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TRISTAN UND ISOLDE - regia Ralf Pleger e Alexander Polzin

"Tristan Und Isolde" - regia Ralf Pleger e Alexander Polzin. Foto Rocco Casaluci "Tristan Und Isolde" - regia Ralf Pleger e Alexander Polzin. Foto Rocco Casaluci

Azione in tre atti
Musica e libretto di Richard Wagner
Direttore Juraj Valčuha
Ideazione artistica e regia Ralf Pleger & Alexander Polzin
Scene Alexander Polzin
Costumi Wojciech Dziedzic
Luci John Torres
Coreografia Fernando Melo
Assistente regia Emilie Rault
Assistente coreografo Sonoko Kamimura
Maestro del Coro Alberto Malazzi
Nuova produzione del TCBO con Théâtre Royal de la Monnaie / De Munt
Personaggi e interpreti
Tristan Stefan Vinke
Re Marke Albert Dohmen
Isolde Ann Petersen
Kurwenal Martin Gantner
Brangäne Ekaterina Gubanova
Un pastore / Un giovane marinaio Paolo Antognetti
Bologna, Teatro Comunale 28 gennaio 2020

www.Sipario.it, 3 febbraio 2020

Con questa produzione del Tristan und Isolde (coprodotta con il teatro de La Monnaie di Bruxelles e con la regista di Ralf Pleger e la scenografia di Alexander Polzin) il Teatro Comunale di Bologna inaugura la stagione e un progetto quinquennale che porterà in scena nei prossimi anni i cinque titoli wagneriani che debuttarono in Italia a Bologna. Al Tristan (2020), seguirà nel 2021 il Lohengrin, nel 2022 il Parsifal, poi il Tannhäuser e infine Der fliegende Holländer. La lettura del regista e dello scenografo ha avuto controverse reazioni ma nel complesso è stata apprezzata. La vicenda viene presentata come un’allucinazione causata da una droga con la conseguente alterazione percettiva proposta da tutta la scenografia, come Pleger spiega nelle note di regia riportate nel programma di sala. Ma in fondo che cos’è l’elisir d’amore di Brangӓne se non una droga, e quindi non meraviglia che tutto ciò che si vede in scena rappresenti l’alterata percezione sensoriale della realtà dei due amanti. Le scene di Alexander Polzin e le luci di John Torres, che le supportano, sono il punto di forza teatrale della messinscena che colloca l’azione totalmente fuori dal tempo: nel primo atto dall’alto calano lentamente delle stalattiti a formare una grotta stilizzata, che arriva ad occupare l’intero palcoscenico; nel secondo atto riempie la scena una scultura centrale, che ricorda un bosco incantato, dalla quale emergono e nella quale si re-inglobano i danzatori di Leggere Strutture Art Factory e nella quale i due amanti si abbandonano, si arrampicano e si immergono; nel terzo atto l’intera scena è costituita da una grande parete traforata, che fa da sfondo ad un affascinante gioco di geometrie luminose. Non si assiste certo ad un’opera psichedelica, di cui peraltro non si sente la mancanza, né ad una serie di installazioni d’arte, ma ad una bella e affascinante scenografia nella quale i personaggi si muovono con una recitazione stilizzata. Questo allestimento, giustamente statico, dà rilievo alla musica wagneriana, affidata alla precisa direzione di Juraj Valčuha, che propone un’interpretazione narrativa, misurata e attenta, e che mai tradisce la partitura wagneriana con facili quanto inappropriati abbandoni lirici. L’egregia direzione riesce a non far rilevare troppo i pochi cedimenti dell’Orchestra del Teatro Comunale, e l’esemplare sintonia tra direttore e palcoscenico con gli interpreti minimizza l’emissione non sempre pulita del tenore Stefan Vinke e la debolezza nei passaggi di registro di Ann Petersen, nei panni della coppia protagonista. Ciò non toglie che il cast sia certamente valido: il tenore tedesco supera le temibili insidie della partitura di Tristano e il soprano danese, anche con un timbro un po’ troppo metallico, offre una prova convincente nei panni di Isolde, solida nel registro acuto, credibile, benché il suo Liebestod non passerà alla storia. Di alto livello i comprimari impegnati in questa rappresentazione, a cominciare dalla Brangӓne di Ekaterina Gubanova, autrice di un’ottima prova grazie ad una voce che dimostra invidiabile sicurezza, omogenea in tutti i registri, valorizzata da un dolcissimo timbro scuro e capace di esprimere la giusta tensione drammatica. Segue l’ottimo Albert Dohmen nei panni di Re Marke, perfetta voce ampia e scura, tonante e malinconica, cui è affidato il lunghissimo monologo del secondo atto. Bene anche Il Kurwenal di Martin Gantner, che culmina nell’ultimo atto con perfetta aderenza al personaggio creata dal gioco cromatico e dal fraseggio preciso. Infine Tommaso Caramia (Melot/un pilota) e a Klodjan Kaçani (un pastore/un giovane marinaio) danno il giusto risalto ai rispettivi ruoli e, come sempre ma mai scontato, il coro del Teatro Comunale di Bologna, preparato da Alberto Malazzi, è inappuntabile nei brevi interventi. Al termine della recita Il pubblico dimostra di apprezzare con calorosi applausi per l’intero cast e ovazioni per Valčuha, Gubanova e Petersen.

Giulia Clai

Ultima modifica il Domenica, 09 Febbraio 2020 11:53

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