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FERITO A MORTE - regia Roberto Andò

"Ferito a morte", regia Roberto Andò. Foto Lia Pasqualino "Ferito a morte", regia Roberto Andò. Foto Lia Pasqualino

di Raffaele La Capria
Adattamento: Emanuele Trevi
Regia Roberto Andò
Interpreti: Andrea Renzi (Massimo adulto), Paolo Cresta (Gaetano), Giovanni Ludeno (Ninì), Gea Martire (Signora De Luca),
Paolo Mazzarelli (Sasà), Aurora Quattrocchi (Nonna), Marcello Romolo (Zio Umberto), Matteo Cecchi (Cocò),
Clio Cipolletta (Assunta/Mariella), Giancarlo Cosentino (Signor De Luca), Antonio Elia (Glauco),
Rebecca Furfaro (Betty), Lorenzo Parrotto (Guidino), Vincenzo Pasquariello (Cameriere),
Sabatino Trombetta (Massimo giovane), Laure Valentinelli (Carla)
La voce di Roger in inglese è di Tim Daish
Scene e luci: Gianni Carluccio. Costumi: Daniela Cernigliaro
Video: Luca Scarzella. Suono: Hubert Westkemper
Coreografie: Luna Cenere. Aiuto regia: Luca Bargagna
Assistente alle scene: Sebastiana Di Gesù
Assistente ai costumi: Pina Sorrentino
Foto di scena: Lia Pasqualino
Produzione: Teatro di Napoli – Teatro Nazionale, Fondazione Campania dei Festival, Emilia Romagna Teatro ERT / Teatro Nazionale, Teatro Stabile di Torino – Teatro Nazionale
Teatro Mercadante dal 19 al 30 ottobre 2022

