(o della tragica istoria di Amleto Pirobutirro)
da Carlo Emilio Gadda e William Shakespeare
un'idea di Fabrizio Gifuni
con Fabrizio Gifuni
regia Giuseppe Bertolucci, disegno luci Cesare Accetta
produzione Fabrizio Gifuni
in collaborazione con Teatro delle Briciole Solares Fondazione delle Arti
Milano, Teatro Franco Parenti, dal 14 al 24 gennaio 2010
Teatro Metastasio, Prato, dal 29 novembre al 2 dicembre 2012
Un grande attore alle prese con Gadda
Buio, una sedia in mezzo al palco vuoto, un uomo entra in scena e fa il suo lungo monologo. Riempie la scena con un'energia talmente forte, che riesce a sostenere lo spettacolo senza mai allentare. Solo un "animale da palcoscenico" può avere questa capacità e il premio Ubu (2010) Fabrizio Gifuni ce l'ha. Si muove con disinvoltura e precisione. Un salto, l'attorcigliarsi al proprio corpo sono movimenti sicuramente estetici, ma con un preciso significato. Segnano il passaggio da una situazione all'altra (aiutato anche dall'uso delle luci, più o meno forti e posizionate in punti strategici diversi), da uno stato ad un altro, da un personaggio all'altro. Perché Gifuni interpreta più ruoli, dalle voci più disparate, segnate da un forte accento fiorentino o dalla snob erre moscia. La capacità vocale dell'attore è sorprendente, sia nei toni che nell'espressività.
Lo spettacolo è diviso in due parti e la sensazione che ci crea questa spartizione è che alla prima parte manchi il brio della seconda, mentre a questa manchi la serietà della prima, ma l'impressione generale non può che essere positiva. Inizialmente il racconto ha come protagonista l'ingegner Gonzalo Pirobutirro d'Eltino (da qui il sottotitolo) di Gadda: un uomo dallo strano rapporto con la madre e tormentato dalla morte del fratello in guerra. Parallelamente, prendono vita le pagine del diario dello stesso autore milanese - tratte da Giornale di guerra e prigionia - affiancate da echi shakespeariani. C'è follia e tragicità nelle parole di Gifuni, ma lasciano intravedere una leggera ironia. Ironia che esplode in modo grottesco nella parte dedicata ad Eros e Priapo: da furore a cenere sempre di Gadda, in cui il potere di Benito Mussolini viene paragonato a quello della divinità fallica. La messa in scena, infine, si conclude in uno show in cui l'attore in proscenio si rivolge direttamente al suo pubblico. Parla del ruolo dell'istrione e di quello, non meno importante, dello spettatore. Fa citazioni volgari, a volte banali, di cui non ci si spiega il motivo, finché non si inizia a capire che questo finale cabarettistico è volontariamente assurdo: Gifuni sta mettendo alla prova il suo pubblico, che ride, ma forse non sa neanche perché.
Sara Bonci
Quattro anni dopo 'Na specie di cadavere lunghissimo, spettacolo che, a partire dai testi di Pasolini e Somalvico, poneva le basi di una riflessione teatrale sulla trasformazione del nostro paese negli ultimi quarant'anni, Fabrizio Gifuni torna a frequentare il teatro con L'ingegner Gadda va alla guerra, un monologo di rara intensità che – se ce n'era bisogno – conferma le doti eccelse di attore e drammaturgo di se stesso di Fabrizio Gifuni che affida al teatro la sua voglia di essere carne e spirito al di là dello schermo cinematografico e televisivo. La regia come nel precedente monologo è affidata alla mano di Giuseppe Bertolucci. Utilizzando i Diari di guerra e di prigionia di Carlo Emilio Gadda e l'esilarante Eros e Priapo, Fabrizio Gifuni costruisce una drammaturgia perfetta che attraverso il corpo voce racconta del Paese, racconta di Carlo Emilio Gadda in servizio nella Prima Guerra Mondiale, alla guida di un manipolo di soldati che assomiglia per povertà di mezzi e inesperienza a un'armata allo sbando... Fabrizio Gifuni intervalla i testi gaddiani con citazioni dall'Amleto, un'interpolazione shakespeariana che dà prospettiva mitica ad un racconto che lascia senza fiato e diverte, soprattutto per le doti dell'interprete. Fabrizio Gifuni è possente sulla scena, è parola incarnata, suda, sputa, vive e soffre intensamente con unico oggetto in scena, una sedia. I diari di Gadda raccontano di un Paese allo sbando, di un Paese irresponsabile. Tutto ciò vive nello sguardo e sulla pagina scritta di un intellettuale che non nasconde lo stupore per tanta improvvisazione maldestra e si sente involontariamente complice di quella che appare una deriva eroica piccolo-borghese, una guerra di straccioni e di sofferenze, una guerra combattuta per un paese ancora tutto da inventare. La cronaca dei diari di Gadda fa da apripista alla fantasmagorica allegoria del potere e del sesso di Eros e Priapo, una feroce satira del machismo fascista, un ritratto esilarante delle doti amatorie del Duce e di una dittatura fatta di gesti plateali, di inganni consapevoli, di miti da varietà...Fabrizio Gifuni trasforma Eros e Priapo in una partitura teatrale di assoluta godibilità, scioglie la lingua di Gadda, ne evidenzia la matericità, ne esalta il respiro e con fare satiresco racconta più dell'oggi che del Ventennio e instilla nello spettatore che quel seduttore di donne che arrigna alla folla sia più vicino a noi di quanto non sembri. Assistendo a Gadda va alla guerra si finisce col provare un senso di disarmante angoscia per la tragedia della nullità che sta attraversando il Paese. Le parole di Gadda sono profetiche, Fabrizio Gifuni è allora un satiro, un cantore della nostra follia, della deriva di un Paese e di un popolo, è punglo della coscienza, ma soprattutto è un attore sublime che sa trasformarsi, sa essere strumento di carne e sudore per il pensiero agito in scena. Indimenticabile.
