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RIGOLETTO - regia Antonio Albanese

"Rigoletto", regia Antonio Albanese. Foto ENNEVI "Rigoletto", regia Antonio Albanese. Foto ENNEVI

Melodramma in tre atti su libretto di Francesco Maria Piave
dal dramma Le roi s’amuse di Victor Hugo
Musica di GIUSEPPE VERDI
Casa Ricordi – Universal Music Publishing Ricordi s.r.l.
Seconda rappresentazione 
REGIA Antonio Albanese
SCENE Juan Guillermo Nova
COSTUMI Valeria Donata Bettella
LUCI Paolo Mazzon
COREOGRAFIA Luc Bouy
DIRETTORE Marco Armiliato
IL DUCA DI MANTOVA Yusif Eyvazov
RIGOLETTO Ludovic Tézier
GILDA Giulia Mazzola
SPARAFUCILE Gianluca Buratto
MADDALENA Valeria Girardello
GIOVANNA Agostina Smimmero
IL CONTE DI MONTERONE Gianfranco Montresor
MARULLO Nicolò Ceriani
MATTEO BORSA Riccardo Rados
IL CONTE DI CEPRANO Roberto Accurso
LA CONTESSA DI CEPRANO Francesca Maionchi
UN USCIERE DI CORTE Giorgi Manoshvili
UN PAGGIO DELLA DUCHESSA Elisabetta Zizzo
Maestro del Coro Roberto Gabbiani
Coordinatore del Ballo Gaetano Petrosino
Orchestra, Coro, Ballo e Tecnici della Fondazione Arena di Verona
Verona, Arena di Verona 7 luglio 2023

www.Sipario.it, 9 luglio 2023

Il Rigoletto di Giuseppe Verdi si è presentato in Arena in questa stagione del Centenario nel nuovo allestimento di Antonio Albanese. Lo spettacolo, con scene di Juan Guillermo Nova, costumi di Valeria Bettella e luci di Paolo Mazzon, colloca la vicenda nella pianura padana degli anni ’50, tra i molti lavoratori e contadini al servizio del Duca, qui prepotente (ma seducente) signorotto di provincia, in atmosfere che omaggiano la grande stagione del cinema neorealista italiano, accolto alla prima rappresentazione con grande consenso di pubblico. «Ci siamo orientati verso gli anni Cinquanta: un periodo ancora drammatico, precedente il boom economico - prosegue Antonio Albanese - Le ferite della guerra sanguinavano ancora, in molte zone del paese, poverissime, si moriva di fame, di pellagra o di colera. E abbiamo optato per un paesaggio padano, malsano e stagnante, lo stesso che si ritrova in tanti film neorealisti, che hanno saputo documentare vividamente le atmosfere e le contraddizioni dell’immediato dopoguerra. Ecco perché in questo Rigoletto abbiamo avvertito l’esigenza di sviluppare un discorso coerente con quelle suggestioni cinematografiche». Ci si sarebbe aspettato un clima da Riso Amaro, film del 1949 di Giuseppe de Santis, il primo vero successo del cinema neorealista italiano, che rappresentava quel clima di sopraffazione che era insito in quelle campagne di pianura tra lavoro e sfruttamento di manodopera femminile a basso costo. Albanese coglie invece l'immagine di Anna Magnani a icona del cinema del secondo dopoguerra in un frammento di "Bellissima" di Luchino Visconti, associato piuttosto alle false illusioni dell'industria del cinema di allora. O forse, volendo ricreare quell' "enorme zanzariera che è la valle del Po tra Parma e Mantova" (citazione di Bruno Barilli) Albanese ricolloca la corte di Mantova in una osteria di campagna ai confini di un non mondo (sintomatico l'indicazione di Ex Dogana di questa trattoria) che si trasforma in casa, con i suoi interni, e il capanno lungo quei canali irrigui che segnano le campagne di pianura, una scena che poteva essere facilmente utilizzata per altri situazioni liriche non entrando nello specifico del dramma verdiano, qui rappresentato. Un allestimento che giustamente cercava di ricreare quello spirito di neorealismo ma che non trovava poi un suo esito nell'azione in scena, dove il tutto pareva ricondotto in una recitazione da verismo di fine ottocento, da “opera dei bassifondi”, piuttosto che in un ambito verdiano dalla struttura drammaturgica complessa dove domina la vocalità musicalmente strutturata del protagonista e dei residui di belcanto di Gilda. Ma tutto nel complesso dell'allestimento emerge la mancanza di un senso drammaturgico e le azioni sono ricondotte alla corretta gestione dello stare in scena ma nulla di più.

In questa seconda rappresentazione, il Rigoletto aveva un suo punto di interesse nel baritono francese Ludovic Tézier, in Arena per la prima volta come protagonista assoluto, nel ruolo del buffone di corte. 

Decisamente fuori ruolo forse a causa di questa ambientazione che l'ha fatto assumere una vocalità verista dai toni accesi tendenti ad un declamato che cozza con la tragicità sinistra del canto di Rigoletto. Più pagliaccio che buffone di una corte in cui era parte organica, nel dire e nel fare. Rientra nel canto nella scena del atto III nella concertato di "Bella figlia dell'amore" e nella gran scena finale della morte di Gilda. 

Yusif Eyvazov, alla sua seconda apparizione dopo l'esordio nel ruolo, raccoglie applausi che si merita per aver saputo condurre al meglio, con le sue caratteristiche vocali, la complessa scrittura del Duca di Mantova, portando a buon esito i passaggi in cui la voce deve risultare squillare e pulita.

Buon risultato, al suo debutto in Arena nei panni di Gilda, il soprano Giulia Mazzola: in una situazione scenica che non le richiedeva grande impegno interpretativo, ha gestito la sua Gilda in maniera corretta e ordinata, con prudenza e sicurezza i vari passaggi di bel canto, "Caro nome" e con il giusto pathos "Tutte le feste al tempio". Professionali gli interventi di Sparafucile di Gianluca Buratto e della Maddalena di Valeria Girardello. Funzionali il resto del cast come gli inserti del coro che risultano generici anche se ben incisivi anche nella competente gestione di Roberto Gabbiani. Marco Armiliato gestisce il complesso musicale con l'attenzione ai tempi dei cantanti anche con fin troppa circospezione, in un ambiente complesso come la buca orchestrale dell'Arena.  Non erano pienissimi gli spalti areniani come la platea, ma il pubblico ha sostanzialmente tributato successo ad uno spettacolo sostanzialmente semplice da vedere e da ascoltare.

Federica Fanizza

Ultima modifica il Sabato, 15 Luglio 2023 11:19

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