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CASA DI BERNARDA ALBA (LA) – regia Leonardo Lidi

"La casa di Bernarda Alba", regia, Leonardo Lidi. Foto Luigi De Palma "La casa di Bernarda Alba", regia, Leonardo Lidi. Foto Luigi De Palma

di Federico García Lorca
traduzione e adattamento Leonardo Lidi
con Francesca Mazza, Orietta Notari, Francesca Bracchino, Paola Giannini, Barbara Mattavelli,
Matilde Vigna, Giuliana Bianca Vigogna, Riccardo Micheletti
regia Leonardo Lidi
scene e luci Nicolas Bovey
costumi Aurora Damanti
suono Dario Felli
assistente alla regia Riccardo Micheletti
Teatro Stabile di Torino - Teatro Nazionale,
teatro Carignano, Torino, 20 ottobre 2020

www.Sipario.it, 2 novembre 2020

Non è bastato mettere sotto vetro La casa di Bernarda Alba, non è bastato che il regista Leonardo Lidi con grande eleganza distanziasse le sue attrici e lasciasse solo all’inquietante presenza maschile: mascherata e guantata di simulare amplessi, di essere immanente presenza sessuale padre/marito/amante di tutte quelle donne, prigioniere del loro desiderio, più che di un potere maschile. Tutto ciò si è dimostrato inefficace a tenere a bada il Covid-19, un caso di positività in compagnia ha bloccato tutto alla seconda replica, poi è arrivato il Dpcm con la chiusura dei teatri e La casa di Bernarda Alba è rimasta lì, vuota, sospesa, in attesa di essere riabitata dalle sue donne, dalle attrici confinate nella foresteria del Teatro Stabile di Torino. E forse anche per questo l’immagine di quella teca in cui nero e bianco si sfidano, in cui i due non colori cercano una coesistenza nella loro distanza acromatica è destinata a rimanere impressa nello sguardo dello spettatore, testimone di un allestimento bruscamente interrotto dal Coronavirus, ma che troverà nuova vita in una sorta di documentario che lo Stabile di Torino sta girando per continuare a far vivere La casa di Bernarda Alba.
Lo spazio bianco, uno spazio sotto vetro, le piastrelle che rilucono come le maioliche del sud della Spagna, gli abiti neri di Bernarda Alba e le sue figlie, abiti a lutto, per la morte dell’uomo di casa... E a fare da contrasto sono le parrucche bianche/argentate di Angustia (Francesca Bracchino), Martirio (Paola Giannini), Maddalena (Barbara Mattavelli), Amelia (Matilde Vigna), Adele (Giuliana Bianca Vigogna), tutte un po’ uguali, come se fossero le ballerine di fila di certo varietà televisivo degli anni Sessanta. Uniche eccezioni sono la serva (interpretata da Orietta Notari) e Bernarda Alba che ha i lunghi capelli rossi dell’attrice cremonese, Francesca Mazza. Il regista Leonardo Lidi fa della sua «Casa di Bernarda Alba» di Federico Garcìa Lorca una sorta di prigione immacolata, una sorta di veranda con una grande vetrata che affaccia su un altrove precluso a quelle donne, una parete contro cui si compie la violenza di Lui (Riccardo Micheletti) che ballando il twist abusa delle figlie, presenza maschile, uomo promesso, corpo in giacca e cravatta e volto velato da una passamontagna nero che mette in crisi il dominio assoluto di Bernarda Alba. Ed è lei che fa fuori il maschio, il marito e Pepe, è lei che a tutto è disposta pur di preservare le figlie e la loro onorabilità, signora della casa ma non meno delle figlie e figliastre soggetta al richiamo del desiderio. Non ci vuole molto perché il clima di varietà pian piano si incupisca per rivelare i conflitti, le invidie, le gelosie e quella sessualità che brucia come il desiderio, quel desiderare che ferisce come la caduta di una stella.
In tutto questo Francesca Mazza è potente, dolente e spietata. È donna che vuole e che può, è signora della casa, è madre tiranna, è complice della violenza, la violenza di quel marito e patrigno che con la scusa di rimboccare le coperte alle figlie e dare loro il bacio della notte abusava delle ragazze. La serva che osserva è corpo estraneo alla famiglia, voce che vorrebbe dire e non osa  e ingaggia con Bernarda Alba un confronto che è potente, intenso, drammatico e dolente ed ha in Orietta Notari e nella Mazza due interpreti di assoluta intensità, che portano avanti un femminile totalizzante che vuole farsi mondo. Ma è tutto il cast ad avere una sua omogeneità, ma anche una sua progressiva differenziazione di toni e di sfumature in base ai personaggi che suona all’unisono per costruire una Casa di Bernarda Alba che sa essere serrata e assoluta, leggera e drammatica. Il 32enne Leonardo Lidi conferma di avere una felice mano di regista, conferma di avere un gusto teatrale che sa fare della tradizione il terreno fertile su cui crescere e creare. E non ce ne voglia, ma in quello spazio chiuso, in quella cornice/vetrata, nelle posizioni di quelle figure nere sul bianco delle piastrelle lo sguardo dello spettatore ha individuato eco de «La ragione degli altri» di Pirandello e di «Amoretto» di Schnitzler negli allestimenti di Massimo Castri, regista che sapeva fare dei testi e dei grandi classici spazi di sfide ermeneutiche e poesia attoriale. In Leonardo Lidi tutto questo è una promessa che si sta realizzando e anche per questo è un peccato che La casa di Bernarda Alba non possa essere vista, non possa girare, almeno per ora, in tempi di Covid e di chiusura forzata dei teatri.
E allora perché non si confondano le carte e perché si capisca il valore del teatro bisogna dire con le parole di Federico Garcìa Lorca: «Dal teatro più umile, fino al più elevato, si deve scrivere la parola Arte nelle sale e nei camerini perché altrimenti dovremmo sostituirlo con la parola Commercio o con qualcun’altra che non ho il coraggio di pronunciare. E gerarchia, disciplina e sacrificio e amore».

Nicola Arrigoni

Ultima modifica il Giovedì, 31 Dicembre 2020 09:40

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