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LOTTA AL TERRORE (LA) - regia Luca Ricci

“La lotta al terrore”, regia Luca Ricci. Foto Luca Del Pia “La lotta al terrore”, regia Luca Ricci. Foto Luca Del Pia

Testi: Lucia Franchi e Luca Ricci
Regia: Luca Ricci
Interpreti: Simone Faloppa, Gabriele Paolocà e Gioia Salvatori
Milano, Teatro Libero dal 4 al 7 ottobre 2018

www.Sipario.it, 8 ottobre 2018

Durante la pausa pranzo un impiegato, il segretario comunale e il vice sindaco ricevono la notizia di un attentato in un supermercato del Paese. La vicenda attira i media locali e mentre i tre elaborano una possibile soluzione, in assenza del sindaco, l'ansia sale.
'Lotta al terrore' inscena un dramma che riprende fedelmente le notizie che passano nei tg nazionali e locali da più di dieci anni a questa parte. Ma il modo in cui viene scelto di raccontarlo assume a tratti una chiave comica per via delle supposizioni assurde che vengono proposte dai personaggi. Il dramma viene smorzato dai loro stessi corpi, che spesso compiono movenze innaturali come: svolgere esercizi di respirazione o innaffiare un cactus nei momenti di alto tasso emotivo.
Sul palco ci sono tre attori ma i protagonisti in scena sono ben cinque. Il telefono, posto al centro del tavolo spoglio, è una presenza ingombrante che svolge il ruolo di mediatore tra il visibile e l'invisibile. Con uno squillo fa sussultare i protagonisti ed è capace di aumentare la suspance nelle situazioni più critiche. Una presenza costante ma incontrollabile, possiamo sentire il suo fiato sul collo. Da guardiano onnisciente il telefono sul finale si trasforma in rivelatore, in quanto l'unico contatto che i protagonisti hanno con l'esterno è la voce che risuona all'intero di quella cornetta.
Il quinto protagonista è il tempo, rappresentato da un orologio che scandisce non solo ore e minuti ma anche secondi. Schermo nero e numeri scarlatti servono a fissare un limite. Ogni passaggio viene misurato in unità di tempo: il sindaco non risponde da un'ora, i tre devono trovare una soluzione entro trenta minuti o devono prendere una decisione in appena sessanta secondi. Il tempo è il nemico più grande, l'ostacolo che si contrappone tra loro e le decisioni da prendere. Dall'altro della sua postazione, l'orologio ha una visuale totale, capace di contenere e controllare tutto ciò che c'è in scena.
A loro volta anche i protagonisti incarnano personalità astratte, che spesso entrano in contrasto tra loro: l'istinto, la ragione e la giustizia. L'impiegato è colui che ragiona d'istinto, sbraita e crede che l'unica soluzione possibile sia liberarci di tutti questi esseri che tolgono casa e lavoro a noi italiani. In contrapposizione abbiamo la ragione, interpretata dal vice sindaco che si distingue per i suoi modi pacati e il suo pensiero lucido, caratteristiche che rimangono una costante in tutto l'arco narrativo. La terza è la giustizia, che trova casa nel segretario comunale, una donna estremamente devota al regolamento che risulta essere spesso inadatta e fuori luogo ma, allo stesso tempo, è l'unica pillola di comicità capace di alleggerire picchi emotivi altrimenti troppo pesanti.
Dal terrorismo, che è il fulcro narrativo dell'intera vicenda, si passa a discorsi razziali e a scontri legati alle religioni ma la vera chiave di tutto è il destino. Come sostiene il segretario nella parte finale è il destino che ha le carte tra le mani e nessuno può cambiare la propria sorte con la sola forza di volontà. Anche se il trio istinto, ragione e giustizia insieme funzionassero bene non basterebbero comunque a bilanciare la forza sovrannaturale del destino.

Francesca Totaro

Ultima modifica il Martedì, 09 Ottobre 2018 09:11

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