Concept Duda Paiva, Nancy Black
Performer Duda Paiva
Director Nancy Black
Lighting Mark Verhoef
Sound/music Wilco Alkema
Production partners: World Puppetry Festival – Charleville-Mézières, Fr; Black Hole Theatre, Aus; Nordland Visul Theatre, Nor; Korzo Dance Theatre, Nl; Laswerk/DudaPaiva Company, Nl
Genova, Teatro della Tosse 27 febbraio 2016
Duda Paiva, uno dei più apprezzati esponenti del teatro di figura contemporaneo, torna sul palcoscenico del Teatro della Tosse con Blind. Come suggerisce il titolo, la performance si concentra sulla percezione della perdita della vista, sperimentata temporaneamente da Duda Paiva durante l'infanzia.
L'artista si presenta in scena con una tuta grigia, sotto la quale affiorano grosse escrescenze tondeggianti. Gli occhi sono protetti da una maschera. Tre crinoline bianche fluttuano a mezz'aria, come enormi lampadari, sostenute da un sistema di corde e contrappesi. Ribaltando una di esse compare ai nostri occhi la prima creatura di gommapiuma: una donna calva, con occhi luccicanti, labbra carnose e seni imponenti.
È lei a liberare Duda dal primo demone che lo abita. Dopo una serie di contrazioni, accompagnate da lampi di luce e musica elettronica, dal petto di Duda fuoriesce una palla giallognola che, srotolandosi, acquisisce le fattezze di un bambino. Allo stesso modo, dalla protuberanza che gli pesa sulla schiena, nasce un altro pupazzo dalle sembianze femminili.
Duda danza e lotta con i suoi alter ego: la sua capacità tecnica nella manipolazione dei pupazzi (che costruisce lui stesso) è impeccabile. L'azione è precisa, delicata, efficace, acrobatica, poetica. Duda è in grado di trasferire la qualità del suo movimento al pupazzo, che vibra in ogni sua parte, come un'estensione naturale del suo corpo. Durante la performance sparisce dietro al corpo gommoso per dare fuoco esclusivo al personaggio; volteggia in un passo a due armonioso; si scatena in un conflitto all'ultimo sangue. Il burattinaio e l'attore si fondono in un'unica entità danzante.
Blind esalta lo stile e le doti performative dell'artista brasiliano ma, a differenza di Bastard! (spettacolo che ha portato a Genova un paio di anni fa), rinuncia a seguire una seppur immaginifica drammaturgia, in favore di azioni sceniche cariche di inquietudine. Le ultime piccole sporgenze escono dalla tuta: un braccio, una gamba, un busto, una testa. Duda ricompone il corpo del pupazzo in un gesto metateatrale che conferma, in questo caso, la centralità del gesto performativo e taumaturgico sulla narrazione drammatica.
Alla fine dello spettacolo, come è sua consuetudine, Duda invita il pubblico a salire sul palco per toccare i pupazzi, fare domande, scattare foto: guardando e sfiorando quei grossi esseri inanimati, accasciati al suolo, ci rendiamo conto della magia a cui abbiamo assistito solo qualche minuto prima.
Marianna Norese