radiodramma per attore solo e vocoder
Produzione Masca in Langa in collaborazione con Fondazione Luzzati-Teatro della Tosse
di e con Edoardo Ribatto
fotoracconto Elisabetta Torre
elementi scenici Silvano Galifi
suoni ambientali Giuseppe Marzoli
luci Alessandro Bigatti
assistente alla regia Sofia Sironi
ideazione regia Edoardo Ribatto
Genova, Teatro della Tosse, 18 ottobre 2013
Russia 1963. Il socialismo realista sovietico è in piena caccia alle streghe. Politici, intellettuali, artisti vivono ogni giorno nel terrore di finire dietro le sbarre o nei campi di lavoro in Siberia.
La psicosi che attanaglia la società civile si manifesta nell'alternanza schizofrenica di due sentimenti opposti e complementari: il desiderio di rivoluzione e di protesta al regime e la paura della condanna.
Yuri Markus Daniel è uno scrittore che si consuma tra l'obbligo morale di resistere e combattere e la tentazione di rendersi invisibile. Mentre i suoi colleghi intorno a lui vengono arrestati e deportati, Yuri decide che non può più vivere con il senso di colpa del sopravvissuto. Ha inizio così il suo cammino verso l'espiazione. Come? Nell'unico modo che conosce: scrivendo storie sotto pseudonimo da far passare oltre la frontiera perché possano essere pubblicate in Francia e rese note alla comunità internazionale. È così che nasce Viktor, il suo alter ego sulla carta e antidoto per affrancarsi dalla sudditanza al regime.
Edoardo Ribatto porta in scena la storia di Yuri nella forma di un radiodramma. Tre microfoni con asta e vocoder diventano le maschere che l'attore utilizza per raccontare i personaggi della storia: Yuri/Viktor, la fidanzata, l'amico professore, l'antagonista che gli infligge la condanna di delazione.
La generosa interpretazione di Ribatto si innesta sulla partitura sonora della messinscena: microfoni, radio e telefono si accordano per produrre una sinfonia di tensione, disperazione, rivalsa. I fasci di luce tagliano violenti l'oscurità della scena attribuendole una nota espressionista.
Difficile invece interpretare il fotoracconto, a cura di Elisabetta Torre, che scorre su un schermo a lato della postazione "radiofonica" dell'attore: la sensazione è che le immagini risultino ridondanti e poco coese con il resto della narrazione.
Nel complesso Io sono il proiettile è uno spettacolo che ha il merito di portare in scena una storia vecchia di cinquant'anni che procura i brividi se rapportata alla realtà russa di oggi, in cui l'orrore delle purghe staliniste rivive non sono nei ricordi dei cittadini di allora, ma nella quotidianità di giornalisti assassinati e dissidenti incarcerati: la strada per la libertà è lunga e corre ancora su quel treno che porta Viktor e la sua storia oltre il confine.
Marianna Norese