www.Sipario.it, 22 ottobre 2022

Quando si apre il sipario del Mercadante l’immagine del mare in movimento ti assale ti prende ti abbraccia. Non sei tu ad essere Ferito a morte ma la Napoli di Raffaele La Capria, raccontata come pochi l’hanno fatto, restituita adesso intatta da Roberto Andò e Emanuele Trevi, che avranno avuto un bel daffare nel rendere visibile le varie location del romanzo. Tanto da apparire la scena di Gianni Carluccio un po’ incasinata con quella balconata di Palazzo Medina che divide il piano inferiore da quello superiore, riflettente a sua volta la risacca del mare e le sdraio d’uno stabilimento balneare, mentre a lato del proscenio staziona la figura adulta di Massimo De Luca (Andrea Renzi), certamente lo stesso La Capria, che in forma metateatrale rievoca i suoi anni giovanili, prima d’andare a lavorare a Roma. Pochi scrittori hanno cantato il mare come La Capria, forse solo Melville, Conrad e Hemingway, e dipinto una spigola come ha fatto lui, magari dopo essere riaffiorato dalle acque di Posillipo e averne infilzata una di dieci chili con un fucile da sub. E dunque mentre Massimo rievoca il tempo passato, la scena si anima con la presenza della madre ciarlona (Gea Martire) e di Assunta (Clio Cipolletta) al suo servizio, e sul piano della veranda amici e amiche ballano o giocano, alcune come Betty (Rebecca Furfaro) e Carla (Laure Valentinelli) facendo roteare l’hula hoop attorno al bacino, ad un tratto zampettando al-ralenti come in un sogno, somigliando, per via dei loro costumi color pastello (quelli di Daniela Cernigliaro), a dei dipinti di Guttuso. Non era facile trasporre i dieci capitoli del romanzo in uno spettacolo teatrale. Alcuni in passato l’hanno fatto con risultati deludenti, qualche altro ne ha fatto un film che non resterà nelle antologie, accostando i personaggi a quei vitelloni felliniani, gli stessi che qui, nella messinscena di Andò, appaiono più aderenti a quelli tratteggiati da La Capria, distanti da quelli descritti da Eduardo sempre lì pronti a trovare un escamotage per tirare a campare, piuttosto appartenenti ad una media borghesia senza problemi finanziari, in grado in una sola notte di dilapidare i loro averi durante una partita di poker o di chemin-de-fer. É uno spettacolo polifonico questo di Andò, in sintonia col romanzo di La Capria in cui pare ci sia solo una stagione: l’estate. Alla ricerca tutti d’una bella giornata che possa far stendere i loro corpi su una sdraio, senza dialogare con gli altri, parlando solo a sé stessi, alla loro vanitas che afferra un pezzo di mondo. Per alcuni aspetti lo spettacolo al pari del testo di La Capria, può sembrare un romanzo di formazione, incentrato su un giovane scontento della vita che conduce, sempre pronto ad andare via una volta laureatosi, trovare lavoro altrove, accorgersi poi quando ritornerà in vacanza nella propria città che non è cambiato quasi nulla. Sasà (Paolo Mazzarelli) dongiovanneggia tra Capri, Ischia e Positano, vivendo di espedienti, magari trafugando un diamante di dieci carati, fingendo d’averlo trovato in spiaggia per restituirlo poi alla legittima proprietaria, la riccastra Lady Turner, che per ricompensarlo lo inviterà a passare un mese sul suo yacht che veleggerà verso la Grecia. L’intellettuale di sinistra, Gaetano (Paolo Cresta), scrive su alcuni giornali di Milano diventandone poi redattore capo. Il fratello di Massimo, Ninì (Giovanni Ludeno), fa apparire divertente una vita che in realtà è noiosa. Guidino (Lorenzo Parrotto) continua a giocare a carte in vari Circoli privati e prova pure a fare comparsate in alcuni film. Glauco (Antonio Elia) dopo aver raggranellato pochi soldi in Venezuela è ritornato a Napoli e s’è comprato un motoscafo simile a quelli che in cinque minuti fanno il giro di Capri. Cocò (Matteo Cecchi), soprannominato pesce pilota, non ha perso il vizietto di andare a donne, mentre lui Massimo adulto vedrà il suo Massimo giovane (Sabatino Trombetta) alle prese con la bionda Carla (la stessa Valentinelli), “amata e perduta, mai veramente avuta, fatale, fatata, fatua”. Accanto a questo gruppo di giovani un po’ cinici e disincantati, c’è il gruppo degli anziani che Andò raggruppa tutti intorno a dei singoli tavoli nell’atto di cenare o pranzare, capitanato oltre che dai genitori di Massimo, (Giancarlo Cosentino e la stessa Martire), anche dalla nonna di Aurora Quattrocchi che nella sua breve apparizione si fa notare quando rinvanga i suoi antichi amori o danza e canticchia al ritmo d’un minuetto, senza tralasciare lo zio Umberto di Marcello Romolo che accompagna qualunque argomento finale di chi gli sta accanto con un “bravo-bravo-bravo”. É una Napoli, quella di La Capria - diversa da quella di Anna Maria Ortese, immaginata come una discesa agli Inferi, regno di tenebre e ombre - che ti ferisce a morte o ti addormenta, e chi vive in questa Foresta Vergine spera sempre nel miracolo (ancora non era arrivato Maradona), sempre nell’attesa di un fatto straordinario tale da mutare in un fiat la sua condizione. Il Circolo Nautico, il Circolo tout court diventa la specola da cui osservare l’odiata classe media, un luogo in cui si dorme e si ozia dove cooperano fino alla morte tutti gli appartenenti alla cosiddetta classe dirigente o digerente come diceva La Capria. Uno spettacolo-affresco di 120 minuti che si chiudeva con l’immagine del mare di Napoli, diventato più impetuoso, non uno tsunami, salutato alla fine con lunghissimi applausi.

Gigi Giacobbe

Ultima modifica il Lunedì, 24 Ottobre 2022 09:11

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