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AMLETO TAKE AWAY - uno spettacolo di e con Gianfranco Berardi e Gabriella Casolari

"Amleto Take Away", uno spettacolo di e con Gianfranco Berardi e Gabriella Casolari "Amleto Take Away", uno spettacolo di e con Gianfranco Berardi e Gabriella Casolari

uno spettacolo di e con Gianfranco Berardi e Gabriella Casolari
musiche di Davide Berardi e Bruno Galeone
luci di Luca Diani
produzione Compagnia Berardi Casolari/Teatro dell'Elfo
con il sostegno di Gitiesse Artisti Riuniti, Emilia Romagna Teatro Fondazione,
Festival Armunia di Castiglioncello, Comune di Rimini Teatro Novelli

al teatro Filodrammatici, Piacenza, 11 ottobre 2019, Festival L'altra scena

www.Sipario.it, 12 ottobre 2019

Amleto Take Away è uno spettacolo/mondo, è una sintesi di pensiero e sentimento che Gianfranco Berardi e Gabriella Casolari conducono con poetica spudoratezza. Gabriella Casolari dà l'ok alla tecnica per iniziare... uno scarto fra realtà e finzione che mette in allerta. Il teatro qui parla di sé sesso, l'attore si immola alla poesia e tutto per rincorrere un sogno che altro non è che una visione altra del mondo che viviamo. Tutto questo è nel corpo di Gianfranco Berardi crocifisso a un teatrino mobile, povero cristo dell'arte che non demorde e crede nella visione poetica che regala la scena. Amleto Take Away è virtuosismo d'attore, è confessione impudica, è una drammaturgia dalle parole taglienti – firmata da Casolari – che Berardi infiocchetta con un barocchismo mediterraneo che fa sorridere, commuove, spiazza e diverte.
Berardi nel suo Amleto mette tutto sé stesso: mette la scoperta di essere condannato alla cecità, mette la passione per il teatro, parte da una crisi creativa su cosa fare di questa passione e si concreta nell'omaggio ai suoi maestri con citazioni che intessono l'azione solistica ma non solipsistica dell'attore. La trama dell'Amleto c'è, c'è nella sua sgangherata voglia di vendetta, c'è nel rapporto col padre, c'è nel dialogo amoroso con una Ofelia che è parte di Amleto, c'è nella follia che ti porta a vedere laddove gli altri non arrivano. Non è un caso che in più punti l'attenzione alla visione – da parte dell'attore cieco – si concreti nell'invito a esperire la realtà con il tatto, l'udito, l'olfatto: tutto il monologo è un invito a chiudere gli occhi e concedersi la libertà del buio e di un modo altro di sentire lo spazio, chi ci sta affianco e in fondo il mondo stesso.
In Amleto Take Away l'essere o non essere si trasforma in essere o non facebook, l'apparire e il mostrare sono la follia di questo Amleto da asporto in cui si va dal particolare all'universale con candore e onestà intellettuale. Nel teatro che riflette su di sé ci sono Leo de Berardinis di Totò Principe di Danimarca, c'è César Brie con la sua drammaturgia oggettuale e di memoria; nell'autobiografia di Gianfranco Berardi c'è la determinazione a essere attore, a offrire una visione alternativa del teatro, a fare dell'arte della scena la propria arte, gestendo lo spazio e i movimenti al buio, regalando al pubblico una visione di sé che l'attore percepisce con la sua immaginazione creativa. Nell'Amleto che fa mondo c'è la sofferenza di essere costretti alla prigione nel nostro io narcisistico, c'è la voglia di rompere le catene dell'apparire e dell'esserci per concedersi la libertà dell'autenticità dell'essere veramente. Tutto questo è in Amleto Take Away, un concentrato di volontà di essere e di esistenza che ha guadagnato a Gianfranco Berardi e alla sua potenza espressiva il Premio Ubu 2018 quale migliore attore.

Nicola Arrigoni

Ultima modifica il Martedì, 15 Ottobre 2019 19:09

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