peppino e Luigi, hanno spesso dichiarato, il teatro è un luogo di magia, ma anche di realtà, dove niente è falso anche se tutto è finto come amava sostenere il maestro Gigi Proietti, dove il filo sottile dell’equilibrio tra la vita e la fantasia si dipana e si intreccia di continuo in una danza d’amore e di meraviglia. E proprio l’illustre famiglia teatrante dei De Filippo amava Molière e le sue opere, come anche la tradizione del teatro itinerante, ripresa ancora oggi dai bus del teatro mobile e dai festival di piazza e gli artisti di strada che ai giorni nostri, anche se un po’ vintage e non sempre di moda, conservano ancora quel fascino e quella bellezza racchiusi nella manualità del fare teatro, del creare sotto gli occhi del pubblico, del maneggiare l’arte come pane quotidiano, del fare di un sogno una professione. Enzo Decaro riprende le scintille di questa tradizione e mette in scena uno spettacolo, mi perdonino i lettori la banalità dell’aggettivo, bellissimo, perché incuriosisce, interessa e mantiene alta e viva l’attenzione dello spettatore proprio dall’inizio alla fine della performance. In scena semplicemente un carretto, un palcoscenico itinerante, che però, proprio nella sua semplicità, tra una sedia e uno sgabello, un tavolino e qualche stoffa, tira fuori come un mago davanti ai suoi piccoli spettatori, di volta in volta il “set” del nuovo spettacolo da portare in scena. Una famiglia di teatranti, i De Bruno da Nola, parenti del filosofo Giordano Bruno, verso il quale c’è una sorta di avvicinamento/allontanamento continuo, si presenta al pubblico proprio come una compagnia di teatro girovaga con un capocomico (Oreste) che, sempre con “poco trucco giusto per dare una idea del personaggio”, si prodiga ogni giorno per “fare lo teatro”. Appassionatissimo di Molière al quale intende scrivere lettere ogni giorno per lodarne la genialità, ama metterne in scena le opere maggiori, mescolandole fra di loro e riadattandole in lingua napoletana per il pubblico, che durante il viaggio verso Parigi per incontrare il grande commediografo dell’umanità e per sfuggire alla terribile peste, si ferma e si raduna per ascoltare e guardare. Riusciranno ad arrivare in tempo per conoscere Molière già molto malato? Lungo la strada la passione, la fame per una professione così incerta e gli incontri non mancano e spesso i personaggi misteriosi che ci si trova davanti sono soltanto un pretesto per dialogare con se stessi e scoprire che il destino si può cambiare “nu poco ca sì, nu poco ca no”. «Tirate na carta» dice solennemente una maga che della notte fa la sua complice e proprio lei, che come la sorella di Oreste parla solo per proverbi, regalerà quella magia e quella meraviglia nascosta e tutta da scoprire che si cela dietro la curiosità di ciascuno di noi di conoscere il proprio futuro, in bilico sulla paura di avere tristi notizie. Magistrale la prova di Enzo Decaro, così come di Nunzia Schiano, Ingrid Sansone e tutto il cast, che ha saputo dare la comicità, il tempo e il ritmo delle battute, la lingua dell’epoca e tutte le sfumature di una vera e propria commedia umana, alla Molière, alla Boccaccio e un po’ anche a mo’ di Dante che pur scrivendone una divina, ci fa scendere nell’Inferno poi salire al Paradiso di tutti noi. Cambi di voci, giochi di parole, velocità di battute e interpretazione e mimica di grande spessore, ma anche le scene e le luci splendide d’atmosfera per l’impatto e la consistenza potente de L’avaro immaginario, un carrettino itinerante che sfodera incanto e stupore alla vecchia maniera, tra l’odore del legno antico e il sapore “dello teatro” fatto su misura, rendendoci tutti ancora bambini. Francesca Myriam Chiatto