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DON CHISCIOTTE - regia Roberto Aldorasi – Alessio Boni – Marcello Prayer

Alessio Boni e Serra Yilmaz in "Don Chisciotte", regia Roberto Aldorasi – Alessio Boni – Marcello Prayer. Foto Lucia De Luise Alessio Boni e Serra Yilmaz in "Don Chisciotte", regia Roberto Aldorasi – Alessio Boni – Marcello Prayer. Foto Lucia De Luise

adattamento di Francesco Niccolini

liberamente ispirato al romanzo di Miguel de Cervantes Saavedra
drammaturgia di Roberto Aldorasi, Alessio Boni, Marcello Prayer e Francesco Niccolini
Con Alessio Boni, Serra Yilmaz, Marcello Prayer, Francesco Meoni, Pietro Faiella, Liliana Massari, Elena Nico
 Ronzinante, Biagio Iacovelli
scene Massimo Troncanetti
costumi Francesco Esposito
Luci Davide Scognamiglio
musiche Francesco Forni
regia Roberto Aldorasi – Alessio Boni – Marcello Prayer
credit fotografico Lucia De Luise
Produzione Nuovo Teatro diretta da Marco Balsamo
Roma – Teatro Ambra Jovinelli 15 marzo 2022

www.Sipario.it, 17 marzo 2022

Chi è Don Chisciotte? Forse un sogno che vive nella mente di un uomo che si è lasciato influenzare dai poemi cavallereschi, al punto da credere d’essere egli stesso un prode eroe protagonista di avventure e innamorato di una dama bellissima, ottava meraviglia del mondo? Oppure un mito, come quelli greci o indiani indagati da Graves, Campbell e Calasso, che vive nell’intimo della nostra psiche e si manifesta in modo inatteso, obbligandoci a una metamorfosi continua? O potrebbe essere l’ultima immagine agli occhi di un uomo steso su un letto d’ospedale, giunto al termine della sua vita, che pochi istanti prima di compiere il passo supremo vede presentarsi il fedele Sancho Panza: “Eccomi, mio padrone”, e non è più sicuro se tutto quello che ha vissuto è un sogno o realtà? Questione difficile da districare, e che Alessio Boni nella sua riduzione teatrale del capolavoro di Cervantes non intende sciogliere, chiudendo in una riduttiva chiave di lettura un’opera che, invece, vive nutrendosi di infinite maschere, come Pessoa quando firmava le sue poesie.
Scenografia essenziale, popolata di pochi elementi e un telo come sfondo. Un cavallo palesemente finto, che cammina su ruote, animato da un bravissimo interprete del quale si vedono le gambe, che sembra così vero al punto da farsi amare dal pubblico al pari del protagonista. Il Don Chisciotte di Boni non rinuncia alla fantasia in teatro. E uno spettacolo che fugge la riproduzione di una realtà (attuale o storica), che dell’immaginazione fa il suo costume più bello, è qualcosa di potente e rivoluzionario per le scene contemporanee. Al punto che ci si chiede: cos’altro è il teatro se non questo: fantasia allo stato puro?
Quando l’hidalgo cavalca coprendo distanze sterminate, il cavallo gira su se stesso. I famosi mulini a vento, contro i quali l’eroe di Cervantes si scaglia credendo siano mostri, vengono rappresentati da una pala che esce da una quinta. L’asino cavalcato da Sancho Panza è una ciambella salvagente a forma di ciuco, che Serra Yilmaz di volta in volta indossa e posa a terra. Il trionfo del fantastico è il pozzo entro il quale Don Chisciotte si cala per inseguire Dulcinea, stregata dal perfido mago Sacripante. Il palco si oscura, si sentono solo le voci del nostro cavaliere e del suo scudiero. Poi ecco apparire creature fantasiose, che nulla hanno di umano. Fiori giganteschi, occhi enormi variopinti, silhouette che ricordano vagamente figure femminili. E poi una voce di donna che viene da lontano, che chiama a sé Don Chisciotte, che nel frattempo vediamo scendere dall’alto della scena, appeso ad una corda e con la spada in mano.
Un capolavoro di drammaturgia, regia e recitazione. Boni, attore ironico, romantico, passionale, ci ha donato un hidalgo umano e metafisico, ma mai caricaturale. Un’interpretazione variopinta, che a tratti ha ricordato lo stile di Manfredi, e alla quale ha fatto da controcanto quella del Sancho della Yilmaz: dai modi trascinati, pigri; ma così deliziosi e comicissimi.

Pierluigi Pietricola

Ultima modifica il Giovedì, 17 Marzo 2022 15:20

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