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AMADEUS - regia Andrei Konchalovsky

Geppy Gleijeses e Lorenzo Gleijeses in "Amadeus", regia Andrei Konchalovsky Geppy Gleijeses e Lorenzo Gleijeses in "Amadeus", regia Andrei Konchalovsky

in coproduzione con Teatro Nazionale della Toscana
con il contributo della Regione Lazio
presentano Amadeus
Geppy Gleijeses Lorenzo Gleijeses
di Peter Shaffer
traduzione di Masolino D'Amico
regia Andrei Konchalovsky
con Giulio Farnese, Gianluca Ferrato, Roberta Lucca Giuseppe Bisogno
Anita Pititto, Elisabetta Mirra, Agostino Pannone, Brunella De Feudis, Dario Vandelli
scenografo realizzatore Roberto Crea
costumi Luigi Perego
movimenti coreografici Ramune Chodorkaite
artigiano della luce Luigi Ascione
elaborazione musiche Matteo D'Amico
personaggi e interpreti
Antonio Salieri Geppy Gleijeses
Wolfang Amadeus Mozart Lorenzo Gleijeses
Costanze Weber Roberta Lucca
Imperatore Giuseppe II Giulio Farnese
Conte Johann Von Strack Giuseppe Bisogno
Conte Franz Orsini-Rosenberg Gianluca Ferrato
Barone Gottfried van Swieten Anita Pititto
Valletto e cuoco Salieri Brunella De Feudis
Kappelmeister Giuseppe Bonno Brunella De Feudis
Katerina Cavalieri Elisabetta Mirra
Venticelli Elisabetta Mirra Agostino Pannone Dario Vandelli
Roma, Teatro Quirino – Vittorio Gassman dal 19 novembre al 1 dicembre 2019

www.Sipario.it, 21 novembre 2019

Come definire Amadeus di Peter Shaffer? Indubbiamente un monologo che, man mano, diviene teatro. Una storia vissuta nella mente del protagonista, il mediocrissimo Salieri, raccontata ad un'immaginaria platea popolata di fantasmi che dovranno nascere in futuro. Memoria che diviene spettacolo, che si fa spettacolo? Certamente, ma non solo. Anche racconto che si drammatizza. Parole che assumono corporeità fino a divenire veri personaggi da commedia o tragedia.
La scena è tenuta da due poli che si oppongono e attraggono: la genialità e l'ordinario; ovvero: Mozart e Salieri. Giovane, sfrontato, consapevole del proprio talento il primo; ordinario, mediocre, invidioso, falso, scolastico il secondo. Quando i due rivali si incontrano a Vienna, alla corte dell'imperatore, ecco la meschineria umana esplodere in tutta la sua laidità. Salieri proverà l'impossibile per distruggere Mozart, così liberandosene. Quest'ultimo, invece, nulla tenterà per rendersi meno antipatico e presuntuoso agli occhi dei potenti che lo circondano: gente falsa, burattini che non mostrano un briciolo di sincerità neppure di fronte alle situazioni di estrema sofferenza.
Ma Amadeus non bada alle piccinerie che lo braccano, impegnato com'è a trasporre su carta la musica che gli suona in testa, sovvertendo schemi e metodi. Questa la sola regola che egli osserverà in arte: rendere l'ordinario leggendario. (Per Salieri, invece, varrà il principio opposto: rendere il leggendario ordinario.) Via, allora, gli stinti personaggi ripresi dalla mitologia e ingessati in un classicismo di pura maniera. Avanzino le persone, gli uomini di tutti i giorni, e che siano i loro sentimenti, le loro azioni a popolare i palcoscenici.
Neppure la morte porrà fine alla lotta fra Mozart e Salieri. Quest'ultimo, comprendendo che mai potrà sopravvivere all'oblio, pur di far circolare il suo nome fra i posteri si rende disposto a passare per l'assassino dell'autore del Don Giovanni, così legando per sempre il suo nome a quello del nemico aspramente combattuto per un lungo decennio.
Konchalovsky ordisce attorno a questa stimolante e bella pièce una regia fatta di equilibrio, precisione, leggerezza. Non un sentimento che ecceda nel patetico; non un'espressione o un'intenzione che possano apparire artefatte. Tutto si tiene su un senso della misura che dalla recitazione investe i cambi di scena – dinamici al punto da non percepirli – fino ad arrivare alla scenografia – un semplice fondale con scarso mobilio che vagamente richiamano l'epoca della storia rappresentata.
Geppy (Salieri) e Lorenzo Gleijeses (Mozart) hanno convinto per il modo con cui hanno impersonato i rispettivi personaggi: mellifluo, viscido e meschino, ma con tinte di giusta ironia, il primo; folle, ingenuo, autentico, anche debole, a suo modo, il secondo. A stemperare quest'atmosfera di tensione un senso di umanità che non scioglie, però, le ambiguità dei due protagonisti. Questo il tocco finale impresso alla pièce da Shaffer e ben colto da Konchalovsky.

Pierluigi Pietricola

Ultima modifica il Venerdì, 22 Novembre 2019 03:14

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