di Francesco Villa, Alessandro Besentini, Alberto Ferrari e Antonio De Santis
con Ale e Franz, e i musicisti Luigi Schiavone (Chitarra), Fabrizio Palermo (basso), Francesco Luppi (tastiere), Marco Orsi (batteria), Alice Grasso (voce)
regia Alberto Ferrari
produzione Enfiteatro – Il Parioli
Vicenza, teatro Comunale, 9 marzo 2022
C’è una famosa canzone che invita a dare di più, e per l’occasione tra le righe si può usare per questo nuovo spettacolo di Ale e Franz, inossidabile duo della comicità. “Comincium” vuole riprendere da dove eravamo rimasti, quel famoso “prima” di tutto quello che è capitato dal quale riusciamo faticosamente a liberarci. L’idea ha una sua certa forza, la coppia di comici è oltremodo consolidata, della loro bravura non si può dir nulla di contrario. Ma c’è un ma, soprattutto musicale. Giusto proporre il repertorio, e dunque i vecchietti, la panchina, la logorroica presenza di uno dei due a dispetto dell’altro, va bene tutto quello che mette a proprio agio lo spettatore. Serata, peraltro, di grande euforia e pubblico quella vista al teatro Comunale di Vicenza, in uno spettacolo fuori abbonamento che riempie la sala, e questo è già un bel segnale. Quel “dare di più” è però un consiglio, se mi posso permettere, a due persone che stimo, che affrontano da anni il palcoscenico sempre con grande empatia. Ricordate qualche anno fa “Nel nostro piccolo: Gaber, Jannacci, Milano, noi” un altro spettacolo di Ale e Franz? In scena allora con i due c’era, come oggi, la (o l’ex) band di Enrico Ruggeri, composta da musicisti di prim’ordine quali il chitarrista Luigi Schiavone, co-autore di moltissimi successi del cantautore, Marco Orsi alla batteria, Fabrizio Palermo al basso e Francesco Luppi, tastiere. I quattro, orfani per qualsiasi motivo sia stato di Ruggeri, giocano in quel mentre un ruolo importante, in quello spettacolo: Ale e Franz con la musica acquisiscono presenza, forza scenica, sicurezza e, sebbene un po’ sconclusionato, senza un vero tema di fondo, lo spettacolo piace, e gli omaggi a Gaber e Jannacci (e alla loro città) si mostrano per quello che riescono a essere. Sentiti. In questo “Comincium” la storia (musicale) si ripete. Ok, come detto al repertorio, che si usa perché c’è, ma quello che colpisce è un impianto troppo simile di uno show che ha tutta l’aria di rifarsi, può darsi anche inconsapevolmente, al precedente. Ed è uno spettacolo lento, troppo buio. Nel mezzo, Ale e Franz avevano messo in scena un altro spettacolo stralunato, un “Romeo e Giulietta - Nati sotto contaria stella”, un guazzabuglio con la regia di Leo Muscato su una compagnia girovaga tra invidie e gelosie, in attesa di inscenare La vera storia di Romeo e Giulietta. Il tutto allora era impreziosito dalla presenza di un grande attore come Paolo Graziosi, un esperimento strano, lento a salpare. Un esperimento, appunto. Un qualcosa che si ha voluto fare prendendo dei rischi, portando una novità, una diversa lettura. Non succede invece in “Comincium”, che ricalca troppo da vicino, proprio come impianto, come detto sopra, l’omaggio a Gaber e jannacci, non tanto sui pezzi recitati di repertorio, qualcuno da rivalutare, probabilmente, qualcun altro che scorre via ordinario. Piuttosto invece nella parte musicale, che ricalca la precedente, con qualche variazione ma in linea: le canzoni cantate, messe in mezzo come paravento e senza alcun legame, agli sketch, sono quelle appunto collaudate, “Una fetta di limone”; “Parlare con i limoni”, “La libertà”, “E la vita, la vita”, milanesità a braccia aperte. Sinceramente ci si aspettava di più da una messa in scena con un gruppo musicale così di alto rango, qualche piroetta nuova, qualche nuovo spiazzamento che non c’è stato. Tra un richiamo ancora alla milanesità, un accenno alla guerra (con “Il disertore” di Boris Vian), vizi e virtù dei cinquantenni alle prese con figlie e amanti, e i due fatidici vecchietti che aspettano il tempo, lo spettacolo corre via senza particolari emozioni, pur divertendo il pubblico, cosa per carità sempre molto nobile quando si riesce a fare. Ma qualche innovazione, qualche guizzo in più poteva non mancare, per vedere un teatro che vuol rimanere vivo. Anche la presenza femminile di Natascia Fonzetti, corista e attrice nel lungo pezzo teatrale dei cinquantenni in crisi, pur apprezzata, non salva la situazione. Peccato, speriamo sia per la prossima volta, siamo fiduciosi. Più che altro per riuscire a vedere almeno una novità, venga anche dalla scenografia, per dire.
Francesco Bettin