venerdì, 16 maggio, 2025
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FEROCIA (LA) - regia Michele Altamura, Gabriele Paolocà

"La Ferocia", regia Michele Altamura, Gabriele Paolocà. Foto Francesco Capitani "La Ferocia", regia Michele Altamura, Gabriele Paolocà. Foto Francesco Capitani

dal romanzo di Nicola Lagioia
ideazione di vicoquartomazzini
regia di Michele Altamura
Gabriele Paolocà
adattamento di Linda Dalisi
con Michele Altamura, Leonardo Capuano, Gaetano Colella, Enrico Casale,
Francesca Mazza, Marco Morellini, Gabriele Paolocà, Andrea Volpetti
scenografie di Daniele Spanò, disegno luci di Giulia Pastore
musiche di  Pino Basile, costumi di  Lilian Indraccolo
produzione Vicoquartomazzini. SCARTI Centro di Produzione Teatrale d’Innovazione / Elsinor Centro di Produzione Teatrale,
LAC Lugano Arte e Cultura / Romaeuropa Festival / Tric Teatri di Bari / Teatro Nazionale Genova
al teatro Ponchielli, Cremona, 15 aprile 2025

www.Sipario.it, 17 aprile 2025

La ferocia di VicoQuartoMazzini – tratto dall’omonimo romanzo di Nicola Lagioia - è uno spettacolo che funziona, caratterizzato da una cura scenica elegante, precisa, corretta, forse fin troppo. Detto questo, La ferocia – spettacolo carico di Ubu, l’oscar del teatro di cui chi scrive è complice – ha portato una compagnia indipendente come VicoQuartoMazzini a confrontarsi con una produzione importante, complessa, ambiziosa che ha debuttato a RomaEuropa l’anno scorso. Perché fornire queste coordinate? Perché La ferocia vive di testo – quello di Lagioia -, ma soprattutto di contesto, la voglia di Michele Altamura e Gabriele Paolocà di confrontarsi con la semantica del teatro di rappresentazione, pur non rinunciando all’astrazione del pensiero. Così la vicenda della famiglia di imprenditori edili Salvemini assomiglia a una sorta di saga tragica in cui a travolgere tutto e tutti è il peccato di ubris, l’aver oltrepassato il limite. La morte di Clara, il suo suicidio – protagonista evocata e motore primo della storia – sono negli sguardi, nei racconti del padre Vittorio (Leonardo Capuano), in quello della madre (Francesca Mazza), dei fratelli Ruggero (Michele Altamura) e Michele (Gabriele Paolocà) che nella sua fragilità contribuisce a far crollare il castello di silenzi, fino all’agnizione finale che ci dice di Clara vittima di un gioco erotico con i complici in affari del padre e rivela il segreto che sta nascosto sotto il villaggio turistico in costruzione: l’occultamento di rifiuti speciali. Che cos’è ferocia – nella riscrittura della drammaturga di Linda Dalisi – se non un puzzle in cui le tessere vengono giustapposte l’una accanto all’altra con scostamenti temporali non sempre chiarissimi che rischiano di far perdere il bandolo della matassa a chi non ha letto il libro. I piani narrativi sono – semplificando – due: uno familiare, relazionale, intimo, l’altro sociale e politico. La mancanza di misura e un senso di impunità pervadono questa sorta di tragedia greca che vuole essere narrativa e simbolica al tempo stesso. Lo spazio è uno spazio domestico in cui lo spostare grandi fusti arborei è un richiamo alle origini rurali della Puglia, ma anche una sorta di marca temporale. Tutto è costruito dalle luci di Giulia Pastore e dalle scene di Daniele Spanò con precisione millimetrica e come in ogni grande dramma epico che si rispetti anche La ferocia ha il suo aedo (Gaetano Colella), il giornalista radiofonico che commenta, raccorda quello che accade fino alla morale finale che chiama in causa le leggi di natura che morale non hanno. Tutto questo sulla scena ha la correttezza e la pulizia cesellata di un lavoro molto pensato e molto cetrato su di sé che mostra dei fatti, offre un racconto cronachistico della corruzione di un sistema economico che si riflette sulle relazioni familiari. Tutto è sacrificato al guadagno, al potere, l’unica regola è quella del capitale. Non c’è altro senso e non c’è morale, il profitto non sopporta alcuna etica. Si dirà di più. La ferocia nel suo essere così pulita e essenziale rispecchia la lingua di Lagioia, una lingua che è puro artificio, che è costruzione elevata all’ennesima potenza, stiloso sfoggio di abilità verbale. Ecco l’ideazione scenica di VicoQuartoMazzini assolve nel compito di trasformare in immagine il sapore dello stile impeccabile e algido di Lagioia. Per questo si dice che La ferocia è uno spettacolo che funziona, con un cast di attori che sanno stare al loro posto, che eseguono con la giusta e corretta intensità il loro controllatissimo stare e dire in scena. Oltre agli attori già citati, Enrico Casale, Adriano Volpetti e Marco Morellini sono impeccabili, sono teoretici nel fare e incarnare i loro ruoli. Scena e attori, le impeccabili musiche di Pino Basile sono parti di un tutto che non può che vivere nella sua compattezza. Francesca Mazza – premio Ubu come migliore attrice – regala un monologo di potenza inaudita e assume su di sé una parte di controllatissimo dolore e non meno trattenuta rabbia di donna oltraggiata da un marito immorale, animalesco, un Leonardo Capuano che a tratti incarna l’insostenibile leggerezza della più cieca spregiudicatezza. 

Nicola Arrigoni

Ultima modifica il Domenica, 20 Aprile 2025 05:15

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