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TOSCA - regia Franco Zeffirelli

Tosca Tosca Regia Franco Zeffirelli

di Giacomo Puccini
direttore: Gianluigi Gelmetti
regia e scene: Franco Zeffirelli
costumi: Anna Biagiotti
con Martina Serafin, Marcelo Alvarez, Renato Bruson
orchestra e coro del Teatro dell'Opera
Roma, Teatro dell'Opera, dal 14 al 23 gennaio 2008

www.Sipario.it, 13 febbraio 2008
Il Messaggero, 19 gennaio 2008
Avvenire, 16 gennaio 2008
Corriere della Sera, 16 gennaio 2008

Richiamato della popolarità dell’opera, peraltro rappresentatissima, ma ancor più dall’evento celebrativo (Tosca nello stesso giorno e nello stesso teatro in cui nel 1900 ebbe il battesimo delle scene: omaggio prettamente romano a Puccini nel 150° della nascita) nonché da vari motivi di attesa e di curiosità sugli artefici dello spettacolo, un pubblico straripante si è affollato al Teatro dell’Opera (Costanzi) scaricando l’eccitazione con applausi incandescenti al maestro Gelmetti sin dal suo apparire sul podio (peccato che le fastidiose intemperanze di una claque urlante, invadente, esagitata abbiano poi costellato lo spettacolo (20 gennaio) riuscendo persino a rovinare il duetto del terzo atto credendolo concluso sul si bemolle acuto di “diffonderem” senza attendere l’ascendente “trionfal” a cappella e la sommessa conclusione del duetto stesso. Per dei professionisti dell’applauso non c’è male. Complimenti).
Uno dei poli della curiosità era Franco Zeffirelli, la cui Tosca praticamente nuova nelle scene e nella regia ha confermato nel solco della tradizione i di lui ben noti talenti nel curare dettagli, animare movimenti di masse, creare controscene, anche debordanti, ovunque possibile.
La scenografia non presenta novità di rilievo, ma l’interno della chiesa appare come schiacciato, compromettendo la visiva grandiosità del Te Deum; al contrario, grazie all’efficace uso di ponti mobili si pone in evidenza la prigione di Cavaradossi, posta proprio sotto la piattaforma di Castel Sant’Angelo.
Passando ai cantanti, assai notevole interesse ha suscitato la coppia soprano-tenore, a cominciare dalla viennese Martina Serafin che, debuttante a Roma e nel ruolo di Tosca, è stata un’autentica rivelazione per voce, fraseggio, stile, intensità espressiva, presenza scenica. Soltanto un pizzico di carismatica autorevolezza in più nella gestualità e sarà davvero perfetta. Felicissimo anche il debutto all’Opera di Roma di Marcelo Alvarez, giustamente ritenuto in campo internazionale uno fra i maggiori tenori di oggi: bellissimo timbro, lucentezza di acuti, fascino di armonici, fraseggio elegante gli hanno valso l’applauso entusiastico del pubblico che ha preteso e ottenuto il bis di E lucevan le stelle. Da questo Cavaradossi di lusso vorremmo soltanto maggior controllo del gioco scenico e della generosa vocalità di cui è in possesso, ma forse pretendiamo troppo.
L’annosa esperienza ha reso accettabile e scenicamente convincente lo Scarpia di Renato Bruson, e di buon livello è parso anche il gruppo dei comprimari.
L’esperta direzione di Gianluigi Gelmetti, a tratti un po’ adagiata su tempi tranquilli, ha trovato un punto di forza nell’Orchestra del Teatro che, come il Coro, si è fatta onore. Apertura di stagione dunque, a parte alcuni rilievi, decisamente positiva.

