sabato, 22 marzo, 2025
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DON GIOVANNI - regia Arturo Cirillo

Arturo Cirillo e Giacomo Vigentini in "Don Giovanni", regia Arturo Cirillo. Foto Tommaso Le Pera Arturo Cirillo e Giacomo Vigentini in "Don Giovanni", regia Arturo Cirillo. Foto Tommaso Le Pera

da Molière, Da Ponte, Mozart
Adattamento e regia Arturo Cirillo
Personaggi e interpreti: Don Giovanni (Arturo Cirillo), Sganarello (Giacomo Vigentini), Donna Elvira (Giulia Trippetta), Donna Anna (Irene Ciani), Don Ottavio, Masetto, un povero, Ragotino -lacché di Don Giovanni- (Francesco Petruzzelli), Don Luigi, Commendatore, Signor Quaresima, (Rosario Giglio), Zerlina (Irene Ciani)
Scene: Dario Gessati. Costumi: Gianluca Falaschi
Luci: Paolo Manti. Musiche: Mario Autore
Assistente alla regia: Mario Scandale
Regista assistente: Roberto Capasso. Assistente scenografo: Stefano Pes
Costumista collaboratrice: Anna Missaglia
Musiche registrate Orchestra Topica: Davide d’Aló clarinetto, Roberto Dogustan chitarra sette corde, Gibbone pandeiro, Francesca Diletta Iavarone flauto traverso, Davide Maria Viola violoncello, Joe Zerbib trombone
Foto di scena Tommaso Le Pera
Produzione: MARCHE TEATRO, Teatro di Napoli – Teatro Nazionale, Teatro Nazionale di Genova, Emilia Romagna Teatro ERT / Teatro Nazionale
Teatro Verga Stabile di Catania dal 4 al 9 febbraio 2025 

www.Sipario.it, 8 febbraio 2025

Dici Don Giovanni e hai subito davanti l’immagine del seduttore tout court. Di un uomo che lo s’immagina con mantello tricorno e spada al fianco, pronto col suo forbito dire a fare innamorare di sé qualunque donna egli abbia deciso di fare sua, consapevole che le parole sono il passe-partout per penetrare l’animo di qualunque essere in gonnella: ne sa qualcosa la Rossana del Cirano secondo Rostand. Chi glielo doveva dire a Tirso de Molina che il suo Don Giovanni del 1630, nato come Il burlador di Siviglia, sarebbe entrato alla lettera “D” nei nostri dizionari italici, quale “uomo galante, fortunato corteggiatore di donne”? Un’immagine pop inesistente, nota nell’immaginario collettivo come colui che dopo aver conquistato una donna l’abbandona al suo destino passando ad un’altra e ad un’altra ancora, in maniera consapevole, cinica, amorale. Don Giovanni non è come il fiabesco Barbablu o il principe delle Mille e una notte che dopo una notte insieme uccide le sue spose, né come quei tanti serial killer, per tutti valga il nome del francese Landru, che dopo aver sedotto e sposato una decina di donne le bruciava ereditando i loro averi. No, Don Giovanni è un personaggio contemporaneo che si beffa e si burla del prossimo, delle donne in particolare, avendo come degno compare il suo alter ego che Molière chiama Sganarello, mentre Da Ponte/Mozart lo appellano Leporello nell’opera omonima, cui attinge adesso ad entrambe le versioni uno splendido Arturo Cirillo che, vestendone i panni, la mette in scena in maniera convincente, avendo accanto un cast di solo cinque personaggi, alcuni in parecchi ruoli. Il Don Giovanni è una commedia tragica, un ossimoro quasi, in versi il testo del Molina, in prosa quello di Moliere che la mise in scena la prima volta al Palais-Royal il 15 febbraio 1665. Da qui in avanti l’opera è stata ripresa da varie compagnie europee e nei secoli successivi ha avuto parecchie rivisitazioni, compresa quella del Goldoni che trasformò il sulfureo personaggio barocco in un uomo vile che implora pietà. Spesso in questo spettacolo di Cirillo viene citata la parola “Cielo”, come una forza esterna che bisogna temere e di cui non ci si può burlare, un’idea di Dio lungi da quella cattolica, più vicina a quelle divinità espresse dai tragici greci. Raffigurati qui alla fine da quel Commendatore (Rosario Giglio in più ruoli), alias il padre di Donna Anna (una suadente Irene Ciani), che diventato il Convitato di pietra punisce a morte colui che ha ingannato la figlia e le tante migliaia di contadine, cameriere, cittadine, contesse, baronesse, marchesane, principesse, donne d’ogni grado, d’ogni forma, d’ogni età, che Sganarello (ottima la prova di Giacomo Vigentini) sciorina a Donna Elvira (una superba Giulia Trippetta) estraendole da un piccolo libro, quasi cantandole (“In Italia seicento e quaranta/In Lamagna duecento e trent’una/Cento in Francia, in Turchia/novent’una/ Ma in Spagna son già mille tre”). La scena unica, dal sapore cimiteriale, per tutti i 105 minuti dello spettacolo, volati via in un solo tempo, ad opera di Dario Gessati, raffigurava una sorta di bianca balconata barocca con due sculture ai lati e una serie di cipressi in fondo, cui s’accedeva attraverso una decina di scalini posti al centro e amovibili. Mi sembra quasi superfluo raccontare il plot di quest’opera arciconosciuta, dirò solo di quell’approccio simile ad un’ape che Don Giovanni ha nei confronti della contadina Zerlina (Irene Ciani) che non ci pensa due volte a lasciare il suo promesso sposo Masetto (Francesco Petruzzelli anche lui in vari ruoli) quando quel bavoso Nosferatu vuole solo succhiarne il suo sangue, dicendole che l’ama e che vuole sposarla all’istante. Non ascoltando questo impenitente donnaiolo, che ha le nostre simpatie, le sagge parole del padre Don Luigi (sempre Giglio) che è giunta l’ora di comportarsi bene e di mettere da parte la sua vita scellerata. Uno spettacolo che il pubblico del Teatro Verga di Catania ha accolto nel modo migliore tributandogli infiniti applausi. 

Gigi Giacobbe

Ultima modifica il Domenica, 09 Febbraio 2025 16:37

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