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HAMM-LET / STUDIO SULLA VORACITA - regia Giorgia Cerruti

"Hamm – Let / Studio sulla Voracità", regia Giorgia Cerruti "Hamm – Let / Studio sulla Voracità", regia Giorgia Cerruti

Progetto Trilogia dell'Individuo
Uno spettacolo di Piccola Compagnia della Magnolia
Regia di Giorgia Cerruti

Con Davide Giglio, Giorgia Cerruti, Federica Carra
Napoli, Galleria Toledo dal 13 al 16 aprile 2016

www.Sipario.it, 15 aprile 2016

Una prova fisica estrema, prima di tutto. Una danza carnale, uno spasimo: un'espressione di forza, un grido drammatico. Dibattersi e dimenarsi, per poi lasciar esplodere la tragedia in maniera devastante. Ecco Hamm – Let / Studio sulla Voracità. Una riscrittura dedicata al Principe di Danimarca che lascia gli spettatori dapprima straniti, poi senza fiato. La resa esasperata e disperante riprende dalla tragedia originale le atmosfere cupe e inquietanti, calandole in un allestimento di originale contemporaneità.
Gli attori della Piccola Compagnia della Magnolia, che ripropongono a Napoli questo lavoro del 2011 in occasione dell'anno shakespeariano, accolgono il pubblico della Galleria Toledo andandogli incontro nel foyer. Muti, già truccati e in costume, scalzi: i tre protagonisti camminano verso gli spettatori (che intanto aspettano di essere chiamati all'interno della sala), ne fissano i volti, con sorriso beffardo o con distacco impenetrabile; infine, li precedono in platea. Neanche quando salgono in palcoscenico i tre interpreti di Amleto, della regina Gertrude e di Ofelia smettono di scrutare i visi attoniti del pubblico, quasi a provocarli.
Lo spettacolo vero e proprio ha inizio, o (per meglio dire) entra nel vivo. Gli attori si coprono il volto con una maschera di lupo: sono i soldati che notte tempo avvistano il fantasma del defunto sovrano di Danimarca. I costumi dei personaggi, ma anche le movenze (vere e proprie coreografie) trasmettono suggestioni del teatro tradizionale giapponese. La musica, però, è dura e graffiante.
I protagonisti si agitano, si picchiano e simulano amplessi. È scontro fisico, è tormento, è passione che distrugge. Dismesse le maschere, i tre diventano un angosciato Amleto, un'Ofelia già sull'orlo della pazzia e una turpe regina madre, Gertrude, resa orribile dalle nefandezze di cui si macchia.
Ecco i personaggi assistere a una recita (quella attraverso cui Amleto spera di smascherare l'atroce delitto compiuto dai suoi familiari): la rappresentazione di un dramma che è parte inconfessabile di loro stessi. Il principe di Danimarca si divide disperatamente tra l'amore per Ofelia e l'attaccamento morboso alla madre fedifraga. Costei, ingorda e volgare, ha tradito il sovrano consorte (nonché padre di Amleto), si è resa complice del suo avvelenamento e ne ha sposato il fratello assassino.
Ansiogena e terribile la descrizione del legame asfissiante madre-figlio. Un sentimento che non lascia scampo, né libertà. Amleto è incapace di amare Ofelia in maniera sana e così la maltratta, la percuote, la domina fino a distruggerla poco a poco: dopo averla indotta alla follia, assiste inerte al suo suicidio.
La morte della fanciulla è forse il momento culmine del dramma allestito dalla Piccola Compagnia della Magnolia. Sulle note di Rita Pavone (La partita di pallone) e dei Portishead (Glory Box), il cui contrasto dà al delirio un suono assordante, Ofelia beve compulsiva dalle bottiglie d'acqua rotolanti sul palcoscenico, fino a ingozzarsi e annegare. La tensione emotiva è alle stelle.
Alla fine, anche Amleto soccombe allo squallore del dramma familiare, mentre sua madre continua ad abbuffarsi (essendo essa stessa fagocitata dalla mostruosità). Il grido lanciato da Mia Martini in Almeno Tu nell'Universo pone fine a una straziante e schizoide epopea.
Davide Giglio, Giorgia Cerruti e Federica Carra scuotono il pubblico con una performance totalizzante, che non conosce risparmio. Voci e gesti che sanno raccontare la violenza, la vergogna e il male.

Giovanni Luca Montanino

Ultima modifica il Martedì, 19 Aprile 2016 11:38

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