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EL BRAMIDO DE DÜSSELDORF - regia Sergio Blanco

"El Bramido de Düsseldorf", regia Sergio Blanco "El Bramido de Düsseldorf", regia Sergio Blanco

testo e regia Sergio Blanco,
perfomers Gustavo Saffores, Walter Rey e Soledad Frugone,
video art Miguel Grompone,
allestimento, costumi e luci Laura Leifert e Sebastián Marrero,
design del suono Fernando Tato Castro,
preparazione vocale Sara Sabah,
preparazione al basso Nicolás Román,
comunicazione e stampa  Valeria Piana, immagine di copertina Rubén Lartigue
graphic design Augusto Giovanetti, fotografia Narí Aharonián,
assistente alla regia Juan Martín Scabino, assistente alla produzione Danila Mazzarelli,
produzione e distribuzione Matilde López Espasandín,
al Teatro Storchi, Modena, 1 marzo 2019, Vie Festival

www.Sipario.it, 2 marzo 2019

Che cosa ha a che fare Bambi con il Messiah di Händel? L'omicida seriale Peter Kürten con i film porno? Eppure tutto torna, tutto si incastra perfettamente in El Bramido de Düsseldorf di Sergio Blanco. Gli attori Gustavo Saffores, Walter Rey e Soledad Frugone attendono gli spettatori entrare sulle note di Nature one di Robin Schultz: Walter Rey balla in maniera un po' impacciata, Gustavo Saffores imbraccia un basso e Soledad Frugone è la vocalist. E' come se gli attori stessero lì nella loro naturalezza, in attesa di cominciare e in quell'attesa c'è forse il gioco de El Bramido de Düsseldorf di Sergio Blanco in cui nulla è come appare, in cui la possibilità della finzione e della self-fiction anima i tre blocchi di racconto, un racconto che procede per ricostruzione di fatti, in un avanzare e retrocedere del tempo e dell'azione.
Perché l'autore teatrale (Gustavo Saffores) che altro non è che lo stesso drammaturgo Sergio Blanco è a Düsseldorf? Qualunque sia la motivazione, la ragione della sua presenza nella città tedesca è messa in crisi dalla morte del padre (Walter Rey), ricoverato all'ospedale di Düsseldorf per un attacco di cuore che gli sarà fatale. Questo è il fatto detonante che porta lo scrittore a raccontarsi, pungolato dal padre. Le motivazioni? Il drammaturgo finge di dover presentare un testo teatrale, ed invece è in procinto di firmare la sceneggiatura di un film porno dal titolo L'ira di Narciso che neppure a farlo apposta è un testo dello stesso Blanco. O ancora è stato invitato a partecipare alla mostra dedicata all'omicida e vampiro seriale Peter Kürten, il mostro di Düsseldorf. O ancora deve portare avanti una conversione all'ebraismo e incontrare il rabbino.
Le tre storie s'intrecciano e allora il pianto di Bambi e la morte del padre del cerbiatto disneyano richiamano l'olocausto, ma al tempo stesso il numero tatuato sul braccio del rabbino è il medesimo del conto corrente del padre del drammaturgo. O ancora il vampirismo di Peter Kürten sembra rievocare la fame di vita del drammaturgo, vampirismo che porta un suo lettore a suicidarsi. La madre del ragazzo morto chiede all'autore, ricoverato in clinica per disintossicarsi, di non dedicare la sua pièce al figlio, e un istante dopo compare la dedica del testo al ragazzo.
Intrecci e storie che di volta in volta vengono smentite, storie biografiche. El Bramido de Düsseldorf di Sergio Blanco gioca sul verosimile e l'inverosimile. Tutto può essere credibile e al tempo stesso quando si crede di aver trovato un bandolo della matassa narrativa arriva lo spiazzamento, nutrito dalla consapevolezza della finzione. Nello spazio bianco e asettico della scena di Laura Liefert e Sebastiàn Marrero tutto accade con grande fluidità, con un raccontare a tratti verboso che accumula storie su storie, che snoda le vicende in un continuo ritornare al cuore dell'azione, o meglio al momento che ha dato il via al racconto autobiografico: l'agonia e la morte del padre... il padre di Bambi e Bambi è anche l'autore teatrale, Bambi sono gli adolescenti di cui Peter Kürten fa strage e al tempo stesso il mostro di Düsseldorf, in un fotogramma dal film di Fritz Lang, denuncia un'incoscienza del suo agire violento. E che questa incoscienza sia la stessa anestesia della coscienza della Germania dei lager?
Ipotesi di un lavoro che si apre con una captatio in cui si denunciano consapevolezza e volontà di dare vita ad una self-fiction, ovvero a un racconto di sé falso, inventato e proprio per questo vero – in scena Sergio Blanco mette sè stesso – e gli attori si presentano non a caso con nome e cognome, dichiarando la loro identità e il loro essere tramiti di un racconto che non è il loro. Il corpo centrale è diviso in cinque bramiti, il pianto del cervo morente che si rotola nei fiori per far perdere il proprio odore e tracce e per morire da solo: non è un caso che il padre del drammaturgo muoia solo nella camera di ospedale e l'annuncio venga dato al figlio dall'infermiera. La chiusura è affidata ad un epilogo in cui l'autore è ricoverato a sua volta e la madre del ragazzo suicidatosi a causa sua chiede di sapere e di capire...
In tutto questo ogni elemento della storia si richiama, gli intrecci narrativi e i piani temporali danno vita ad una costruzione orizzontale che si spiega nella scena bianca, puntellata di elementi funzionali, foglio bianco su cui costruire la mappa di quella autobiografia (vera?) che incastra le mille possibilità della vita di un autore teatrale. El Bramido de Düsseldorf di Sergio Blanco è un lavoro complesso eppure lineare nella sua architettura prismatica, è uno spaccato dell'indefinibile realtà in cui lo spettatore è chiamato a riflettersi, sballottato fra essere e apparire, racconto e vita, verità e finzione. Bravi, veri, in pieno ritmo gli attori che sono, non recitano, vivono sulla scena la vertigine della finzione e delle mille possibilità del raccontare.

Nicola Arrigoni

Ultima modifica il Domenica, 03 Marzo 2019 09:51

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