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ASPETTANDO GODOT - regia Maurizio Panici

“Aspettando Godot”, regia Maurizio Panici “Aspettando Godot”, regia Maurizio Panici

di Samuel Beckett
con Denis Dalla Palma, Tobia Rizzato, Fabrizio Bernar, Riccardo Cavallin, Francesca Scomparin
regia e spazio scenico Maurizio Panici
luci Alain Furlan
produzione Argot Produzioni e Teatris
Marostica (Vicenza) Ridotto Politeama, 25 e 26 gennaio 2020

www.Sipario.it, 28 gennaio 2020

E’ il più classico e simbolico segnale di attesa, aspettando che qualcosa di concreto succeda, il testo di Samuel Beckett “Aspettando Godot”, messo in scena dall’Associazione Teatris con la regia di Maurizio Panici in terra vicentina. L’attesa c’è, ma non è sola. Frantumazione dell’uomo, cartocci di esistenza tra il serio e il faceto, rapporto schiavo padrone e molto altro vengono fuori dal testo ma mano che i minuti passano. E’ un’attesa a volte sofferta, a tratti compiaciuta, che Valdimiro ed Estragone marcano a uomo, per dirla in gergo sportivo. Ma nello scorrere del tempo si palesano altre difficoltà, e si cerca di sopravvivere in un non luogo che è comunque sinonimo di altra difficoltà. Un paesaggio arido e inconcludente che rasenta probabilmente il nulla, un deserto di opinioni e situazioni che prendono forma e che hanno un senso diverso, o forse nessuno, o anche tutti, chissà. E dipende anche da che lato le si guarda. Il testo non è semplice, questo lo si sa, ma il pubblico in questo caso specifico rimane ammaliato, ed è proprio il caso di dirlo, dall’immediatezza dei personaggi, dalle sfumature del vuoto che li circonda, da una confusione che aleggia e fa porre riflessioni. Intanto, Godot non arriva e sembra chiaro, scontato che non si presenterà mai, perso anche lui in un’altra confusione e in un’altra dimensione che mai si vede. La messa in scena di Panici colpisce per un ritmo forse non del tutto usuale, carico e denso di adrenalina, dove i protagonisti, tutti, si scatenano in perfette sciorinate, arrivando a far ridere di noi, di come possiamo essere, del nostro stato generale e spesso mentecatto. Ma un dubbio sorge. Sarà tutto vero? E’ teatro dell’assurdo, giusto, ma come afferma lo stesso regista c’è veramente dell’assurdo in quest’opera? Interrogativi che vanno e vengono, al quale quando sembra che ci sia risposta un secondo dopo già la si è persa, e tutto ricomincia. Per ribellarsi a uno status quotidiano e infinito di desolazione, Vladimiro ed Estragone  si inventano cose, pensieri (l’impiccamento che si auto propongono spesso), situazioni e reazioni al quale, altrimenti, non si può scappare, il destino sembra segnato. Cosa succede dunque? Che a movimentare il nulla arrivano anche Pozzo e Lucky, farseschi e inquietanti, stralunati e forse anche pazzi veri, e un ragazzo, che dice di vedere Godot e porta agli altri la nuova che non arriverà, ma domani certamente si’. La bravura di tutti gli interpreti, diretti davvero con brio, diventando beckettiani totali dalla prima all’ultima scena, è appagante e conferma la crescita di questo gruppo di attori, che ritmi serrati, diversi lavori teatrali e molta formazione  danno loro ormai certezza, senso di esser pronti per il prossimo volo spiccato. Vanno menzionati tutti proprio per la collaborazione che ognuno presta all’altro, che non è mai scontata. E’ così che il gruppo Dalla Palma Rizzato Bernar Cavallin e Scomparin raggiunge l’apice di una sottile e cercata nel tempo “ragione della recitazione”. E’ così, signori, che “Aspettando Godot” va fatto, ricordando al pubblico quanto sia specchio della vita vissuta, che sia stralunata, forzata e ridicola, con la voglia ma soprattutto la necessità di reazione all’abbandono a dir poco disturbato dal non essere. Cercando una via d’uscita sempre. Sia emotivamente che tecnicamente è una prova che conferma come lavorando incessantemente e bene si possa proporre un esempio reale di teatro vivo.

Francesco Bettin

Ultima modifica il Giovedì, 30 Gennaio 2020 23:14

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