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LA LUPA – regia Gianni Scuto

da sin, Simona Gualtieri e Jessica Ferro in "La lupa", regia Gianni Scuto da sin, Simona Gualtieri e Jessica Ferro in "La lupa", regia Gianni Scuto

da Giovanni Verga
Il tormento di un amore impossibile
Regia di Gianni Scuto
Interpreti: Jessica Ferro, Simona Gualtieri, Elisa Marchese
Scene: Teatrale Mediterranea. Costumi: Silvia Masci
Produzione: Giuseppe Finocchiaro Management
Teatro Fellini di Catania dal 13 al 15 gennaio 2023

www.Sipario.it, 16 gennaio 2023

A distanza di quasi un secolo e mezzo - prima come novella pubblicata da Treves nel 1880, poi testo teatrale andato in scena al Teatro Gerbino di Genova nel 1896 - La lupa di Giovanni Vega è sempre di grande attualità. Lo provano i due film realizzati da Lattuada e Lavia e i numerosi spettacoli realizzati in tutti questi anni che hanno avuto sempre nel ruolo del titolo un’attrice di razza. Basti citare Anna Magnani, Lina Sastri, Caterina Costantini, Nellina Laganà e l’elenco diventerebbe davvero lungo. La novità di questa messinscena di Gianni Scuto al Fellini di Catania, un Teatro privato di 107 comode poltroncine rosse a due passi dalla Via Etnea, diretto sapientemente da Giuseppe Finocchiaro, consiste nell’aver intelligentemente sintetizzato il dramma verghiano al solo personaggio della Lupa, una Gnà Pina interpretata da una brava Jessica Ferro dai capelli corvini, avvolta da ampie vesti nere col solo collo fasciato di rosso, affiancata da due figure agghindate con lunghi abiti bianchi (Elisa Marchese) e neri (Simona Gualtieri) che fungono da coro e pure da personaggi collaterali al dramma. Che si dipana in poco meno di un’ora su una scena costellata da numerosi oggetti siculi bric-à-brac e che ci sembra quasi d’assistere alle due opere del dramma dell’Ippolito velato di Euripide, in cui La Lupa assume le sembianze di una Fedra innamorata pazza d’Ippolito, respinta nella prima versione e violentata nella seconda, anche se a mio parere, il mito ellenico è rivisto qui sotto la luce giansenista dell’opera barocca di Racine dove non c’è nessuna violenza, solo una calunnia costruita ad hoc dalla nutrice Enone, sintetizzata forse da quelle due figure in bianco e nero con accetta in mano, senza dare il colpo decisivo, espressioni solo di Eros e Thanatos. Del resto Racine lo dice chiaramente nella sua prefazione che non può e non vuole macchiare un’aristocratica, una regnante, di una siffatta bassezza. La finezza di questa messinscena di Gianni Scuto è stata quella di non proporre figure da presepe siciliano, di non esagerare nel rappresentare una Lupa “verista”, dalla voracità sessuale insaziabile, una femmina che ogni maschio vorrebbe portarsi a letto, rifiutata e respinta ad libitum dal solo Nanni Lasca, il garofano pomposo che preferisce la figlia Maricchia perché è carne fresca, e che lei, la lupa, gli concederà di sposare pur di stargli accanto. Proverà altre volte a sedurre il genero, diventato, come da sottotitolo, “il tormento di un amore impossibile”, ma senza alcun risultato. Alla fine questa animalesca donna si farà ammazzare come la Carmen di Merimée-Bizet, la Lulu di Wedekimd o la Maria del Woyzeck di Bückner. Un quartetto di donne che resterà impresso per sempre nella storia del Teatro. Successo per Gianni Scuto e per il suo spettacolo salutato alla fine da lunghi e convincenti applausi.

Gigi Giacobbe

Ultima modifica il Lunedì, 16 Gennaio 2023 15:44

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