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ALTBAU - regia Marina Rodriguez Llorente e Christopher Taylor

"Altbau", regia Marina Rodriguez Llorente e Christopher Taylor. Foto Roger Rossell "Altbau", regia Marina Rodriguez Llorente e Christopher Taylor. Foto Roger Rossell

di Marietta Kirkbride, Piet Starret, Christopher Taylor (Theater am Tisch)
Regia: Marina Rodriguez Llorente e Christopher Taylor
Con: Martin Bäcker, Julia Dietze, Clara Gracia, Florian Kleine, Carlo Loiudice, Amor Schumacher
Prodotto da: Serena Schimd, Eva Gutierrez Alonso, Elsa Varenne
Berlino, location segreta, dal 25 aprile 2013

www.Sipario.it, 10 dicembre 2015

6 dicembre 2015
Con lo spettacolo Altbau (termine tedesco che indica un edificio d'epoca) il gruppo teatrale Theater am Tisch abbatte definitivamente la quarta parete tra attori e pubblico, eleggendo lo spazio privato di un appartamento a scena delle proprie performance. La location è segreta, almeno così sta scritto sul sito del collettivo, nella sezione dedicata alla programmazione. Solo all'ultimo momento l'indirizzo viene svelato tramite mail ai futuri spettatori. "Questo ha lo scopo di tutelare la privacy dello spazio", spiega la regista Marina Rodriguez Llorente, presente alla messa in scena di domenica 6 dicembre 2015, "ma l'aura di mistero è anche uno dei punti di forza della performance teatrale stessa".

All'indirizzo indicato nella mail troviamo la scritta Altbau sul citofono. Suoniamo ed entriamo nell'edificio, un vecchio palazzo residenziale nel quartiere berlinese di Schöneberg. Entrando nell'appartamento abbiamo l'impressione che qualcosa sia già in corso indipendentemente dal nostro arrivo: un gruppo di persone chiacchiera amichevolmente in salotto, altre sorseggiano un bicchiere di vino, altre ancora si guardano intorno commentando le decorazioni natalizie e l'arredamento. Ci sembra di essere capitati nel quotidiano di qualcun altro. Come ci racconta poi la regista, sono i privati stessi a contattare Theater am Tisch per offrire la propria abitazione come location. "Per quanto possibile cerchiamo di utilizzare l'appartamento com'è nella realtà. Lo spazio deve essere autentico. Questo rappresenta la sfida maggiore per gli attori, che devono abituarsi a uno spazio sempre nuovo per entrare nel privato di altri e farlo proprio", dice la Rodriguez.

Il pubblico viene diviso in tre gruppi. Tre gruppi per tre scene che si svolgono rispettivamente in tre diverse stanze: bagno, camera da letto e cucina. Ognuno degli spazi ospita una scena di vita di coppia che offre agli spettatori uno spaccato dell'amore multiculturale e multilingue a Berlino. Scene di intimità, amore e vicinanza, ma anche di incomprensione, "lost in translation" e conflitto. In bagno una giovane donna distrutta per l'infedeltà del marito lo costringe a una doccia bollente. In cucina si assiste a una tresca amorosa, mentre sui fornelli cuoce una vera zuppa di lenticchie che diffonde un invitante profumino per tutta la casa. In camera da letto una coppia in biancheria intima alterna momenti di tenerezza ad accese discussioni. Gli spettatori si collocano al margine della scena, in piedi sulla soglia del bagno, seduti a terra accanto alla vasca, attorno al letto o vicino alla finestra della cucina.

Il concept di Altbau è nato prima della tematica. "Accordare al pubblico il privilegio e l'illusione di spiare nelle stanze e di conseguenza nella vita di qualcun altro è stata l'idea originaria", racconta la regista. In effetti lo spettatore ha la sensazione di guardare attraverso uno spioncino e di assistere per caso a scene di vita di coppia che paiono svolgersi a prescindere dal suo occhio indiscreto. L'illusione di realismo risulta estremamente efficace. Alla fine di ognuna delle tre scene, della durata di circa quindici minuti ciascuna, l'occhio magico viene oscurato. Al pubblico non è dato sapere cosa accadrà poi, così come ignora ciò che era prima. Al termine dello spettacolo ci si può trattenere oltre a chiacchierare con gli attori, gli ospiti o gli altri spettatori. Quando lasciamo l'appartamento ci portiamo dietro la sensazione che qualcosa continui a seguire naturalmente il proprio corso e che si tratti di teatro intriso di vita reale.

Il collettivo teatrale Theater am Tisch, fondato a Berlino nel 2012 dall'italiana Serena Schimd e composto da un team internazionale, non è nuovo alla reinterpretazione dello spazio performativo. La volontà di rompere la convenzione della cornice teatrale e di avvicinare il più possibile attori e spettatori contraddistingue la filosofia del gruppo. Theater am Tisch si intende come "teatro popolare" nel vero senso del termine, un'istituzione tutt'altro che elitaria o esclusiva, un teatro che attraverso le sue performance multilingue riesce a raggiungere il vasto e vario pubblico della capitale tedesca. Il collettivo deve la sua fama alle performance settimanali nei bar e nei caffè di Berlino in cui gli spettatori possono ordinare à la carte un monologo o un dialogo nella lingua desiderata tra tedesco, inglese, italiano e spagnolo. Sono poi gli attori stessi a portare l'"ordinazione" al tavolo degli spettatori: da qui derivano il nome e lo slogan del gruppo che in traduzione significano proprio "teatro a tavola, il teatro che ti sta seduto accanto". La messa in scena avviene così letteralmente in mezzo al pubblico, abbatte le gerarchie e favorisce un confronto spontaneo tra i presenti.

Gloria Reményi

Ultima modifica il Giovedì, 10 Dicembre 2015 10:33

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