Voci per la scena
Madri assassine tra cronaca e mito
Con Mascia Musy e Maria Letizia Gorga
Regia di Giuseppe Argirò
Teatro Lo Spazio, Roma, 16-21 dicembre 2014
Storie di madri assassine tra classicismo e attualità
Un luogo trascurato, pregno della tristezza di una baraccopoli circense, l'insegna "Teatro Spazio" illuminata a led già ci introducono a quello che sarà il reading che andremo ad ascoltare: una storia di donne emarginate, abbandonate, tradite, che fuggono da una realtà troppo dolorosa o difficile lasciandosi trascinare dalla follia. Diventa pazza Medea, quando Giasone la lascia per la figlia di Creonte, così come Agave, baccante più fedele di Dioniso ingannata dal suo stesso Dio. Cos'è che hanno in comune queste due immortali figure tragiche? Entrambe vengono portate dalla pazzia ad uccidere i propri figli: tematica, quella dell'infanticidio, di tradizione antica quanto – purtroppo – attuale. L'altra madre di Giuseppe Argirò è un confronto tra le madri di allora e quelle di oggi, sole, troppo spesso non aiutate, in una società maschilista che le vede obbligatoriamente tra fornelli e biberon, madri che a volte non hanno scelto questo ruolo e che non si sentono in grado di sostenerlo. "Le passerà" continua a ripetere Mascia Musy a Maria Letizia Gorga, che disperata continua a ripetere che non ce la può fare a portare in grembo un bambino, che non è un ruolo adatto a lei. Le due attrici sono entrambe molto classiche nella recitazione e a tratti retoriche: la Musy appare come una figura fragile, indifesa, dalla voce fanciullesca, spezzata dalle emozioni; mentre Maria Letizia Gorga rappresenta più il lato aggressivo dei personaggi femminili interpretati. Una signora straniera senza lavoro che non riesce più a sopportare i pianti dei figli, una donna che accompagna i suoi pargoli in mezzo al mare cosciente di abbandonarli al flusso della corrente, un'altra che affoga la sua piccola nella vasca: queste sono le Agave e Medea contemporanee. Dietro le spalle delle due interpreti, vediamo proiettati alcuni video, che rimandano alle vicende narrate (il mare, alcuni alti edifici...) o semplicemente fanno da sfondo scenico. A volte è difficile capirne il significato e appaiono come delle soluzioni registiche superficiali e poco curate, mentre la musica crea la giusta atmosfera di tensione. La registrazione finale, voce di un ipotetico figlio che afferma di voler bene ai genitori, conclude lo spettacolo. Timidi gli applausi, ma non possiamo chiedere di più a un così ridotto pubblico di persone.
Sara Bonci