lunedì, 19 maggio, 2025
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D'ORO - IL SESTO SENSO PARTIGIANO - regia Giorgina Pi

"D'oro – Il sesto senso partigiano", regia Giorgina Pi. Foto Federico Pitto "D'oro – Il sesto senso partigiano", regia Giorgina Pi. Foto Federico Pitto

da un’idea di Laura Gnocchi e Gad Lerner
direzione artistica Davide Livermore
drammaturgia, regia, video Giorgina Pi
musiche Valerio Vigliar e Cristiano De Fabritiis
ambiente sonoro Collettivo Angelo Mai, luci Andrea Gallo
scene Teatro Nazionale di Genova; costumi Giorgina Pi
cinematografia Bluemotion; videoideazione con l’amichevole partecipazione di DWOK
assistenza alla regia e drammaturgia del movimento Ambra Chiarello
con Monica Demuru, Valentino Mannias, Francesco Patanè, Aurora Peres
e con Silvia Filza, Pietro Muzzini, Mouhamed Ndiay, Khadija Seye
e con la partecipazione del Coro di Nuovi Partigiane e Partigiani e di Cittadine e di Cittadine
Produzione Teatro Nazionale di Genova
Al teatro Ivo Chiesa di Genova in prima nazionale dal 25 al 27 aprile 2025

www.Sipario.it, 27 aprile 2025

Talvolta le 'celebrazioni', anche loro malgrado, assomigliano a quelle campane di vetro che, affinché la polvere non vi si depositi inesorabilmente sopra, vengono poste a sigillare bellissime statue di porcellana.

D'oro – Il sesto senso partigiano, questo emozionante spettacolo andato in scena per la regia della brava Giorgina Pi al teatro Ivo Chiesa di Genova in occasione dell'ottantesimo anniversario della liberazione dall'occupazione e dalla dittatura nazifascista, è stata l'occasione per sollevare quella campana di vetro e per mostrare che, in questo singolarissimo caso, quelle statue di porcellana non sono 'simulacri' ma bensì concrete e anche contraddittorie metafore di corpi storici, fatti di sangue, carne e sentimento.

Al centro di una iniziativa più articolata ideata e fortemente voluta da Davide Livermore, Direttore del Teatro Nazionale di Genova, ne costituisce una sorta di cuspide, una pietra preziosa posta al centro di un gioiello che, ancora una volta, dimostra come il teatro sia capace di ridare vita alla nostra vita, di donare presente al nostro passato aprendolo, in una continua ma fedele mutazione, al nostro futuro.

Una necessità questa che il teatro preserva nella nebbia di oblio che investe la nostra memoria, con il rischio che quello stesso oblio ci porti ad esiti altrettanto tragici di quelli di allora e che, come i fulmini e i tuoni di una oscura tempesta all'orizzonte, oggi sembrano in Europa e nel Mondo, tra guerre di eserciti, guerre di economie e guerre all'immigrazione, rimbombare più che mai purtroppo.

La drammaturgia di Giorgina Pi, da una idea di Gad Lerner e Laura Gnocchi per la Direzione Artistica dello stesso Davide Livermore, si basa sul volume collettivo Noi partigiani che dopo un lungo lavoro di ricerca raccoglie le 'mille' testimonianze dei più giovani partigiani di allora ancora in vita.

Un libro che però ha molto di storico ma ben poco di 'sociologico', essendo un vero e proprio mosaico di vite che si ricompongono, come in un romanzo, nella 'educazione' sentimentale e politica, spesso 'autodidatta', di una generazione che ha saputo riconoscere e opporsi al male del fascismo e della guerra prima ancora di elaborare una nuova 'visione del mondo', anzi costruendo questa nuova visione di libertà e democrazia, cui noi tutti siamo loro debitori, proprio attraverso quell'educazione vissuta nel concreto della propria vita e anche della propria morte, guidati dal sesto senso del sentimento.

