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ICARO CADUTO - regia Enrico Messina

Gaetano Colella in "Icaro Caduto", regia Enrico Messina. Foto Angelo Maggio Gaetano Colella in "Icaro Caduto", regia Enrico Messina. Foto Angelo Maggio

di e con Gaetano Colella
regia Enrico Messina
costume Lisa Serio
disegno luci Loredana Oddone
cura del suono Raffaele Bassetti
datore luci e audio Francesco Dignitoso
distribuzione e organizzazione Mary Salvatore

produzione Armamaxa teatro / Paginebianche teatro

foto Angelo Maggio
Ricrii 16, Tip Teatro Lamezia Terme (CZ), 28 dicembre 2018

www.Sipario.it, 3 gennaio 2019

Compiere "il volo di Icaro" vuol dire sopravvalutare imprudentemente le proprie capacità, non riconoscere i propri limiti: e ci si chiede a volte se può un mito essere così attuale e quindi nascondere anche altre letture ancora più profonde. Lo spettacolo di e con Gaetano Colella parte proprio da cinque costellazioni simboliche, ed è una guida importante per scoprire ed assaporare il valore dei miti della nostra età classica.
L'opera parte dal principio, con il Minotauro (destino e desiderio): figura di duplice natura -uomo e animale- che pur non appartenendo direttamente al racconto ha un ruolo importante nello svolgersi degli eventi.
Dedalo è lì per lui, per costruire il labirinto dove poi verrà rinchiuso con il figlio Icaro: ed ecco il primo snodo importante, la prima metafora importante per entrare nel significante dell'opera, il Labirinto. Che è il luogo dove vengono rinchiusi i drammi, le difficoltà e dove ombre e luce convivono tra illusioni e inganni; ma anche dove Dedalo ha due soluzioni, per scegliere tra oscurità per sempre o via d'uscita. Ma essendo lui stesso artefice della perfezione non trova la via d'uscita e quindi decide di sfuggire costruendo un paio d'ali. Dopo il Labirinto, quindi, le Ali.
Spesso simbolo di libertà, e in questo simbolo di un radicale cambio di prospettiva, allontanandosi verso l'alto per vedere meglio l'inganno (costituito dal labirinto) e vedere la totalità.
Come già detto la "caduta di Icaro" e il suo conseguente perdersi nell'abisso rappresentano l'illimitatezza, perché in questo modo Icaro sfida il Dio Sole facendo sì che le sue ali si sciolgano e che lui venga accolto dall'abisso della realtà, operando implicitamente una distinzione tra Dio – uomo – e animale.
Colella con il suo Icaro Caduto mostra allo spettatore le varie carte che offrono la storia e il mito (il Labirinto, le Ali, il Mostro inteso come monstrum) per poi sparigliarle e declinarle in maniera inaspettata e delicatissima in un doloroso rapporto genitoriale. La sua caduta porta felicità ad una famiglia che lo cura, lo accudisce, ma allo stesso tempo Icaro diventa l'angelo caduto, un freak, un fenomeno da baraccone e anche un Dio da adorare e al quale chiedere grazia. Al suo risveglio non ha memoria di sè: ma quando sentirà il suo nome pronunciato insieme a quello del padre si accenderà come un faro facendo venir fuori l'odio verso un uomo che lo ha sempre trascurato pensando solo ai numeri e al successo. E' così che alla ricerca del padre Dedalo compie una ricerca di se stesso (conosci te stesso, per dirla con Socrate) che lo porterà alla ricongiunzione con la figura paterna, alla ricerca dell'amore, alla ricerca del proprio IO perso nel tempo dentro quel labirinto. Alla ricongiunzione con la sua vera identità.
Gaetano Colella si impadronisce della materia rendendo il mito vivo e pulsante, mentre con intelligenza sottile e lucida ricollega Icaro ad Edipo e al suo complesso. Riprendendo anche le teorie freudiane: nelle quali il figlio fa del proprio padre un oggetto di ammirazione e benevolenza, creando una duplicità emotiva. Se da una parte Dedalo è una risposta al bisogno del bambino di riferirsi ad una figura genitoriale in grado di assicurargli protezione (il Labirinto), dall'altra questo investimento emotivo risulta (dis)funzionale alla compensazione di una spinta pulsionale di segno opposto, dominata da sentimenti di rivalità (combattendo per l'amore della madre) e odio (per averlo abbandonato, fisicamente e psicologicamente). Allo stesso modo il suo protagonista, per poter finalmente ritrovare sé stesso e capire fino in fondo la sua identità ha bisogno di "uccidere" il padre Dedalo: e dopo aver avuto un forte legame emotivo con la madre fin da bambino sente forte la pulsione di ritrovare il padre rivale per sopraffarlo e finalmente mettersi faccia a faccia con tutto quanto di sé non accetta, in un finale raffinato e vibrante, immerso in migliaia di ali che travolgono lo spettatore con una sofferenza così dolce e sentita da toccare l'anima.
Inoltre, la scrittura è brillante: nonostante lo stesso Icaro parli per esametri, Icaro Caduto è incredibilmente scorrevole e fluido, anche grazie a insert comici nei quali lo stesso Colella gioca con dialetti e lingue, assuefacendoli al suo corpo e legandoli alla sua gestualità e alla sua imponente fisicità da centurione.
Un gigante che alla fine torna piccolo per amore.

Valentina Arichetta

Ultima modifica il Venerdì, 04 Gennaio 2019 06:50

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