due atti unici di e con Luciana Maniaci e Francesco D'Amore
Messina, Sala Laudamo 13 dicembre 2013
All'inizio, Luciana Maniaci (del '85 di Brolo, in provincia di Messina) e Francesco D'Amore (del '83 di Bari) quando hanno poco più di 20 anni non pensavano di fare teatro. Poi le loro stelle si ritrovano a Torino. Lei fa un corso di recitazione ed è OK!, lui vaga nel freddo padano e si arrabatta come può. Il loro incontro è vertiginoso e iniziano insieme a fare Teatro, senza essere (dicono) una coppia nella vita. Insomma non sono come Leo e Perla, Carmelo Bene e Lidia Mancinelli, Carlo Quartucci e Carla Tatò, Manuela Kustermann e Giancarlo Nanni e altri ancora che condividono pure il talamo. E voilà i "Maniaci D'Amore" (i loro cognomi vengono in aiuto a formare la "ditta" del duo) raccontare sulla scena della Sala Laudamo i loro esordi, rinviando al mittente (leggi Spedale-Tomasello-Tripodo) il titolo della rassegna teatrale "La prima volta", all'interno della quale sono stati invitati a partecipare dopo essere apparsi nei recenti anni e nello stesso luogo protagonisti di Il nostro amore schifo e Biografia della peste. Perché per loro, dicono non c'è stata una "prima volta". Hanno iniziato e basta. Sembra che improvvisino questi due talentuosi ragazzi. E invece no. Tutto è scritto e ampiamente rodato. Lui indossa una camicia rossa, lei con un mini-vestitino pure rosso, comprati entrambi quattro soldi al mercatino e tra il reale e l'immaginario eccoli sedersi su due alti sgabelli e affrontare la prima tranche del loro spettacolo titolato Le cose. Che ha lo stesso nome d'un libro geniale di Georges Perec, grande "nominalista" parigino scomparso nel 1982, fondatore assieme a Raymond Queneau dell'Oulipo, in cui i due attori vivono le stesse fobie della coppia del romanzo, inghiottita dagli oggetti che li circondano, elettrodomestici o riproduzioni di quadri famosi, dalla pubblicità, dalle mode, dai linguaggi del mondo merceologico. Il loro problema è come liberarsi delle "cose" che sentono in-utili e sapere pure se si amano o se è solo uno dei due ad amare l'altro. Lei è sull'orlo del suicidio. Le viene in aiuto Lacan, anzi una psichiatra lacaniana la quale anche lei, poverina, non potrà aprirle le porte della felicità. Basta! Adesso i due stralunati attori, cercano di sublimarsi e il loro racconto su Angeli e no assume i connotati d'uno sketch televisivo, tipo Zelig, le cui battute intelligenti hanno aure metafisiche e surreali al punto che i due sarebbero meritevoli d'entrare in un dipinto di Magritte. Sul finire la coppia starà con i piedi per terra, deciderà di vivere su questo pianeta, accettando la propria condizione di mortali, lasciando agli angeli ciò che è degli angeli e sé stessi quanto di meglio la vita potrà offrire a questi due maniaci d'amore.
Gigi Giacobbe