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DON CHISCIOTTE - regia Roberto Aldorasi, Alessio Boni, Marcello Prayer

Alessio Bono in "Don Chisciotte", regia Roberto Aldorasi, Alessio Boni, Marcello Prayer. Foto Gianmarco Chieregato Alessio Bono in "Don Chisciotte", regia Roberto Aldorasi, Alessio Boni, Marcello Prayer. Foto Gianmarco Chieregato

adattamento di Francesco Niccolini liberamente ispirato al romanzo di Miguel de Cervantes Saavedra
Regia Roberto Aldorasi, Alessio Boni, Marcello Prayer
Drammaturgia di Roberto Aldorasi, Alessio Boni, Marcello Prayer e Francesco Niccolini
Interpreti: Alessio Boni e Serra Yilmaz, Marcello Prayer e Francesco Meoni, Pietro Faiella, Liliana Massari, Elena Nico, Nicoló Diana (Ronzinante)
Scene: Massimo Troncanetti. Costumi: Francesco Esposito
Luci: Davide Scognamiglio. Musiche: Francesco Forni
Produzione: Nuovo Teatro diretta da Marco Balsamo
Teatro Vittorio Emanuele di Messina 25 e 26 febbraio 2022

www.Sipario.it, 26 febbraio 2022

Il mio approccio al Don Chisciotte si deve ad un libro di Christine Rochefort, Il riposo del guerriero, uscito in Francia nel 1958, secondo cui avrebbe fatto arrossire la signora De Gaulle, diventato quattro anni dopo un film diretto da Roger Vadim, interpretato da Brigitte Bardot e Robert Hossein che aveva sempre con sé il volume di Miguel de Cervantes Saavedra. Un romanzo che ha accompagnato la mia vita e penso quella di tanti milioni di lettori, che hanno visto nel personaggio un simbolo, una creatura d’arte perfetta, cui accostarsi quando frullano in testa progetti probabili, difficili da portare a compimento, ma in cui ci s’imbarca ugualmente senza sé e senza ma. Una figura facilmente riconoscibile, riprodotta da vari artisti, da Domier a Dalì, alle chine di Picasso, che adesso ha coinvolto Alessio Boni tanto da creare una drammaturgia e una regia teatrale assieme ad altri partner, vestendo lui stesso i panni del visionario cavaliere errante, avendo accanto nel ruolo di Sancio Panza l’attrice turca Serra Yilmaz dai capelli turchesi, (nota per essere la musa del regista Ferzan Özpetek) che condivide le sue folli avventure. Ad affascinare Boni all’utopico personaggio con elmo a padella in testa e armatura intorno al petto, credo sia stata l’idea che noi tutti abbiamo della sua immagine, riprodotta in groppa al suo cavallo Ronzinante nell’atto di abbracciare lo scudo con lancia in resta e gettare al vento il suo grido di carica. A parte la bravura di Boni e della Yilmaz, spicca la destrezza di Nicolò Diana che fa muovere e nitrire Ronzinante con la testa chiusa al suo interno e le gambe fuori di questa macchina scenica con rotelle alle zampe, da rendere credibile il magnifico animale bianco, rubare la scena e prendersi sonori applausi. Gli altri cinque protagonisti, tutti da citare (Marcello Prayer e Francesco Meoni, Pietro Faiella, Liliana Massari, Elena Nico) interpretano una cosa come una trentina di personaggi a corollario d’uno spettacolo che ha ben condensato questo capolavoro della letteratura mondiale in cui s’incontrano curiosamente mescolati elementi del genere picaresco e del romanzo epico-cavalleresco. All’inizio e alla fine dello spettacolo al Vittorio Emanuele di Messina, si vedono e si odono le voci di alcuni chirurghi che operano un paziente che per incanto poi sogna d’essere un idalgo, un eroico cavaliere tutto volto a difendere i deboli e riparare i torti subiti. Il personaggio diventa così don Chisciotte della Mancia in giro per la Spagna, trascinando con sé un contadino del posto, Sancio Panza, cui promette il governo di un'isola e un castello a patto che gli faccia da scudiero. Come tutti i cavalieri erranti, Don Chisciotte sente la necessità di dedicare a una dama le sue imprese e lo farà scegliendo Aldonza Lorenzo, una contadina sua vicina, da lui trasfigurata in una nobile dama e ribattezzata Dulcinea del Toboso. Purtroppo per lui, la Spagna del suo tempo non è quella della cavalleria e nemmeno quella dei romanzi picareschi, e per l'unico eroe rimasto le avventure sono scarsissime. La sua visionaria ostinazione lo spinge però a leggere la realtà con altri occhi, iniziando a scambiare un’osteria per un castello, i mulini a vento con giganti dalle braccia rotanti, i burattini con demoni, le greggi di pecore con eserciti arabi. Combatterà questi inesistenti avversari buscandosi sonore legnate e risultando sempre sonoramente sconfitto, suscitando l'ilarità delle persone che assistono alle sue folli gesta. Sancho Panza raffigura in alcuni casi la controparte razionale di Don Chisciotte, mentre in altri momenti si farà coinvolgere dalle ragioni del suo padrone, non ascoltando un paio di volte le urla sguaiate di sua moglie lanciate dalla prima galleria del Teatro in cui gli intima in dialetto siciliano di tornarsene a casa.

Gigi Giacobbe

Ultima modifica il Domenica, 27 Febbraio 2022 00:58

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