Cavalleria rusticana
tratta dalle scene omonime di Giovanni Verga
Opera in un atto
Libretto di Giovanni Targioni-Tozzetti e Guido Menasci
Musica di Pietro Mascagni
Personaggi e interpreti
Santuzza Alessandra Di Giorgio, Erika Beretti, Marianna Cappellani
,
Turiddu Angelo Villari, Piero Giuliacci, Zi-Zhao Guo, Carlo Ventre
Mamma Lucia Sonia Fortunato
Alfio Luca Grassi, Lucian Petrean, Solen Alla
Lola Sabrina Messina
Popolana Salvina Rapisarda
Pagliacci
Opera lirica in due atti
Libretto e musica di Ruggero Leoncavallo
Personaggi e interpreti
Nedda Daniela Schillaci, Maria Tomassi
Canio Piero Giuliacci, Rubens Pelizzari
Tonio Lucian Petrean, Luca Grassi, Solen Alla
Beppe Marco Puggioni, Enrico Zara
Silvio Enrico Marrucci, Francesco Verna
Primo contadino Massimiliano Bruno, Alessandro Vargetto
Secondo contadino Giovanni Monti, Marcello Pace
Orchestra e Coro del Teatro Massimo Bellini
Coro di Voci bianche interscolastico “V. Bellini”
Direttore Antonio Pirolli
Maestro del coro Luigi Petrozziello
Maestra del coro di Voci bianche Daniela Giambra
Regia, scene e coreografia Lino Privitera
Costumi Alfredo Corno
Assistente alla regia Hakik Xhani
Direttore degli Allestimenti scenici Arcangelo Mazza
Assistente ai costumi Giovanna Giorgianni
Graphic designer Benedetto Coco
Videomaker Florian Ganga
Light designer Andrea Iozzia
Teatro Bellini – Catania dal 03 al 12 marzo 2022
Cavalleria rusticana e Pagliacci: un dittico siciliano nella migliore delle tradizioni del teatro d’opera ha inaugurato la nuova stagione del Bellini a Catania. Ambientazioni aderenti allo spirito originario dei lavori, interpreti dalle voci possenti e nitide. Regia che avrebbe potuto acquisire più leggerezza e cedere meno al melodrammatico. Ma infine, uno spettacolo bello, con una direzione d’orchestra molto buona.
Lo scenario di Cavalleria è una Sicilia d’altri tempi. Ambienti pietrosi, di colore chiaro, tutti spigoli e scale, niente alberi. Sullo sfondo il mare, che all’avanzare della tragedia s’increspa fino a diventare tempestoso per poi inondare un mondo piccolo e gretto, bagnato dal sangue di compare Turiddu. In Cavalleria gl’interpreti si sono lasciati conquistare dal melodramma, evidenziandolo senza pudore. Soprattutto Santuzza (Alessandra Di Giorgio) e Turiddu (Angelo Villari): non hanno temperato la loro interpretazione con quel po’ d’ironia e leggerezza che anche un’opera siffatta richiede per accentuarne gli aspetti più cupi. Ma le loro voci erano nitide e ben modulate. Lievemente stridula negli acuti quella di Santuzza.
Pagliacci invece si è presentata in veste colorata. Ambienti allegri, popolosissimi. Pareva di trovarsi nel regno dell’arcobaleno. Controcanto ideale alla tragedia che l’opera racconta.
La Nedda di Daniela Schillaci è stata portentosa: bellezza candida ma mai del tutto innocente, voce chiara e rotonda negli acuti. Il Canio di Piero Giuliacci goffo e mai buffo, credibilissimo nei suoi accessi d’ira. Bellissima l’interpretazione di cui ha dato prova nel “Vesti la giubba”: molto misurata, con acuti rotondi e mai schiacciati: metafora di un dolore che inonda il mondo.
La regia di Lino Privitera si è attenuta molto alle atmosfere suggerite da Mascagni e Leoncavallo. Egli non ha ricercato a tutti i costi una attualizzazione, come da più parti avviene. Al contrario, ha puntato su una rievocazione, una rêverie di tradizioni, modi di dire, sguardi, camminate. Come se le opere rappresentassero il pretesto per far rivivere un mondo antico che si può, ormai, ritrovare tra le pagine di De Martino. Ma a differenza di questi, il sud di Privitera è più terragno, più fisico. Non v’è traccia di archetipi, magie ancestrali. Tutto si gioca qui ed ora, fra gli uomini, nei loro cuori puri e torbidi al contempo. Non v’è spazio per pietà, compassione. E men che meno per il perdono. Tutto è orgoglio, onore, vendetta, riscatto. Specchio fedele del regno dei cieli dovrebbe essere il mondo di quaggiù. Per questo tutto è così severo e inflessibile. Ma a quale prezzo?
A suggello di questo buon allestimento, la direzione di Antonio Pirolli: avvolgente e ariosa. Sotto la sua bacchetta, tutto è meno aspro e finisce per conquistare una dimensione meno soffocante, meno umida, meno intrisa di terra e olio raffermo. E finisce così per somigliare al mare e al cielo di Sicilia, soli elementi che rendono le tragedie della vita meno amare e più sopportabili.
Pierluigi Pietricola