di Molière
regia Nanni Garella
coreografia Michela Lucenti
un itinerario artistico e progettuale di Arte e Salute e Balletto Civile
con Michela Lucenti, Maurizio Camilli
e con Luca Bandiera, Enrico Caracciolo, Barbara Esposito, Luca Formica, Francesco Gabrielli, Pamela Giannasi, Filippo Montorsi, Mirco Nanni, Roberto Risi, Tiziano Renda, Giulia Sevim Pellacani
regista assistente Nicola Berti
assistente alla regia Enrico Caracciolo
assistente alla coreografia Alessandro Pallecchi
luci Luca Diani
costumi e trucco Elena Dal Pozzo
direzione di scena Davide Capponcelli
tecnico del suono Matias Iaccarino
sarte Elena Dal Pozzo, Carola Pesolin
elementi scenici a cura del Laboratorio di Scenotecnica di ERT
Gioacchino Gramolini con Veronica Sbrancia, Clelia Bajardi, Sergio Puzzo, Tiziano Barone, Achour Meradji
Benedetta Monetti con Martina Perrone, Bianca Passanti, Alice Di Stefano
produzione Emilia Romagna Teatro ERT / Teatro Nazionale
in collaborazione con Associazione Arte e Salute, Regione Emilia Romagna - Progetto “Teatro e salute mentale”, Dipartimento di Salute Mentale dell’Azienda USL di Bologna
Bologna, Teatro Arena del Sole, Sala Thierry Salmon, dal 13 al 25 maggio 2025
Don Giovanni è innumerevoli cose: è una 'persona' tanto da venire generalmente gratificato dall'articolo determinativo (il dongiovanni) ed è una maschera non solo teatrale (questo in etimologia è il primo significato di persona), ma è anche in un'idea psicologica ed esistenziale. Don Giovanni dunque è una sorta di 'mutante' che attraversa ed intercetta tangenzialmente, anche al di là delle sue storiche manifestazioni culturali, letterarie e drammaturgiche, l'intero specchio dell'anima umana. In questo non è solo maschile ma è anche femminile, interpretando nelle sue diverse 'apparizioni' una modalità relazionale che si adatta anche alle donne (ricordiamo le successive Relazioni Pericolose di Choderlos de Laclos), e che si apre ad una quasi metafisica interpretazione di una libertà che sfugge ai limiti imposti, dalla storia e dalla collettività, in nome di un superiore equilibrio e di una superiore compatibilità sociale. Negativo e positivo pertanto sfumano e l'antipatia sovrapposta a quel personaggio/persona che nei confronti delle donne rispetta 'a suo modo' le regole del Patriarcato ma non si fa guidare da quelle, rivendicando sé stesso fino alla precipitazione all'inferno, è in qualche e irriducibile modo controbilanciata, soprattutto nella sua versione molieriana, dalla sua inevitabile e anche inconfessabile simpatia (Mozart docet) che si fa man mano empatia. Nanni Garella, con questo suo spettacolo in prima nazionale a Bologna, si fa con intelligenza interprete della 'fluidità' nascosta in questo icasticamente maschile atteggiamento (la seduzione), imposto soprattutto da una necessità linguistica e narrativa sin dalla sua ideazione, facendone un medium attraverso il quale consentire il transito del Don Giovanni 'Idea', del Don Giovanni 'mutante' e perché no, buttandola sul contemporaneo, queer, cioè alla fin fine oltre la definizione di un genere che quella idea limiti. Dunque, pur molto fedelmente rispettando l'impianto e lo sviluppo narrativo costruito da Molière, sottopone il suo Don Giovanni ad una doppia mutazione scenica e drammaturgica, facendolo interpretare en travesti da una brava Michela Lucenti attrice, cantante e ballerina e poi utilzzando la tradizionale qualità 'diversamente' simbolica della sua storica Compagnia “Arte e Salute” (da lui stesso fondata a Bologna nel 1999 in collaborazione con i Servizi di Salute Mentale della città) che come noto attinge al mondo del disagio mentale potenziandone la capacità insieme maieutica e catartica, oltre che terapeutica. Cosi il suo Don Giovanni è il Don Giovanni di Molière (e della Commedia dell'arte) ma contemporaneamente e paradossalmente non è solo il Don Giovanni di Molière, volendo essere in fondo il canto di una libertà che non ha attributi, e che così possa 'nuotare' nella contrapposizione dei generi ovvero nel conflitto irrisolto con gli schemi della sua stessa (di Don Giovanni) maschera. Il 'libert-ino' che attende impavido la sua infernale punizione si trasforma nel 'libert-ario' che proclama anche suo malgrado un principio etico e sociale, anche quando questo è irriducilmente 'inattuale' se non addirittura, storicamente e socialmente, 'impossibile'. Usa poi la farsa per meglio esprimersi, perché la farsa è ironia e alienazione e perché il comico è la lingua più sincera per parlare la sofferenza e la tragedia del male di vivere. E dunque ci si diverte, e anche molto, ad assistere a questo spettacolo e non si smette di divertirsi neanche di fronte al dolore e alla morte che pure in più punti, non è necessario raccontare gli eventi narrati a tutti noti, l'attraversano. Usando la farsa ha usato anche la danza, quel 'movimento' coreografico che è da sempre parte essenziale della farsa stessa, affidandola alla già citata Michela Lucenti che fonde le sue belle intuizioni all'interno dei complessivi movimenti scenici, senza imporle ma facendole così molto più efficacemente risuonare. Uno spettacolo con poca scenografia ma con molti colori, nelle luci di Luca Diani e nei bei costumi d'epoca ma non 'tradizionali' di Elena Dal Pozzo, quasi essi stessi musica. Bravissimi tutti gli interpreti, esempio di come spesso la distinzione tra professionisti e non professionisti sia del tutto superflua e insignificante, come del resto quella tra le presupposte forme di teatro (sociale, di cura, carcerario ecc. ecc.). Tra questi, detto già della intensa prova di Michela Lucenti, una notazione particolare meritano la performance di Maurizio Camilli, uno Sganarello, servo, alter ego e specchio mimetico di Don Giovanni molto convincente e anche sorprendente non avendolo mai potuto apprezzare come 'attore' dalla eccellente vis comica, e insieme a lui la 'Statua' Francesco Gabrielli e, va ribadito, tutti i protagonisti ciascuno capace di intercettare profondamente il personaggio fin quasi a diventarlo. Molto applaudito. Maria Dolores Pesce