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ARSENICO E VECCHI MERLETTI - regia Geppy Gleijeses

Giulia Lazzarini  e Anna Maria Guarnieri con la compagnia  in “Arsenico e vecchi merletti”, regia Geppy Gleijeses Giulia Lazzarini e Anna Maria Guarnieri con la compagnia in “Arsenico e vecchi merletti”, regia Geppy Gleijeses

di Joseph Kesselring
traduzione di Masolino D’Amico
con Anna Maria Guarnieri, Giulia Lazzarini
e con Maria Alberta Navello, Mimmo Mignemi, Paolo Romano, Luigi Tabita Tarcisio Branca,
Bruno Crucitti, Francesco Guzzo, Daniele Biagini, Lorenzo Venturini

scene Franco Velchi
costumi Chiara Donato
luci Luigi Ascione
musiche Matteo D’Amico
regia Geppy Gleijeses
Produzione Gitiesse Artisti Riuniti   
Roma Teatro Quirino – Vittorio Gassman dal 7 al 19 gennaio 20120

www.Sipario.it, 13 gennaio 2020

Colpisce di Arsenico e vecchi merletti, fortunata commedia di Kesselring, la perfezione delle dinamiche, i serrati tempi comici grazie ai quali si garantisce la risata, l’ingenuità della quale – ciascuno a proprio modo – i personaggi sono singolarmente provvisti. In una storia dove pazzia e normalità convivono sino a confondersi l’una nell’altra, tutto ciò che si tenta di ricondurre a razionale consuetudine appare buffo, bislacco, irreale. Per questo si ride a più non posso nel vedere la placida normalità con cui le due vispe vecchine – Marta e Abby Brewster – avvelenano persone sole al mondo credendo di far loro del bene. E altrettanto buffissima è la condizione del loro nipote assassino seriale, Jonathan, che intrattiene con le zie una gara nel collezionare uccisioni.
In questa storia surreale, Anna Maria Guarnieri e Giulia Lazzarini – signore di eleganza del teatro italiano – si sentono a loro agio. La Marta impersonata dalla Guarnieri possiede quel giusto tono di vezzosa innocenza che la rassomiglia a una bimba capricciosa, un po’ viziata, che non intende rinunziare a un suo intento per nulla al mondo. E che dire della Abby di Giulia Lazzarini, dall’aspetto dolce, remissivo, e dal portamento intessuto di gesti minuti e pieni di grazia e dallo sguardo tenero? Un’apparenza di virtù, da parte di entrambe, che non solo non crolla di fronte ai cadaveri da loro uccisi con un rosolio letale, ma che diviene persino più forte quando il nipote Mortimer tenta di ricondurre le vegliarde alla ragione, spiegando loro che sono due assassine.
Molto indovinate e ottimamente gestite le interpretazioni di Luigi Tabita e Paolo Romano. Il Jonathan impersonato da Tabita ha la parvenza di un redivivo Frankenstein, parla con voce roca, è fisicamente imponente, ma è anche zoppo e curvo. È una contraddizione vivente, quasi un cattivo mancato, perché privo di quella agilità e di quella furbizia tipiche degli antagonisti. Questa crudeltà inespressa viene ben resa da Tabita con una risata convulsa, volutamente squillante perché vorrebbe atterrire tutti. Ma in verità nessuno prova spavento di fronte a lui. Però Jonathan non se ne rende conto e neppure gli importa. E così eccolo persistere nell’intento di voler essere terribile, minaccioso e temibile. Il Mortimer di Romano è, a tratti, caricaturale al punto da apparire sopra le righe in un contesto dove l’anomalia è la normalità. Egli è vittima di tutti: del fratello Jonathan, delle due zie, della donna che ama e che sposerà. Anche di se stesso? In certa misura sì, perché non ha compreso che l’ausilio della sola logica mai può ostacolare e bandire la pazzia dal genere umano. Per farlo occorre una creatività della quale è, anche lui inconsapevolmente, sprovvisto.
Un Arsenico e vecchi merletti, questo in scena al Quirino per la regia di Gleijeses, ben realizzato; soprattutto perché del genere comico ha posto in luce il tratto essenziale da proporre a un pubblico che vuol divertirsi: la frivola, ma mai banale, leggerezza. 

Pierluigi Pietricola

Ultima modifica il Lunedì, 13 Gennaio 2020 17:09

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