Lucio Lironi

Nella "Tosca"
svetta la voce lirica della Papatanasiu

Le repliche degli spettacoli lirici spesso riservano brutte sorprese. I nuovi cast non sempre sono all'altezza. Ma la seconda compagnia della Tosca che ha inaugurato con grande successo la stagione del Teatro dell'Opera non ha certo sfigurato rispetto al quella del debutto. E ripensando all'opulenza sonora della "prima", sembra appositamente pensata per offrire una Tosca diversa, in una dimensione più intimista, modellata sulle caratteristiche vocali dei cantanti. Il soprano Myrtò Papatanasiu (acclamata nella Traviata l'anno scorso) ha voce lirica e si fa valere soprattutto in momenti sognanti e di dolcezza come E' luna piena e nel Vissi d'arte, cantato con intensità straziante e accolto da un lungo e caloroso applauso. Presenza scenica stupenda, nelle parti drammatiche non fa mai l'errore di forzare e anima l'interpretazione con una recitazione agitata e nervosa disegnando una Tosca insolita, una fanciulla più che una donna fatta, in cui l'alternanza di slanci e smarrimento crea un personaggio con un suo fascino particolare.
Una piacevole sorpresa il giovane tenore albanese Giuseppe Gipali, voce non "grande" nei centri ma che acquista ampiezza e smalto nel registro acuto: per lui applausi dopo Recondita armonia e E lucevan le stelle. Il baritono Giorgio Surian fa uno Scarpia tanto efficace quanto essenziale: con un canto di buona scuola e dizione chiara dà spessore al sinistro personaggio senza gigioneggiare. Al termine dello spettacolo con la sontuosa regia di Franco Zeffirelli, applausi entusiastici, soprattutto per il direttore Gianluigi Gelmetti e Myrtò Papatanasiu. Si replica stasera con una terza compagnia (Oksana Dyka,Yonghoon Lee e Mauro Buda). Serafin, Bruson e Alvarez replicano domani; Papatanasiu, Gipali e Surian il 23.

Alfredo Gasponi

Per Puccini una «Tosca» perfetta

L'anno pucciniano (il 150° della nascita del musicista) a Roma non poteva che aprirsi con la Tosca, che è qui una sorta di «cittadina onoraria » oltre che un'opera intensamente bella scandita in tre atti magistrali e quasi esemplari. Proporla era quasi un obbligo. E scontato era anche il successo, considerate le firme dell'allestimento: la regia di Zeffirelli che quest'opera la mette in scena da decenni, in Europa e oltreoceano, con un impegno e una passione crescenti e con soluzioni sempre pregevoli anche se fatalmente non innovative (l'edizione vista ieri sera, per la quale ha realizzato anche le scene, rielabora quella proposta qualche anno fa al Metropolitan di New York); e la direzione di Gianluigi Gelmetti che ormai è un beniamino del pubblico romano.
Per entrambi questa nuova proposta del capolavoro pucciniano è stato un incentivo alla rispettiva popolarità. Regista e direttore non solo hanno svolto con grande efficacia i propri compiti, ma hanno dimostrato un'intesa straordinaria nel realizzare i momenti tragici e quelli patetici della vicenda, vibrazioni e colori, concitazione e drammaticità: nel muovere insomma uno i personaggi e l'altro l'orchestra con innegabile bravura. E il successo è andato anche oltre le previsioni, soprattutto per merito dei cantanti. La classica triade Tosca-Cavaradossi-Scarpia si è mossa con raro equilibrio, proponendo tre interpreti come Martina Serafin, Marcelo Alvarez e Renato Bruson. I primi due hanno debuttato nel ruolo (e su questo palcoscenico) con una felicissima prestazione e il terzo ha fornito una nuova apprezzabile performance cogliendo il lato positivo degli anni che passano, cioè i presupposti dell'esperienza e le sottigliezze del suo personaggio. Il tenore sudamericano si è dimostrato forse il più bravo di tutti, stando almeno al trattamento che gli ha riservato il pubblico. Gli applausi prolungati a Recondita armonia, quasi all'inizio dell'opera, sono stati come il segnale di una serata che avrebbe dato grandi soddisfazioni a tutti. E l'ennesima conferma è giunta alla fine, quando si è addirittura preteso il bis di E lucean le stelle. In mezzo ai due celebri momenti, applausi a scena aperta ripetuti, e per tutti.

