di Zaches Teatro
con Gianluca Gabriele, Amalia Ruocco, Enrica Zampetti
regia, drammaturgia, coreografia Luana Gramegna
scene, luci, costumi e pupazzi Francesco Givone
musiche originali e paesaggio sonoro Stefano Ciardi
collaborazione drammaturgica Daria Menichetti
collaborazione per scene, costumi e pupazzi Alessia Castellano, realizzazione costumi Rachele Ceccotti
project manager Enrica Zampetti, management e distribuzione Theatron 2.0
produzione Zaches Teatro 2021 con il sostegno di MiC e Regione Toscana e il contributo di Teatro Fonderia Leopolda di Follonica e Giallomare Minimal Teatro
vincitore di Bando Toscana Terra Accogliente 2020 a cura di RAT in collaborazione con Fondazione Teatro Metastasio, Fondazione Toscana Spettacolo, Centro di Produzione della Danza Virgilio Sieni
residenze creative (RAT) presso Officine della Cultura, Kanterstrasse, Murmuris, Kinkaleri e LST Teatro
Ospite di “Scenario Festival 2024”. Visto ai Giardini del Cavaticcio di Bologna, 3 settembre 2024
“Tre civette sul comò” non è solo una nota filastrocca ma è soprattutto il segnale che viene da un mondo che parla innanzitutto ai bambini ma poi anche a noi, facendo transitare come un rimbombo nella notte la voce dell'altrove umbratile che ci portiamo dentro, introverso nella nostra intimità che continuamente si fà e si dis-fà. E sono infatti tre civette che sovraintendono non solo esteticamente ma anche fisicamente nella sintassi rappresentativa a questa Cenerentola di Zaches Teatro, ispirata alla versione di Giovan Battista Basile del '600 e a quella dei Fratelli Grimm dell'800, ispirata nel senso più che filologico di una fedeltà che è tale proprio nella trasfigurazione scenica ed estetica dei suoi universalmente umani significati, così da renderli sempre coerenti allo spazio nostro che li accoglie e al tempo nostro chiamato a di nuovo custodirli. È una chiave che unisce nella rappresentazione due mondi, quello dell'infanzia e quello della odierna difficile adultità che la segue, cui lo spettacolo si rivolge chiamando entrambi ad una condivisione che parte dal linguaggio narrativo per arrivare a quel giudizio critico che è kantianamente necessario ad ogni esistenza, e ad ogni suo momento e fase, che guardi oltre la semplice 'sopravvivenza'. La fiaba di Cenerentola, come ormai da molti riconosciuto, è un dire del femminile antico e moderno e lo dimostra proprio la sua distorsione più diffusa e anche la più banale, quella del Principe Azzurro che sarebbe una 'liberazione' ma è in realtà solo una forma diversa, magari più piacevole, di subordinazione e possesso. Il femminile di cui parliamo è ciò che cova sotto la cenere della solitudine, una solitudine non voluta ma quasi cercata a difesa di sé stesso, è ciò che improvvisamente diventa fiamma viva e non c'è “scarpetta di cristallo” che tenga. Per dare conto di una tale stratificazione di senso, come in una miniera dalle mille 'vene' diverse e tutte rilucenti, Zaches Teatro utilizza e amalga, manipolandole, svariate lingue (e sono queste lingue che uniscono le 'generazioni'): quella del Teatro di Figura e dei Burattini (bellissimi i pupazzi di Francesco Givone), quella della Danza, stimolata dal paesaggio sonoro di Stefano Ciardi, che nasce dal movimento indotto dagli umani su quegli stessi burattini che si fanno per questo più ricchi ancora di 'umanità' (il sentimento di noi), e poi la lingua della drammaturgia (entrambe frutto, insieme alla regia, della brava Luana Gramegna) che dona la parola al nostro pensiero e infine della messa in scena nel suo complesso che tutto trasforma in sguardo. Alla fine l'elaborazione attraverso la scena è così profonda che il finale consueto (e banale) che ci è stato tramandato, archetipo alle donne riservato se non imposto, si dissolve, lasciando tra l'altro più d'uno sorpreso ovvero perplesso. Cenerentola burattino, come il Pinocchio di Collodi e per il medesimo motivo, si fa donna, una donna che dimentica quella scarpetta di cristallo per ripulirsi finalmente da ogni cenere e scendere dal palcoscenico per correre intorno a noi, prima che il buio del sipario ci nasconda la sua verità per farla diventare veramente nostra. È un bello spettacolo in ogni sua componente estetica ed artistica, dalla scenografia alla coreografia, dalla drammaturgia alla recitazione e alla prossemica, e anche, se non soprattutto, nel nuovo filo narrativo che dipana nella sua sorpresa finale, alla luce di una nuova libertà femminile purtroppo non ancora del tutto conquistata ma ancora molto ostacolata. È uno spettacolo prodotto nel 2021 e da allora più volte, e credo con pieno merito, premiato sia in Italia che in Europa, cui la notturna ambientazione nel Giardino del Cavaticcio (e delle Mirabilie) di Bologna, se forse ha costretto a qualche aggiustamento tecnico, ha comunque conferito un fascino aggiuntivo. Molto apprezzato anche in questa ulteriore occasione, quale ospite dell'edizione 2024 di “Scenario Festival”, ha avuto una 'restituzione' piena e partecipata da parte del numeroso pubblico, in cui tutte le generazioni sembravano sapientemente mescolate. Dai 5 anni a tout public. Maria Dolores Pesce