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DOPO LA BATTAGLIA - regia Pippo Delbono

Dopo la battaglia Dopo la battaglia Regia Pippo Delbono

Regia Pippo Delbono, Scene Claude Santerre, Costumi Antonella Cannarozzi, Musiche originali Alexander Balanescu, Luci Robert John Resteghini,
Produzione: Compagnia Pippo Delbono, Emilia Romagna Teatro Fondazione, Teatro di Roma
Théâtre du Rond Point, Paris, Théâtre de la Place, Liège, Théâtre National de Bretagne, Rennes
si ringrazia Teatro Pubblico Pugliese e Cinémathèque Suisse
Teatro della Corte, Genova dal 19 Marzo al 22 Marzo 2013

www.Sipario.it, 2 aprile 2013

Non c'è spettacolo di Pippo Delbono in cui il vissuto personale e i problemi del sociale non si mescolino proiettando sullo spettatore una dolorosa e schiacciante visione dell'umano. Il tutto avviene per magia all'interno di meravigliose alchimie costituite da slanci passionali dettati sempre dalla volontà di far notare cosa non va in questo "povero" mondo intercalata a digressioni biografiche. Lui, Pippo, è sempre presente e quasi sempre anche al centro del palco con quella figura imponente che esplica la sua piena coscienza di essere umano e cittadino. E così anche in quest'ultimo lavoro, Delbono parla e racconta, racconta e parla con un piacere viscerale, il suo vissuto che dà spunto ad echi più grandi come del resto già nelle sue opere precedenti. Dopo la battaglia comincia nel modo con cui iniziava il lavoro dedicato alla tragedia delle acciaierie Thyssen-Krupp, con la sua voce soffiata al microfono, calda, cupa, scura e soffocata, segno forte e leggibile di un deus ex machina che non si vuole nascondere, anzi. Introduce la storia di uno spettacolo operistico che doveva farsi al Bellini di Catania e che fu abbandonato a seguito dei tagli al Fus. In mezzo al palco un gruppo di attori fermi, immobili, vestiti a festa e bellissimi come un quadro dei primi novecento dai colori forti e marcati, in cui primeggiano rosso e nero. Colonna sonora le note del Macbeth verdiano. "Governo, televisione e finanza s'incontrarono una sera", sussurra la voce di Delbono al microfono dando il via ad una sequenza di immagini, musiche e personaggi che procede senza un ordine apparente ma che evidentemente segue il disegno mentale dell'artista, che questa volta ha voluto anche con sé due danzatrici professioniste dentro il suo fantastico carillon. Come sempre stupefacente la figura di
Bobò capace di dare così tanto senza parlare e senza sentire, ma con quella fisicità colma di tragedia e poetica insieme. Personaggio senza tempo, ma non senza storia, di cui il regista ligure racconta l'incontro fatale per tutti e due, che li ha trovati vicini per la vita, come un padre e figlio rovesciati (ma solo da un punto di vista anagrafico). A Bobò d'altronde Delbono dedica lo spettacolo. Uno spettacolo efficace che appare meno riuscito quando il susseguirsi di video sembra soltanto volerne allungare la durata. Troppe immagini di clandestini e guerre civili africane con tanto di bambini feriti, miste a dediche (anche a Pina Bausch) e citazioni, puntualissima quella del Processo di Kafka, per dare un quadro completo di una crudeltà umana senza scampo. Eppure la speranza c'è ed è proprio nella figura di Bobò.

Francesca Camponero

Ultima modifica il Lunedì, 16 Settembre 2013 09:55

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