Virgilio Celletti

La Tosca di Zeffirelli, un kolossal

L' opera di Puccini ha aperto con grande successo la stagione a Roma

All' inizio del terzo atto la scena è tutta occupata dalla piattaforma di Castel Sant' Angelo. È ancora notte e si sente di lontano il canto di un pastore. Poi in un attimo la musica già dipinge il carceriere che si appresta a ricevere il condannato a morte che dovrebbe arrivare scortato da un picchetto di soldati. La licenza, probabilmente l' unica, che Franco Zeffirelli si prende dal libretto di Tosca, nell' edizione che inaugura la stagione dell' Opera di Roma, corrisponde al momento più spettacolare della serata. La piattaforma si alza e rivela che Cavaradossi è già lì nelle segrete del castello ad attendere il suo destino di morte. E finché non avrà inizio il rito della fucilazione, tutto l' atto giocherà su tal contrasto tra il sopra e il sotto, i luoghi del potere e dell' amore simbolicamente separati. Per il resto, è un' edizione, questa di Zeffirelli, che corrisponde esattamente a come la si poteva immaginare. Tutt' al più, se la didascalia della scena di Sant' Andrea della Valle prevede la Cappella Attavanti a destra e l' impalcato di Cavaradossi a sinistra, qui la disposizione è al contrario. Ma niente più di questo. La «geografia» del libretto c' è tutta. Il barocco della processione, con tutti gli ordini possibili del clero, i bimbetti che fan caciara, gli stendardi, i vessilli, i medaglioni. L' altare a fondo scena, cosicché la platea stessa sembri il naturale proseguimento delle navate. Lo studio di Scarpia a Palazzo Farnese coi candelabri, il crocifisso, la tavola imbandita, la finestra spalancata sul cortile. Del resto se Tosca è l' epitome stessa del melodramma, lo è perché la musica di Puccini esige tutto quell' armamentario in quanto gli dà forma (e se mai v' è titolo che non supporta trasposizioni o riletture, è proprio questa: motivo per cui è anche amata o odiata senza mezze misure). È musica che dà forma anche ai moti dell' anima e che perciò richiede una recitazione più accurata di quanto non si veda in questa occasione, (l' abbraccio di lui a lei nel primo atto è un pò da minimo sindacale) ma il pubblico è felice lo stesso e lo dimostra tributando ovazioni all' anziano regista. Chi sottrae qualcosa, non a Tosca ma all' immaginario sonoro che se ne ha, è invece Gianluigi Gelmetti. Ma lo fa per restituire una Tosca aliena da pesantezze veriste. I tempi decisamente lenti sono ben sostenuti e finalizzati a far sentire ogni dettaglio della preziosa orchestrazione, oltre che mantenere la vocalità nei limiti di uno stile appropriato. Solo, non si capisce perché conceda al tenore non tanto il bis (sempre meglio evitare), quanto di cantare la romanza del terzo atto proprio in quello stile verista giustamente bandito altrove (la voce che si rompe volutamente su: «E muoio disperato!»). Di livello il cast, in ogni caso. Marcelo Álvarez va tenuto a freno perché straripante, ma è ottimo tenore, un numero uno in questo genere di ruoli. Renato Bruson è uno Scarpia di sicuro mestiere, anche se non sempre sorretto dalla voce dei tempi d' oro e Martina Serafin una rivelazione: non ha né timbro, né fraseggi indimenticabili: né è particolarmente civettuola, né è particolarmente seducente ma è una Tosca efficace: aggraziata nelle parti liriche, sicura in quelle drammatiche. Insomma, piace. Bene il Coro e le Voci Bianche di Roma. Dopo tutto, il successo è ben meritato.

Enrico Girardi

Ultima modifica il Mercoledì, 17 Luglio 2013 02:13
La Redazione

Questo articolo è stato scritto da uno dei collaboratori di Sipario.it. Se hai suggerimenti o commenti scrivi a comunicazione@sipario.it.

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