Dramma in tre parti
Musica di Umberto Giordano
Libretto di Arturo Colautti
Tratto dal dramma omonimo di Victorien Sardou
Direttore Valerio Galli
Regia Rosetta Cucchi
Scene Tiziano Santi
Costumi Claudia Pernigotti
Luci Luciano Novelli
Fedora – Daniela Dessì
Loris – Rubens Pelizzari
De Siriex – Alfonso Antoniozzi
Olga – Daria Kovalenko
Orchestra e coro del Teatro Carlo Felice
Maestro del Coro Patrizia Priarone
Nuovo allestimento del teatro Carlo Felice
Genova, Teatro Carlo Felice, dal 21 al 29 marzo 2015
L'ultima volta c'era Mirella Freni, sul palcoscenico del teatro Carlo Felice di Genova. Era il 2000, e Amor vietava alla principessa Fedora Romazoff (di non amar, ma anche di non infervorarsi, odiare, vendicarsi, confondersi, pentirsi e infine togliersi d'attorno), nel tripudio della platea, dopo quasi mezzo secolo. Sono passati altri quindici anni, soffiati via come una bianca vela – direbbe l'unico fratello di successo di Fedora, Chénier – ed il capolavoro lirico di Giordano torna a brillare, fino al 29 marzo, sotto la Lanterna.
E ancora una volta la fonte luminosa più intensa viene proprio da lei, la donna dei colpi di scena, la protagonista che, in questo strampalato e catturante thriller musicale, s'innamora dell'antagonista.
Da lei iniziamo, seguendo la stessa logica che chiede per legge al pacco di biscotti di citare per primo l'ingrediente più ricco dell'impasto. Daniela Dessì è stata una grande, convincente, emozionante, nobile Fedora. Traslato di bellezza su vari fronti, dalla voce il cui timbro non lascia scampo all'uditorio alla gestione dello strumento che coniuga tecnica ed intelligenza, dal portamento (si diceva così, quando si voleva parlare di una bella donna?), alla consapevolezza attoriale che riempiva di senso ogni gesto, Daniela Dessì è una Fedora pressoché perfetta. Le insidie del ruolo sono quelle del periodo, degli eccessi, delle soluzioni geniali e delle ingenuità della scrittura verista: il compositore foggiano chiede molto, alla sua straripante eroina russa. Centri e note basse con frasi importanti e dinamiche aggressive, e poi subito dopo su, appesi al lampadario della stanza vocale... Alleggerire "sotto" per poi raggiungere gli acuti in perfetta forma, è impresa ardua quando non quasi impossibile. Dunque bravissima Daniela Dessì, nonostante qualche vibrato non pienamente sotto controllo, in cima alla sua estensione... Scriviamo: poi pensiamo al suo "Tutto tramonta... Tutto dilegua", al finale perfetto, ai "pianissimi" filati che ha ancora una volta messo in campo, e quasi vorremmo depennare quel piccolo rilievo sopra esposto, per restituire una non equivocabile istantanea di quella che è stata una ulteriore sua grandissima prova.
Prima di un rapido appello esteso a chi era accanto a Fedora, vale dire dell'allestimento. Rosetta Cucchi propone un palcoscenico a bandiera (dell'Austria, non dell'Italia), una tripartizione che propone in proscenio il personaggio muto di un Loris ormai vegliardo; il cuore centrale è il luogo degli accadimenti, che scorrono in un flashback lungo quanto l'opera. Infine, un fondale – oltre una vetrata grande quanto la stessa ribalta – dove si muovono immagini più allegoriche, ombre, silhouette, ora ad inquadrare la temperatura psicologica dei protagonisti, ora a suggerire i contesti storici della vicenda.
Vicenda che qui è stata posposta agli anni bellici della prima guerra mondiale... Un'impostazione che, a conti fatti, se non vola sta comunque in piedi, confezionando uno spettacolo di onesta funzionalità, con alcuni guizzi efficaci e qualche intervento esornativo (quei brevi stralci audio di guerra, ad inizio secondo e terz'atto, che avrebbero voluto dare coerenza alla scelta – opinabile – della datazione Quindici-Diciotto).
Ricapitolando: l'altra sera, emozioni e grandi soddisfazioni, anche per i melomani più esigenti, grazie a Daniela Dessì. Emozioni e soddisfazioni assai più rarefatte, per il resto. Rubens Pelizzari ha vestito i panni di Loris, mentre "De Siriex" era Alfonso Antoniozzi. Di un certo interesse, la prova vocale di Daria Kovalenko, la civettuola "Olga" (anche se, scenicamente, scodinzolava un po' troppo). Sul podio, Valerio Galli, coordinatore di una lettura inizialmente poco tonica, che via via è andata migliorando. Raramente superando però la quota della mera correttezza.
Giorgio De Martino