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ASPETTANDO GODOT - regia Marco Sciaccaluga

Aspettando Godot Aspettando Godot regia Marco Sciaccaluga

di Samuel Beckett
regia Marco Sciaccaluga
scena Jean-Marc Stehlé e Catherine Rankl
costumi Catherine Rankl
con Ugo Pagliai, Eros Pagni, Gianluca Gobbi, Roberto Serpi, Alice Arcuri
Teatro Stabile di Genova
Teatro Argentina, Roma dal 18 al 30 gennaio 2011

www.Sipario.it, 18 novembre 2011
Colpisce in apertura di sipario l'originale impianto scenico ideato da Jean-Marc Stehlè e Catherine Rankl: un grande arco inquadra un nodoso albero al centro di una piccola altura, mentre i rami si sviluppano asimmetricamente sullo sfondo di un cielo grigio-plumbeo, che appare esso stesso parte fondante della messinscena del regista Marco Sciaccaluga.
L'ultimo allestimento del celebre lavoro di Beckett lo vedemmo a Bologna nel 2009 ad opera del Teatro Dehon, per la regia di Piero Ferrarini: una pièce non priva di originalità, con il rituale albero accostato ad un muro e i protagonisti vestiti da carcerati – in contrasto netto con le indicazioni dell'autore – che pone gli attori in una strada di campagna aperta sull'orizzonte... Esattamente la soluzione adottata dagli scenografi Stehlè-Rankl nella messinscena dell'Argentina, dove l'albero diviene elemento dominante, come dicevamo, in quanto è al centro della scena, s'impone per le notevoli dimensioni ed è tutt'uno con il cielo carico di nubi tempestose – quasi ad indicare un possibile Golgota!

I due barboni, Vladimiro ed Estragone – rispettivamente Eros Pagni e Ugo Pagliai – sembrano conservare nell'abito un minimo di dignità borghese (logore palandrane e cappelli duri). Il primo, Vladimiro/Pagni, più robusto nella figura e più fermo nei propositi, assume di regola un atteggiamento protettivo nei riguardi del compagno; il secondo Estragone/Pagliai è più bizzoso e insofferente della loro misera condizione: e invita spesso l'altro ad abbandonare quel luogo inospitale. Ma la risposta è sempre la stessa: "Non possiamo, aspettiamo Godot"!

L'enigmatica frase che caratterizza l'opera di Beckett è quella che invita a specifiche interpretazioni: l'albero, che nell'allestimento dello Stabile di Genova è particolarmente rigoglioso, è stato spesso inteso come simbolo della croce; e il "messo", che puntualmente rimanda all'indomani l'incontro con Godot, è ritenuto in questa ottica, un annunciatore divino: anche l'assonanza del nome Godot con God (Dio) induce a sostenere questa tesi... in quanto all'autore Beckett è noto che – richiesto di spiegare il misterioso significato della frase – rispose di non saperlo neppure lui, altrimenti l'avrebbe detto nella pièce... Al tempo stesso, il rimando continuo dell'incontro con Godot potrebbe suggerire che è vano aspettare la soluzione di uno stato di disperazione dall'esterno, ma che solo da uno scatto di vitalità spirtuale intrinseca all'uomo può derivare un ribaltamento radicale della vita.

In scena irrompe poi una seconda coppia, quella di Pozzo (Gianluca Gobbi) e Lucky (Roberto Serpi): il primo, in veste di padrone, frusta il secondo e lo tiene al guinzaglio con una lunga corda... in un successivo passaggio – che il regista Sciaccaluga ha stranamente abolito – le posizioni s'invertono, e il servo diviene padrone! Ancora una metafora sulla condizione umana: nel corso della vita l'uomo a volte signoreggia una data situazione, a volte la subisce.

Bravi senz'alro il Gobbi e il Serpi – provenienti entrambi dalla scuola dello Stabile di Genova. Applauditissimi Eros Pagni e Ugo Pagliai certamente in una delle loro mogliori prestazioni!

Tutta da lodare la imponente scenografia del duo Stehlé-Rankl, alla quale deve necessariamente essere legata l'idea registica di Marco Sciaccaluga.

Fernando Bevilacqua

 

Ultima modifica il Martedì, 23 Luglio 2013 09:32

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