Nicola Arrigoni
Ricordate i tempi in cui s' invocava un teatro necessario? Proprio a questa istanza politica e civile si rifà il lavoro svolto da Fabrizio Gifuni con l' assistenza scenica di Giuseppe Bertolucci da ' na specie de cadavere lunghissimo, dedicato alla morte di Pasolini sei anni fa, a L' ingegner Gadda va alla guerra, in scena oggi con un successo strepitoso. E' uno straordinario assolo in cui con una mostruosa ricchezza di intonazioni e una partecipazione da far venire la pelle d' oca, Gifuni rivive gli inizi e la fine della vita di Gadda, dalla sua giovanile campagna militare nella guerra del ' 15-' 18, sboccando maturo alla Cognizione del dolore, all' assurdo finale della farsa fascista a Roma, solcando le pagine di Eros e Priapo, in una serata emozionante di smarrimento e presa di coscienza.
Franco Quadri
Scriveva Carlo Emilio Gadda che l' autore deve avere lo spietato coraggio «di annusare la propria personalità storico-teoretica e di non sostituirvi delle falsità: quello che vorremmo che fosse, ma non è». E nell' intenso, folgorante L' ingegner Gadda va alla guerra (o della tragica istoria di Amleto Pirobutirro) da un' idea di Fabrizio Gifuni, anche magnifico interprete con la regia intelligente di Giuseppe Bertolucci - nella prima parte, quella che restituisce i «Diari di guerra e di prigionia» - si assiste a una straordinaria introspezione di Gadda soldato, a un ritratto che mette a nudo il suo sentire, il suo essere nella guerra. Un' analisi restituita in magnifica prosa con una misteriosa naturalezza orale che sgomenta per profondità, che accende immaginazione e ragione. Amleto si fonde con Pirobutirro, protagonista della «Cognizione del dolore», la tragedia dell' assoluto diventa specchio della necessità morale «dell' azione, che sola può riscattare il nostro destino e motivarlo di fronte alla vergogna e alla colpa». Uno sguardo che rimane lucido e che si scaglia contro il potere che specula e si arricchisce sui morti mandati al macello. E si completa nella seconda parte, tratta da Eros e Priapo, analisi irresistibile sulla psicopatologia erotica del dittatore Mussolini e di ogni dittatore. Solo in scena con una sedia e un gessetto a tracciare un immaginifico percorso, Fabrizio Gifuni è strepitoso, restituisce appieno lo spessore, il tormento, il «corpo» della scrittura gaddiana, rendendola più immediatamente vicina, non c' è frase in cui il «proprio» dell' espressività di Gadda, quell' incessante, irresistibile guizzare della sintassi e del lessico verso il basso o verso l' alto alla ricerca di un «di più» di forma e di senso, non sia valorizzato da Gifuni in una bella e coinvolgente prova d' attore.
Magda Poli
Si avverte subito, già dal momento in cui l'attore appare e dalla sua bocca escono le prime parole che non sono quelle dell'' ingegnere' ma sono rubate ad Amleto, un nevrotico Amleto la cui figura fa da filigrana, che sarà una serata fortemente adrenalinica, pronta a lasciare un segno forte. Fabrizio Gifuni è solo in scena, e lo spazio, quello della piccola sala del Franco Parenti ( da cui parte la sua nuova sfida), si anima di azioni che, insieme alla sua voce chiara, dura, piegata su tutti i toni, saranno a raccontare il suo corpo e il suo viso condotto a una mimica estrema. Ha Gifuni lasciato Pasolini per incrociare un altro grande intellettuale che ha marcato il destino della nostra letteratura con il suo humour travolgente e la sua rara intelligenza. Ed ecco questo L'ingegner Gadda va alla guerra in cui si saldano insieme due testi che sono un'analisi spietata di certa nostra Italia, la parte peggiore: i dolenti diari di guerra e di prigionia e quella grande invettiva pubblica che è Eros e Priapo , l'opera con cui, il ' Gaddus', diede sfogo ( lo sfogo di un uomo ' malato di dolore e di bile') agli sdegni e ai rancori suscitati dal tragico Ventennio. C' è grande contrasto di stile tra i due lavori . Asciutto e straziante il primo, barbaro e barocco il secondo, ma Gifuni, benissimo aiutato dalla regia di Giuseppe Bertolucci, raccorda alla perfezione. Usa l'ironia tagliente per raccontare dalle trincee « la bestialità monotona dei commilitoni » ; la rabbia feroce verso i profittatori di guerra. Ma s'affaccia anche la commozione quando parla di chi rischia la vita o la perde per dar sepoltura a un compagno. Ancora, con lucidità ci riferisce della prigionia subita e con sgomento della morte del fratello Enrico. Poi il grottesco divampa quando attacca Eros e Priapo dove la scrittura di Gadda ha ormai assunto ben altra, magnifica e sperimentale, dimensione. È straordinario Fabrizio Gifuni. Mette in atto tutte le sue capacità istrioniche e il pubblico lo premia con un'ovazione.
Domenico Rigotti