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DE RIVOLUTIONIBUS, SULLA MISERIA DEL GENERE UMANO - regia Cristiana Minasi e Giuseppe Carullo

"De Rivolutionibus - Sulla miseria del genere umano", regia Cristiana Minasi e Giuseppe Carullo "De Rivolutionibus - Sulla miseria del genere umano", regia Cristiana Minasi e Giuseppe Carullo

Dalle "Operette Morali" di Giacomo Leopardi
diretto e interpretato da Cristiana Minasi e Giuseppe Carullo
Sala Laudamo di Messina dal 20 al 22 novembre 2015

www.Sipario.it, 22 novembre 2015

In questi ultimi anni Giacomo Leopardi ha avuto un risveglio prepotente grazie a Mario Martone, Premio Ubu 2011 per la regia delle Operette morali, al pluripremiato Elio Germano per aver vestito con molta aderenza i panni del poeta di Recanati nel film Il giovane favoloso diretto dallo stesso Martone e adesso per merito dell'affiatata coppia Cristiana Minasi-Giuseppe Carullo che ha diretto e interpretato due Operette, delle 24 scritte in prosa, titolando il colto spettacolo dal sapore ciceroniano con l'ablativo plurale del termine latino revolutio= rivoluzione ovvero De Revolutionibus - ruotante in maniera chiarificatrice Sulla miseria del genere umano, vincitore della rassegna Teatri del Sacro 2015. I temi dello spettacolo sono quelli cari al poeta: il rapporto dell'uomo con la storia, con i suoi simili ed in particolare con la Natura, di cui Leopardi matura una personale visione filosofica; il confronto tra i valori del passato e la situazione statica e degenerata del presente; la potenza delle illusioni, la gloria e la noia. I due simpatici protagonisti agghindati come due clown di strada, quasi due nipotini di Zampanò e Gelsomina felliniani, si presentano al pubblico tirando ognuno il proprio carrettino fornito di abiti e oggetti che, una volta accostati e assemblati, andranno a comporre una piccola scena con al centro una sorta di corolla azzurra ottagonale, con buco centrale per infilarvi la testa, che ricorda la sezione trasversale d'un caleidoscopio. La prima Operetta s'intitola Copernico (l'astronomo polacco che agli studi di Tolomeo contrappose il sistema eliocentrico, teoria ampiamente sposata da Galilei che dovette poi abiurare difronte alla Santa Inquisizione, episodio reso celebre da Brecht nel dramma Vita di Galileo) e si compone di quattro scene in cui s'affacciano l'ora prima e l'ora ultima e discutono animosamente il Sole e Copernico. Lo spettacolo accompagnato dai suoni d'un accordéon è sbandierato da Carullo, con giacca da domatore e dalla Minasi, con papillon nero al collo, come "Operetta infelice e per questo morale", ha una forma dialogica (anche quella segue ha la medesima struttura), alla maniera degli scritti illuministi di Voltaire e Diderot e sembra che qui Leopardi, che definisce il Sole come Sua Eccellenza, stufo di girare intorno ad un granello di sabbia, non abbia grande considerazione del genere umano, attaccando con fine ironia, al limite del sarcasmo, quei filosofi che mettono gli uomini al centro dell'universo, appellati qui come "quattro animaluzzi". La seconda Operetta titolata Dialogo Galantuomo e Mondo vede di fronte Carullo nei panni dell'ingenuo Galantuomo e la Minasi in quelli del Mondo saggio e scafato. Fra i due s'instaura un intenso dialogo in cui il Mondo alla stregua d'un magister cerca di dare all'interlocutore le istruzioni per l'uso d'una vita virtuosa, spiegandogli ad esempio che "la fama poco può consolare in vita e niente dopo la morte" e se pure tanti hanno vissuto a lungo e scritto cose degnissime non è detto che si parlerà di loro dopo morti. "E se qualcuno è straordinario o singolare per natura - argomenta il Mondo - bisogna che si corregga se vuol piacere a me". "E che piacere troveremo quando tutti saranno uguali, e diranno e faranno le stesse cose?" è la risponda /domanda del Galantuomo. " A questo non devi pensare" - replica il Mondo - perché gli uomini devono essere tutti uguali come le uova, in maniera che tu non possa distinguere questo da quello". Sembra un Leopardi veggente, che a distanza di quasi due secoli preconizza un mondo globalizzato che viaggia in internet con i computer e con gli smartphone in cui l'uomo è solo un numero in mezzo a miliardi di numeri. L'Operetta ha dei messaggi pratici, non solo teorici e propone un umile rimedio agli effetti funesti della filosofia moderna o delle tante false verità e nel contempo recupera l'inesperienza, le passioni e l'immaginazione dell'antichità quale unico rimedio per migliorare la qualità della vita umana, e, in alternativa, suggerisce delle tattiche di narcotizzazione per alleviare il dolore. E non a caso verrà ascritta dal duo Carullo-Minasi come "Operetta immorale e per questo felice" e avrà il suo epilogo con la Minasi che girerà più volte sulla scena come un derviscio indossando con grazia e meraviglia quell'azzurra corolla ottagonale, diventata intanto un lungo abito da sera, mentre il suo partner, somigliante ad un inebetito Enzo Jannacci, non le leverà per tutto il tempo gli occhi di sopra. Un successo per il duo Carullo-Minasi cui hanno contribuito le scene e costumi di Cinzia Musolino, la scenotecnica di Piero Botto e il disegno luci di Roberto Bonaventura.

Gigi Giacobbe

Ultima modifica il Domenica, 22 Novembre 2015 11:45

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