Sono testimonianze orali letterariamente e drammaturgicamente trasfigurate in grado così di trasmettere la concretezza di una scelta di vita, fatta di corpo, di carne e sangue prima che di parola, recuperando la loro profonda ed empatica significatività oltre ogni 'commemorazione'.

Drammaturgia e regia infatti colgono innanzitutto la spontaneità di un sentimento che, pur a volte precedendo la stessa coscienza politica, la forma e la informa dandole una sincerità talmente profonda da renderla ancora oggi 'forte' ed attuale, basta saper guardare.

Guardare innanzitutto noi stessi, come ci suggerisce il singolare e illuminante sipario a specchio (uno specchio che segnerà anche lo scenario nel suo farsi) che ci accoglie, che accoglie le nostre immagini mentre ci accomodiamo in sala con un effetto straniante più efficace di qualsiasi brechtiana 'alienazione'.

La scelta poi di costruire uno scenario praticamente privo di scenografie, che non fossero i corpi e le voci degli attori protagonisti, rafforza la nostra consapevolezza che la storia e le storie rappresentate ci riguardano profondamente, anche oltre il de te fabula narratur.

Le storie narrate, e che non descriveremo per non contaminarne purezza e sincerità, sono infine di una semplicità talmente disarmante da costringerci a spogliarci, ed è un altro dei meriti dello spettacolo, di ogni resistenza retorica, di ogni retro-pensiero alimentato spesso dai tentativi di banalizzare guerra e dittatura che attraversano e hanno attraversato le sempre più forti spinte al revisionismo storico e politico del fascismo.

Uomini e donne, giovani e giovanissimi/e, che compiono “un atto di responsabilità e di bellezza” che rimbomba sulla scena perchè ha illuminato la loro vita.

Quattro protagonisti, Monica Demuru, Valentino Mannias, Francesco Patanè, Aurora Peres ed un coro in scena per scelta illuminante multietnico, Silvia Filza, Pietro Muzzini, Mouhamed Ndiay, Khadija Seye, tutti bravi.

Senza far torto a nessuno vorrei segnalare solo la prova di Monica Demuru che truccata da anziana (oggi) recita la giovinezza del suo personaggio (ieri) in una staffetta (partigiana) che unisce fecondamente il passato al presente.

Uno spettacolo dunque dalla collettività per la collettività, nel segno di un teatro civile che Livermore vuole, con lo stimma della bellezza, sempre luminoso e proiettato al futuro, e per questo significativamente preceduto dal Coro di Nuovi Partigiane e Partigiani e di Cittadine e di Cittadine che dalla platea ha recitato i primi articoli della nostra Costituzione, che la Resistenza e la Liberazione hanno partorito.

Tra l'altro va detto che il progetto di Davide Livermore è stato arricchito da una serie di Incursioni partigiane curate con sensibilità da Mercedes Martini e che hanno interessato, ad immagine concreta dei giorni stessi della Liberazione, vari luoghi simbolici della città durante lo stesso corteo pomeridiano, ravvivando, attraverso i giovani protagonisti, la sorgente della memoria dentro la collettività.

D'oro, dunque, come il metallo della medaglia al valore militare che Genova si è conquistata ottant'anni fa, unica città in Europa a liberarsi da sola, perchè come ha detto Giuseppe Mazzini ricordato da Gad Lerner. “temo la libertà portata in dono”. 

Dopo essere stata presentata in un suo breve squarcio al Presidente Sergio Mattarella in visita a Genova per l'anniversario della liberazione, alla presenza di qualcuno dei partigiani intervistati, lo spettacolo è andato in scena in prima nazionale la sera del 25 aprile, in un teatro stracolmo che non ha esitato, tra applausi a scena aperta e ovazioni finali, a manifestare la propria partecipazione e il proprio entusiasmo anche nei confronti di uno dei testimoni ancora presenti in sala.

Maria Dolores Pesce

Ultima modifica il Lunedì, 28 Aprile 2025 01:30

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